Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34081 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 19/12/2019), n.34081

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16400/2016 R.G. proposto da:

D.F.A. (C.F. (OMISSIS))) rappresentata e difesa giusta

delega in atti dall’avv. Carmela De Franciscis con domicilio eletto

in Caserta alla via Roma – Parco Europa (PEC

avvcarmela.defranciscis.legalmail.it);

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)) in persona del direttore pro

tempore rappresentata e difesa ex lege dall’avvocatura generale

dello Stato (C.F. (OMISSIS) PEC ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it)

con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi

n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 262/51/16 depositata il 15/01/2016, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

10/09/2019 dal consigliere Succio Roberto;

Lette le conclusioni del sostituto procuratore generale Pedicini

Ettore che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha accolto l’appello dell’Ufficio e conseguentemente confermato la legittimità dell’atto impugnato, avviso di accertamento per IRPEF, IVA ed IRAP 2008;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per Cassazione la contribuente con atto affidato a quattro motivi e illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente la CTR campana ritenuto specifici e quindi ammissibili i motivi di appello dell’Agenzia delle Entrate;

– il motivo è privo di fondamento;

– come si evince dalla sua lettura, l’atto di appello dell’Ufficio (debitamente versato in atti in questa sede ai fini del rispetto del canone dell’autosufficienza), è invero dotato dei requisiti di specificità e svolge censure puntuali e chiare ai singoli passaggi argomentativi della sentenza gravata;

– il secondo motivo di ricorso censura la statuizione della CTR per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere il secondo giudice pronunciato ultra petita esprimendosi sulla ripartizione dell’onere probatorio e sulla carenza dell’attività asseverativa della contribuente;

– il motivo è infondato;

– invero, la CTR ha dimostrato di aver compreso le eccezioni della contribuente, fondate anche sul difetto di prova della sussistenza della maggior pretesa in quanto da un verbale GDF diverso da quello posto a base dell’avviso di accertamento qui impugnato non erano risultate contestate violazioni, la risoluzione delle quali comportava certamente anche l’applicazione delle disposizioni vigenti in materia di riparto dell’onere probatorio e di valutazione della prova nel processo tributario;

– il terzo motivo di ricorso, contenente in realtà due profili di doglianza, denuncia sia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. a), c), d), del D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR commesso errore di diritto sia avendo ritenuto probante ai fini dell’accertamento dei maggiori tributi la documentazione extracontabile e gli ulteriori elementi di prova acquisiti nel corso di attività di ispezione presso soggetti terzi, oltre che debitamente motivato l’avviso di accertamento con rimando a tali risultanze, sia l’erroneità della pronuncia gravata avendo il secondo giudice ritenuto non fornita dalla contribuente la prova della legittimità del proprio operato;

– il motivo è infondato quanto al primo profilo, e inammissibile quanto al secondo;

– il primo profilo è privo di fondamento in forza della giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18232 del 16/09/2016) secondo la quale proprio in tema d’IVA, l’Amministrazione, anche nel caso di regolarità formale della contabilità, può disconoscere la detrazione in ragione di presunzioni semplici basate su dati e notizie apprese da terzi o su accertamenti effettuati presso terzi, atteso l’ampio potere conoscitivo della posizione fiscale, riconosciuto dalla legge e limitato solo dal rispetto dei diritti costituzionali, con conseguente inversione dell’onere della prova, essendo il contribuente tenuto a dare prova dell’infondatezza della pretesa erariale;

– inoltre, questa Corte ha anche precisato sul punto come (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13486 del 11/06/2009) proprio in tema di accertamento dell’IVA, è legittimo l’avviso di rettifica motivato “per relationem” a un processo verbale di constatazione riferito a documenti rinvenuti presso terzi e resi conoscibili al contribuente, mediante l’allegazione del relativo prospetto riepilogativo. Da un lato, infatti, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 3, espressamente prevede che l’ufficio possa procedere a rettifica, indipendentemente dalla previa ispezione del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonchè da altri atti e documenti in suo possesso, mentre non rilevano eventuali violazioni delle regole relative alla fase di accertamento perchè eventuali irregolarità possono essere fatte valere solo da chi ha subito l’accesso; dall’altro, l’avviso di accertamento, non richiede un’autonoma attività istruttoria, il cui svolgimento contrasterebbe con i principi di economicità ed efficienza dell’attività amministrativa, nonchè con le norme specifiche che, in materia tributaria, disciplinano l’istruttoria e la motivazione degli atti impositivi (L. n. 212 del 2000, art. 12) e consentono all’Amministrazione di avvalersi dell’attività di altri organi (D.P.R. n. 633 cit., artt. 51 e 52);

– quanto al secondo profilo del motivo in esame, esso risulta inammissibile in quanto il ricorrente nella formulazione in concreto del mezzo ripropone questioni di merito (relative alle operazioni di riconciliazione tra i DAS e il registro di carico e scarico, conclusasi senza l’emersione di irregolarità) che la CTR ha esaminato e ritenuto inidonee a fornire prova contraria sufficiente a vincere gli elementi di prova acquisiti dall’Ufficio (consistenti nell’assenza di DAS a fronte di pagamenti in contanti operati dalla ditta Coppola Petroli a favore del contribuente per Euro 160.000);

– il quarto motivo censura la sentenza di secondo grado per nullità stante l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR omesso l’esame delle circostanze relative alla mancata emersione di irregolarità accertata dalla GDF in un PVC, la regolare riconciliazione riscontrata pure dai militari tra i DAS e il registro di carico e scarico e tra le fatture e le registrazioni e le liquidazioni Iva, l’apodittica affermazione relativa alla “estrema certezza”, contenuta nell’avviso di accertamento, quanto alla consumata evasione d’imposta;

– anche questo motivo va rigettato;

– quanto alla documentata mancanza di irregolarità formali, il motivo non ha pregio e risulta inammissibile per le ragioni esposte con riferimento al mezzo precedente alle quali si fa rimando;

– con riguardo all’ultimo profilo, il motivo è nondimeno infondato, dal momento che la CTR ha ritenuto, prendendo in esame anche la circostanza che si assume pretermessa, non che l’atto impugnato fosse adeguatamente motivato con rimando alle risultanze istruttorie svolte presso terzi, ma anche in forza di tali risultanze vi fosse prova (non avendo il contribuente dato prova contraria) dell’esistenza della maggior pretesa tributaria;

– conseguentemente, il ricorso va nel complesso rigettato con aggravio delle spese;

– sussistono i presupposti per il c.d. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 5.600,00 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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