Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34103 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 19/12/2019), n.34103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10816/2015 proposto da:

S.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Oslavia n.

28, presso lo studio dell’avvocato Marino Salvatore, rappresentato e

difeso dagli avvocati F.F. e G.G., giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento S.C., in persona del curatore

Dott.ssa T.D., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Nicotera n. 29, presso lo studio dell’avvocato De Luca Luciano,

rappresentata e difesa dagli avvocati Famularo Bruno e Nicotera

Gaetano, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Banco di Napoli S.p.a., già Sanpaolo Banco di Napoli S.p.a., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via C. Poma n. 2, presso lo studio

dell’avvocato Amodeo Roberto, rappresentata e difesa dall’avvocato

Bevilacqua Francesco, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1469/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 22/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/09/2019 dal cons. VELLA PAOLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato il reclamo L. Fall. ex art. 18, proposto dal sig. S.C. avverso la sentenza con cui il Tribunale di Lamezia Terme ne aveva dichiarato il fallimento, “per difetto stesso dell’indicazione dei fatti che dovrebbero negare la fondatezza (rectius, la stessa esistenza) della pretesa creditoria” fatta valere dal creditore istante Banco di Napoli a titolo di fideiussione, nonchè per la genericità della contestazione relativa ai debiti propri da saldo di conto corrente bancario, accertando altresì l’esistenza sia dei requisiti di fallibilità che della condizione di insolvenza.

2. Avverso detta sentenza lo S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui entrambi gli intimati hanno resistito con controricorso, per la curatela fallimentare corredato da memoria. Con nota del 20/09/2019 il ricorrente ha depositato documentazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo – rubricato testualmente “Violazione o falsa applicazione della L.Fall., art. 1, della L. n. 580 del 1993 ed al D.P.R. n. 581 del 1999 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in merito all’affermazione di imprenditore fallibile che ha esercita(to) attività commerciale” – si lamenta la mancata verifica, in concreto, dell’esercizio di attività commerciale, non ricavabile “dalla sola circostanza per cui un soggetto viene iscritto d’ufficio nella sezione speciale del registro”.

4. Con il secondo mezzo – rubricato testualmente “Violazione o falsa applicazione della L.Fall., artt. 1 e 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in merito al mancato riconoscimento della cessazione di fatto dell’attività utile al decorso del termine decadenziale di un anno di cui alla L.Fall., art. 10, comma 1, nell’ottica interpretativa degli art. 2740 c.c.” – si censura l’errata interpretazione della L.Fall., art. 10, nel non consentirsi al debitore – “laddove non abbia ingenerato alcun affidamento nei terzi – di provare la cessazione di fatto dell’attività”.

5. Con il terzo motivo – rubricato testualmente “Violazione o falsa applicazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, della L.Fall., art. 1, comma 2, L.Fall., artt. 5 e 6, in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., con particolare riguardo agli artt. 1418 e 1419 c.c.” – si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui viola il principio dell’onere probatorio a carico del creditore istante facendolo gravare sul debitore.

6. Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità degli ulteriori documenti depositati dal ricorrente senza il rispetto dall’art. 372 c.p.c..

7. Va altresì dichiarata l’inammissibilità del ricorso perchè notificato il 20/04/2015, oltre il termine perentorio di trenta giorni decorrenti dalla comunicazione telematica della sentenza impugnata, effettuata al difensore del reclamante in data 22/10/2014, come dedotto e provato dalla curatela controricorrente.

8. Al riguardo è sufficiente richiamare il consolidato orientamento di questa Corte per cui “la notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi della L.Fall., art. 18, comma 13, dal cancelliere mediante posta elettronica certificata (PEC), ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, convertito con modifiche dalla L. n. 221 del 2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione ai sensi della L.Fall., art. 18, comma 14, non ostandovi il nuovo testo dell’art. 133 c.p.c., comma 2, come novellato dal D.L. n. 90 del 2014, convertito con modifiche dalla L. n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c., perchè la norma del codice di rito trova applicazione solo nel caso di atto di impulso di controparte, ma non incide sulle norme derogatorie e speciali che ancorano la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria” (ex multis, Cass. 23443/2019, Cass. 27685/2018, Cass. 26872/2018, Cass. 23575/2017, Cass. 9974/2017, Cass. 2315/2017, Cass. 10525/2016).

9. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese in favore dei due controricorrenti, liquidate in dispositivo.

10. Si dispone in conformità alla richiesta della parte di omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge, in favore della Curatela del Fallimento S.C., nonchè in Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge, in favore di Banco di Napoli S.p.a. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi del sig. S.C., riportati in ordinanza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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