Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34102 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 19/12/2019), n.34102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7971/2015 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Viale della Stazione Predestina

n. 7, presso lo studio dell’avvocato Mauro Patrizia, rappresentata e

difesa dall’avvocato Aliperti Vincenzo, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela Fallimentare della (OMISSIS) S.r.l.;

– intimato –

contro

C.I.S. – Centro Ingrosso Sviluppo Campania Gianni Nappi S.p.a., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Piazzale delle Belle Arti n. 6, presso lo

studio dell’avvocato Panza Bellino Elio, rappresentata e difesa

dagli avvocati De Vitto Annarita e Peluso Massimo, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 207/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/09/2019 dal cons. VELLA PAOLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Napoli ha rigettato il reclamo L.Fall. ex art. 18, proposto da (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza con cui il Tribunale di Nola ne aveva dichiarato il fallimento, ritenendo ininfluente sulla competenza funzionale L.Fall. ex art. 9, la clausola arbitrale contenuta nel “contratto di sub-mutuo e modificazione di locazione finanziaria” (stipulato dalla reclamante con la C.I.S. – Centro Ingrosso Sviluppo Campania Gianni Nappi S.p.a. di cui era socia), stante la sufficienza di un accertamento incidentale finalizzato al riscontro della “legittimazione dell’istante (cfr. Cass. s.un. 1521/12 ed anche Cass. 3472/11 e Cass. 14309/11)” e disattendendo le eccezioni di nullità del contratto (con riguardo all’inefficacia nei confronti di CIS della cessione del contratto da parte del terzo Dress Time s.r.l. e al dubbio patto commissorio in esso contenuto) per l’assorbente ragione che “ove mai il contratto fosse ritenuto nullo, ciò nondimeno l’odierno reclamante sarebbe tenuto alla restituzione di quanto incontestabilmente percepito” (a fronte di una erogazione della somma di Euro 526.000,00 con nota del 14 gennaio 2011 la stessa (OMISSIS) aveva chiesto una dilazione del proprio debito di Euro 127.272,89 per rate del mutuo nonchè rimborso oneri condominiali e tassa smaltimento rifiuti).

2. Avverso detta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui solo la CIS s.p.a. (e non anche l’intimata curatela fallimentare) ha resistito con controricorso, corredato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo si deducono congiuntamente “Violazione e falsa applicazione di norma di legge. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, per avere il giudice d’appello erroneamente rigettato le eccezioni di “nullità delle obbligazioni di pagamento a fondamento dell’istanza di fallimento”, con riguardo sia alla pretesa inefficacia della cessione del contratto di locazione finanziaria da parte di Dress Time s.r.l. (per assenza del consenso della ceduta CIS S.p.a.) sia alla dedotta “violazione del patto commissorio” ex art. 2744 c.c., oltre che per la “applicazione di un tasso usurario agli interessi debitori” (aspetto, quest’ultimo, di cui parte controricorrente denunzia in particolare la novità).

3.1. Le censure sono inammissibili per plurime ragioni, tra le quali risulta assorbente la mancata impugnazione della ulteriore ratio decidendi espressa a pag. 5 della sentenza impugnata, laddove si osserva in via dirimente che, quand’anche accertata, la nullità del negozio avrebbe comunque lasciato fermo il debito in capo alla reclamante per i conseguenti obblighi restitutori.

4. Con il secondo mezzo si lamenta la violazione dell’art. 10 del contratto inter partes, che contemplava una clausola compromissoria da cui sarebbe dovuta derivare l’improcedibilità del ricorso, L.Fall., ex art. 15.

4.1. La censura è infondata, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte per cui: 1) L.Fall., art. 6, nello stabilire che il fallimento è dichiarato (fra l’altro) su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, nè l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante (Cass. Sez. U, 1521/2013; Cass. 17105/2019; Cass. 30827/2018; Cass. 11421/2014); 2) lo stato d’insolvenza L.Fall., ex art. 5, non presuppone il definitivo accertamento del credito in sede giudiziale nè l’esecutività del titolo (Cass. 576/2015); 3) l’accertamento in sede prefallimentare non si fonda sull’esistenza del credito, ma sulla sussistenza dei presupposti del fallimento, tant’è che il creditore istante ha comunque l’onere di presentare domanda di ammissione al passivo, sicchè la domanda di fallimento integra un’azione a contenuto meramente processuale, rispetto al quale l’accertamento del credito si pone come incidentale ai fini della legittimazione al ricorso (Cass. 23420/2016).

5. Il terzo motivo prospetta la “insussistenza dei requisiti di legge per la dichiarazione di fallimento” ai sensi della L.Fall., artt. 1 e 5, in quanto a fronte di un bilancio “in pari” e la predisposizione di “piani di rientro” verso la CIS S.p.a., non poteva ritenersi sussistente lo stato di insolvenza della debitrice.

5.1. La censura, nella sua generica formulazione, è inammissibile, essendo altrettanto consolidato l’orientamento di questa Corte per cui “il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta” (Cass. 17105/2019; Cass. 23437/2017; Cass. 7252/2014).

5.2. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha motivatamente accertato – “nei limiti della delibazione sottoposta con i motivi di reclamo” – la sussistenza dello stato di insolvenza, tenuto conto del perdurante inadempimento del debito e della “assenza di ogni rappresentazione circa le prospettive di recupero della capacità finanziaria della società”, e la doglianza proposta avverso tale statuizione non rispetta nemmeno il paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), – come riformulato ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis – il quale contempla l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo per l’esito della controversia, onerando il ricorrente di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8503/2014; conf., ex plurimis, Cass. 29/10/2018 n. 27415).

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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