Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 341 del 10/01/2018

Cassazione civile, sez. lav., 10/01/2018, (ud. 27/09/2017, dep.10/01/2018),  n. 341

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con sentenza in data 22 febbraio 2012 la Corte d’appello di Napoli pronunciandosi sull’appello di M.P. e degli altri due litisconsorti indicati in epigrafe, tutti dipendenti del Comune di San Nicola La Strada con mansioni di operatori ecologici, avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 215/2011, di rigetto delle loro domande – così dispone: 1) dichiara l’inefficacia dei recessi operati dal Comune di (OMISSIS) nei confronti degli appellanti e per l’effetto ne dichiara il collocamento in disponibilità; 2) condanna il suindicato Comune al pagamento in favore degli appellanti: a) dell’indennità di disponibilità, come quantificata, per il periodo compreso dall’i gennaio 2006 al 31 dicembre 2007; b) dell’indennità integrativa speciale; c) dell’assegno per il nucleo familiare (se spettante), con esclusione di qualunque altro elemento retributivo comunque denominato e con gli interessi legali dalla maturazione al saldo;

che la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il primo giudice ha configurato la presente fattispecie come cessione dei rapporti di lavoro ex art. 1406 c.c., ma una simile configurazione richiede la prova certa del contratto trilaterale, qui insussistente e contraddetta dal fatto che nella specie dal giorno 1 gennaio 2006 i rapporti di lavoro di 16 dipendenti addetti al servizio di igiene ambientale alle dipendenze del Comune sono cessati;

b) non si è trattato di una cessione con passaggio diretto e immediato da un datore di lavoro ad un altro, pertanto i termini “passaggio” e “trasferimento” siano stati utilizzati in senso a tecnico dalle parti, come è confermato dalla comunicazione del Comune in data 22 settembre 2005;

c) tutto questo dimostra che si è trattato di un licenziamento collettivo nel pubblico impiego seguito da una nuova assunzione da parte della società ATI Jacta Jacorossi, aggiudicataria dell’appalto del servizio di igiene ambientale, tale tipo di licenziamento è disciplinato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 33 e presuppone che vi sia un eccedenza di personale, cui fa riferimento la suindicata comunicazione del Comune;

d) peraltro, nella specie, non sono state applicate le norme di cui alla L. n. 223 del 1991, in parte riprodotte e comunque richiamate dal citato art. 33;

e) tra queste norme rientra anche la L. n. 223 cit., art. 4, comma 12, che stabilisce che le comunicazioni previste nel precedente comma 9 effettuate senza il rispetto delle procedure di cui all’art. 4 medesimo sono inefficaci;

f) ne consegue l’inefficacia dei disposti recessi, senza che possa attribuirsi la richiesta tutela reintegratoria e risarcitoria di cui all’art. 18 St.lav., in quanto non prevista dal citato art. 33, il quale consente soltanto di condannare il Comune al collocamento in disponibilità dei tre appellanti;

che avverso tale sentenza il Comune di (OMISSIS) propone ricorso affidato a cinque motivi, al quale oppongono difese Pasquale M. e degli altri due litisconsorti indicati in epigrafe con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale, per un motivo, cui replica il Comune, con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso principale è articolato in cinque motivi;

che con il primo motivo si denuncia contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia rappresentato dall’avere la Corte d’appello prima ritenuto inapplicabile l’art. 1406 c.c., per carenza di prova sulla avvenuta stipulazione dell’accordo trilaterale di cessione dei rapporti di lavoro ed avere poi dato atto delle intervenute pattuizioni tra il Comune e il cessionario alla presenza del funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro, anche se tali pattuizioni non sono andate a buon fine per l’opposizione dei lavoratori;

che con il secondo motivo si denuncia omessa/insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia rappresentato dall’aver ritenuto che i termini “passaggio” e “trasferimento” siano stati utilizzati in senso a-tecnico sia dalle parti sia nella comunicazione del 22 settembre 2005, senza spiegare in modo esauriente le ragioni di tale affermazione;

che con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 12 delle Preleggi e degli artt. 1399,1406 e 2697 c.c., sostenendosi che la Corte territoriale ha ritenuto che il contratto trilaterale non si era perfezionato senza pronunciarsi sul fatto che benchè i lavoratori (attraverso la propria organizzazione sindacale) non avessero sottoscritto il verbale di chiusura della riunione tenutasi presso la DPL tuttavia essi hanno poi accettato la proposta di assunzione della società ATI Jacta Jacorossi a far data dall’i febbraio 2006, prestando così un tacito consenso all’accordo, da considerare valido ex art. 1399 c.c., come affermato dal primo giudice;

che con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. 9 maggio 2001, n. 106, art. 33, (recte: 30 marzo 2001, n. 165) per avere la Corte territoriale andando ultra petita condannato il Comune ad un risarcimento dei danni – in particolare con riguardo all’indennità di disponibilità – per un titolo diverso da quello richiesto – relativo alla tutela prevista dall’art. 18 St.lav. dopo avere inquadrato la fattispecie nell’ipotesi di licenziamento collettivo nel pubblico impiego ed avere d’ufficio collocato i lavoratori “in disponibilità”, pur avendo rilevato la mancata osservanza della specifica procedura prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 33;

che con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,2697 e 1227 c.c. nonchè degli artt. 112 e 437 c.p.c., ribadendosi che la Corte d’appello non avrebbe potuto liquidare in favore dei lavoratori l’indennità di disponibilità anche perchè i lavoratori non hanno subito alcun danno economico risarcibile, visto che anche il danno subito nel solo mese di gennaio 2006 (prima di iniziare a lavorare alle dipendenze della società ATI Jacta Jacorossi) è dipeso dalla loro esclusiva volontà, si aggiunge che, peraltro, nella liquidazione del danno la Corte territoriale non ha neppure considerato che da febbraio 2006 gli attuali controricorrenti avevano cominciato a lavorare alle dipendenze della suddetta società;

che con l’unico motivo del ricorso incidentale i lavoratori contestano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, il rigetto della domanda principale reintegratoria e risarcitoria ex art. 18 St.lav. – espressamente richiamato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 51, – domanda da loro formulata nel ricorso introduttivo del giudizio, assumendo che tale statuizione si porrebbe anche in contraddizione con l’inefficacia dei licenziamenti collettivi in oggetto, affermata dalla Corte d’appello;

che, in ordine logico, va esaminato per primo il secondo motivo del ricorso principale, che è fondato;

che la presente fattispecie riceve la sua disciplina nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 202, comma 6, (Codice dell’ambiente), secondo cui: “Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 31, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’art. 2112 c.c.”;

che si tratta di una norma speciale finalizzata ad una riorganizzazione complessiva del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, sottraendolo agli Enti pubblici;

che, inoltre, va sottolineato che il suddetto art, 202, comma 6, fissa una data per il passato (la data del 31 dicembre 2005. che è antecedente rispetto alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) e non un termine per il futuro (“entro tale data”), il che ha rilievo per definirne la decorrenza e lo scopo che è quello di cristallizzare lo status quo del personal in servizio – (vedi: Parere ANAC, FISE Assoambiente, 27 maggio 2015, AG-15/2015/AP in www.anticorruzione.it e, quindi, direttamente esaminabile in questa sede, vedi, per tutte: Cass. 28 agosto 2014, n. 18418 e Cass. 4 marzo 2016, n. 4296);

che, pertanto, quella prevista dall’art. 202, comma 6, cit. viene configurata come una clausola sociale di imponibile di manodopera (nota anche come clausola di “protezione” o di “salvaguardia” sociale, o anche come “clausola sociale di assorbimento”) – istituto che opera nella ipotesi di cessazione di un appalto e conseguente subentro di nuove imprese – stabilita per legge e volta ad assicurare la continuità dell’occupazione, nel caso di naturale discontinuità dell’affidatario;

che, uno simile clausola può essere anche prevista nel CCNL del settore e, di fatto, essa è espressamente contemplata in numerosi CCNL (vedi, ad esempio: art. 6 del CCNL per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi ambientali, 5 aprile 2008) e comunque, anche in questo caso le legittime esigenze sociali cui è finalizzata la clausola devono essere bilanciate da una adeguata tutela della libertà di concorrenza, anche nella forma della libertà imprenditoriale degli operatori economici potenziali aggiudicatari, i quali assumono un mero obbligo di prioritario assorbimento e utilizzo del personale già impiegato dal precedente affidatario per il periodo di durata dell’appalto, subordinatamente alla compatibilità con l’organizzazione d’impresa dell’appaltatore subentrante (arg. ex: Cons. Stato Sez. 6^, 27 novembre 2014, n. 5890; nonchè, ex multis: T.A.R. Piemonte Torino Sez. 1^, 9 gennaio 2015, n. 23, T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. 1^, 2 gennaio 2015, n. 6, T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. 2^, 9 novembre 2012, n. 672);

che, pertanto, la suddetta disciplina speciale prevale su tutte le altre disposizioni sia di tipo contrattuale sia di formazione secondaria, tanto che anche alla comunicazione del Comune in data 22 settembre 2005, richiamata, non può attribuirsi contenuto dispositivo, trattandosi di un atto di natura meramente ricognitiva di un effetto determinatosi per legge;

che, quindi, il tenore letterale di tale comunicazione non è rilevante, ma comunque è da escludere che i termini “passaggio” e “trasferimento” siano stati utilizzati in senso a-tecnico dalle parti, visto che il citato art. 202, comma 6, configura la fattispecie come “passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti”, previa la risoluzione del precedente rapporto di lavoro, ma con “la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto”;

che, pertanto, il secondo motivo del ricorso principale deve essere accolto e da tale accoglimento deriva l’assorbimento di tutti gli altri motivi del ricorso principale nonchè dell’unico motivo del ricorso incidentale;

che la sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche al seguente:

“D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 202, comma 6, (Codice dell’ambiente) prevede, per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, un’ipotesi tassativa di passaggio diretto ed immediato del personale dipendente dalle Amministrazioni comunali alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, del settore, previa risoluzione del rapporto di lavoro con l’Ente pubblico, con applicazione ai sensi del D.Lgs. marzo 2001, n. 165, art. 31, della disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’art. 2112 c.c.. Si tratta di una norma speciale finalizzata ad una riorganizzazione complessiva del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, sottraendolo agli Enti pubblici, ma al contempo volta ad assicurare la continuità dell’occupazione del personale in servizio. Essa, pertanto, prevale su tutte le altre disposizioni sia di tipo contrattuale sia di normazione secondaria”.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi dello stesso ricorso e il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerate, il 27 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2018

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