Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34099 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 19/12/2019), n.34099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1669/2015 proposto da:

Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via di Val di Fiorita n. 90, presso lo studio

dell’avvocato Francesco Lilli e rappresentato e difeso dall’avvocato

Giovanni Spataro giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.G., S.A., S.M.C.,

C.F., in qualità di eredi di Sa.Al., elettivamente

domiciliati in Roma, Via Cratilo di Atene n. 31, presso lo studio

dell’avvocato Domenico Vizzone e rappresentati e difesi dagli

avvocati Maria Salimbeni e Antonio Giovanni Fusaro, giusta procura

in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1493/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 26/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/09/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Catanzaro con sentenza depositata il 26.10.2013, in accoglimento delle domande proposte da Sa.Al. e previa determinazione dell’indennità del terreno dell’istante, interessato da procedimento di esproprio ed in catasto del Comune di (OMISSIS), in Euro 263.627,50, ha condannato il Consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Cosenza al pagamento della somma di Euro 171.723,62 a titolo di indennità supplementare a quanto già riconosciuto nell’indennità offerta, e, ancora, di Euro 9.077,00 per indennità di occupazione, il tutto oltre interessi.

2. Avverso l’indicata sentenza ricorre in cassazione il Consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Cosenza con due motivi, illustrati da memoria, cui resistono con controricorso S.G., S.A., S.M.C. e C.F., nella qualità di eredi di Sa.Al., che propongono altresì ricorso incidentale affidato a due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La Corte territoriale avrebbe omesso ogni motivato esame sul valore venale calcolato dal c.t.p. del Consorzio che aveva apprezzato come l’area ablata ricadesse nel perimetro dell’Agglomerato Industriale di (OMISSIS) di previsione 1 fase di attuazione e quindi in parte in area destinata ad insediamenti produttivi, in cui si potevano realizzare costruzioni di tipologia industriale ed in cui era vietata l’edificazione di fabbricati di civile abitazione, in parte destinata a viabilità industriale di previsione ed in parte in Zona verde.

Il consulente, in applicazione del metodo sintetico-comparativo di stima, aveva indicato dieci atti di compravendita e gli acquisti operati dall’A.S.I. tra il 2000 ed il 2005 di terreni siti in Zona AH da urbanizzare, provvedendo quindi a quantificare l’indennità di esproprio nella misura di Euro 6,45/mq, a fronte di Euro 7,45% stimati dal c.t.u. alle cui conclusioni la sentenza aveva prestato adesione, con applicazione della riduzione del 25%, giusta L. n. 244 del 2007, art. 89 apprezzando dell’operazione ablativa la finalità di attuazione di interventi di riforma economico-sociale.

Il rilievo, contenuto nell’impugnata sentenza, secondo il quale il valore di 6,45/mq sarebbe di “di poco inferiore” rispetto al valore, ben maggiore, determinato dal c.t.u. di Euro 7,65/mq avrebbe integrato, nella sua illogicità, una assoluta carenza di adeguato esame.

La Corte di merito avrebbe mancato nella stima del valore venale del bene di valutare il prezzo di mercato di immobili “omogenei” omettendo di considerare che nella zona AI1 vigeva l’assoluto divieto di edificazione di edifici per civile costruzione.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In violazione della previsione di cui all’art. 39 là dove è stabilito che l’indennità dovuta all’espropriato “consisterà nel giusto prezzo che a giudizio dei periti avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita”, i giudici di appello avrebbe preso a riferimento nella stima dei beni valori in realtà non indicati dal c.t.u. ovverosia i prezzi per l’anno 2003 compresi tra gli 8 ed i 10 Euro/mq.

Il ragionamento della Corte di merito circa un aumento dei prezzi determinato dalla diminuzione nel tempo dei lotti compravendibili sarebbe poi stato ingiustificato.

3. I controricorrenti S.G., S.A., S.M.C. e C.F.a, nella qualità di eredi di Sa.Al., dedotta l’inammissibilità dell’avverso mezzo perchè di diretta rivisitazione del fatto in contrapposizione a quello fornito nell’impugnata sentenza, propongono altresì ricorso incidentale affidato a due motivi.

3.1. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e del D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis, comma 2, conv. in L. n. 359 del 1992 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il prezzo individuato dalla Corte di appello non sarebbe stato quello di mercato; la Corte di merito si sarebbe discostata dal prezzo fissato nelle compravendite di cui agli atti prodotti dall’attore-opponente (oscillante tra i 50,00 ed i 30,00 Euro al mq) ed avrebbe determinato il valore del terreno facendo una media, per difetto, del prezzo degli atti evidenziati dal c.t.u. alle cui conclusioni avrebbe prestato adesione, in modo immotivato ed obliterando il dato di parte.

In tal modo i giudici di merito avrebbero preso in considerazione atti di vendita del consorzio intervenuti nell’ambito di una procedura di esproprio ovverosia mediante vendita a prezzo imposto in applicazione del D.L. n. 359 del 1992, art. 5-bis e quindi in base ad un prezzo non determinato da libere contrattazioni di mercato, di cui rappresentavano invece esito gli atti prodotti dal proprietario, uno dei quali avente ad oggetto un terreno omogeneo, appartenente alla medesima area espropriata.

3.2. Con il secondo motivo si fa valere la violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis, comma 2, conv. in L. n. 359 del 1992 nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed omessa insufficiente contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

I giudici di merito avrebbero disatteso immotivatamente gli esiti di stima contenuti in due precedenti della medesima Corte di appello, erroneamente intendendo che i primi avessero ad oggetto la “Zona D”, residenziale a carattere artigianale, trattandosi invece, in entrambe le pronunce indicate, una delle quali confermata in cassazione, di fondi siti nella zona ASI, agglomerato di (OMISSIS).

4. I motivi di ricorso, principale ed incidentale, si prestano a congiunta trattazione, nei termini e limiti di seguito indicati, venendo per gli stessi in considerazione la questione della sindacabilità in cassazione dei criteri di stima della indennità di esproprio adottati dai giudici di merito là dove sconfinino in una motivazione omessa che non lasci individuare le ragioni della decisione.

Come da tempo ritenuto nella giurisprudenza di legittimità e per quanto in questa sede rileva, ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio dei suoli edificabili la censura sull’adozione di un determinato criterio estimativo si risolve nella critica non ad un principio di diritto, onde appare male invocata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., bensì ad un apprezzamento di fatto, consistente nell’impiego di una formula di calcolo in luogo di un’altra, ed è dunque censurabile sotto il profilo del vizio di motivazione (vd. Cass. 14/05/2005 n. 10125; Cass. 07/05/2014 n. 9843).

Resta poi ferma l’ulteriore precisazione di principio per la quale l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, va inteso, in applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, tenendo conto della prospettiva della novella, mirata ad evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica della Corte di cassazione.

Con la conseguenza tra l’altro che è deducibile come vizio della sentenza l’omissione della motivazione e non più l’insufficienza o la contraddittorietà salvo che tali aspetti, consistendo nell’estrinsecazione di argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi”, che si rivela come tale non comprensibile, si risolvano in una sostanziale mancanza di motivazione con violazione del “minimo costituzionale” (Cass. n. 26538 del 09/11/2017; Cass. n. 19677 del 01/10/2015; vd. Cass. 04/04/2014 n. 7983).

Là dove la motivazione resti integrata da un dato tecnico che riveli della prima la non capacità di dare conto della decisione adottata, essa è sindacabile in sede di legittimità.

4.1. Tanto è destinato a venire in rilievo nella fattispecie in esame nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto di sostenere la stima di calcolo della indennità nella considerazione che il valore di 6,45 Euro/mq, contenuto nella c.t.p. del Consorzio, sarebbe stato “di poco inferiore” a quello determinato dal c.t.u., e adottato con correttivi dai giudici di appello sino a giungere alla stima di Euro 8,50/mq., di Euro 7,65/mq.

La superficie complessiva del terreno oggetto di stima di 31.015 mq e gli sviluppi di calcolo che si accompagnano all’applicazione dei diversi valori unitari, rispettivamente, pari ad Euro 200.046,75 e ad Euro 237.264,75, in modo inequivoco segnala dell’indicata premessa l’assoluta illogicità e la sua inidoneità a sostenere la stima adottata.

Se in tema di valutazione di aree edificabili, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, il rapporto tra il metodo sintetico-comparativo e quello analitico-strutturale non è governato da un criterio di preferibilità dell’uno rispetto all’altro (Cass. 19/01/2007 n. 1161; Cass. 31/05/2007 n. 12771), è pur vero che traducendosi comunque il metodo in concreto osservato in operazioni di calcolo, le valutazioni condotte dal giudice del merito sul valore aritmetico unitario di stima dei beni ove assolutamente illogiche possono rendere non comprensibile la ratio della decisione adottata e, come tale, mancante la motivazione.

4.2. A tanto si aggiunga che, poichè nella individuazione del valore di mercato del bene all’adozione di un metodo piuttosto che dell’altro si accompagna l’osservanza di peculiari regole, è ammesso in sede di legittimità il sindacato sulla motivazione relativamente agli elementi su cui il processo di estimo si fonda e là dove risultino inosservati i criteri propri del metodo prescelto la motivazione sarà censurabile se ed in quanto contraddittoria ed incapace di esplicitare la scelta operata dal giudice del merito.

La Corte di appello pur avendo dichiarato di aver fatto applicazione del criterio di stima sintetico-comparativo non ne consente poi di verificare, come dedotto nei ricorsi principale ed incidentale, l’intervenuta applicazione mancando di muovere dall’apprezzamento di aree omogenee che del primo è integrativo.

I giudici di merito hanno poi, così rendendo incomprensibili le operazioni di stima operate, erroneamente letto nella c.t.u., dai cui valori muovono per determinare l’indennità, una forbice dei prezzi per lotti urbanizzati da parte dell’Asi che sarebbe variata tra gli 8 ed i 10 Euro là dove invece la c.t.u., come in modo convergente e nel rispetto del canone dell’autosufficienza viene dedotto dai ricorrenti principale ed incidentale, faceva riferimento ad un prezzo ricompreso tra i 10 ed i 12 Euro.

L’ammontare finale che la Corte di appello fissa in Euro 8,60/mq. con una motivazione che vorrebbe l’indicato valore di poco superiore alla media – e tanto in applicazione di un correttivo per il quale per effetto di successive vendite nella registrata diminuzione dei lotti si incrementi il valore di quelli rimasti invenduti – perde di logicità e disorienta nella individuazione del percorso logico-motivatorio osservato.

4.3. La sentenza poi non fornisce risposta alla c.t.p. del Consorzio con riferimento – in forza della distinzione presente quanto ai terreni compresi in zona AI1, in cui rientrano quelli di stima, tra le aree da urbanizzare e quelle già dotate di opere di urbanizzazione il tutto per una tipologia industriale a cui si accompagna il divieto di costruzione di edifici di civile abitazione – alle aree da urbanizzare trasferite dai privati al Consorzio, alle aree lottizzate trasferite dall’E.P. agli operatori economici ed agli accorpamenti nella stima unitaria anche delle aree destinate a viabilità e zone verdi.

5. Quanto al ricorso incidentale – in disparte l’inammissibilità per difetto di autosufficienza nella parte in cui deduce il mancato il confronto della sentenza impugnata con gli atti di vendita e le sentenze prodotte senza segnalare puntualmente i passaggi mancati nella valutazione del giudice del merito -, il primo motivo è nel resto fondato.

5.1. Tanto è destinato a valere là dove si deduce l’erronea ricostruzione dell’intervallo di prezzo di Euro 8,60/mq. e l’omesso confronto con i criteri di stima, pari a 50,00 e 30,00 Euro al mq, indicati negli atti di compravendita allegati dal privato espropriato e stipulati in regime di libero mercato (p. 16 controricorso) e, ancora, quanto al secondo motivo del ricorso incidentale là dove si denuncia l’omessa motivazione perchè mancante di un corretto raffronto con i contenuti degli atti negoziali portati dal privato in comparazione.

5.2. L’indicata omissione contrassegna anche la parte in cui la sentenza erroneamente relega gli atti allegati, relativi a fondi in zona ASI agglomerato di (OMISSIS) – secondo puntuale deduzione condotta in questo giudizio dai ricorrenti incidentali (p. 20 ricorso) – in una diversa e quindi non omogenea zonizzazione, quella D, residenziale a carattere artigianale e quindi ad irrilevanza.

6. La sentenza impugnata la cui motivazione omette di confrontarsi, in applicazione dei richiamati principi, con le deduzioni difensive portate nel grado mancando in tal modo di segnalare il percorso argomentativo osservato – che resta, all’esito, espressivo di una mera apparenza che lascia non individuate le ragioni della decisione -, è come tale sindacabile in sede di legittimità e va cassata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in altra composizione, anche per la regolamentazione delle spese di lite del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso principale ed il primo e secondo del ricorso incidentale nei termini di cui in parte motiva, rigetta i restanti, cassa e rinvia dinanzi alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese di lite del giudizi di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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