Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34080 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 19/12/2019), n.34080

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10234/2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)) in persona del direttore pro

tempore rappresentata e difesa ex lege dall’avvocatura generale

dello Stato (C.F. (OMISSIS) PEC ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it)

con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi

n. 12;

– ricorrente –

Contro

M.C. & C. s.r.l. in persona del suo legale rappresentante pro

tempore (C.F. (OMISSIS)) rappresentata e difesa giusta delega in

atti dall’avv. Nicola Antonio Di Lerna (C.F. DLRNMN69E05L328L PEC

nicolaantonio.dilernia.ipec.ordineavvocatitrani.it) con domicilio

eletto in Roma alla via A. Depretis n. 86 presso l’avv. Vincenzo

Giangiacomo;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia n. 2253/6/15 depositata il 26/10/2015, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

10/09/2019 dal consigliere Succio Roberto.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha annullato la cartella di pagamento impugnata, dichiarando non dovuto il rimborso del credito Iva richiesto;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate con ricorso affidato a quattro motivi; la società contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione Finanziaria denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR reso la propria motivazione con riguardo ad altra cartella, con diverso fondamento, quindi risultando in concreto meramente apparente;

– il secondo motivo censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi e controversi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR non valutato, quanto al contenuto motivazionale della cartella, l’indicazione di cui a pag. 2 della stessa, recante il dettaglio degli addebiti;

– i due motivi possono esaminarsi congiuntamente, e risultano nel complesso infondati;

– gli stessi, infatti, deducono in concreto non la mancanza di motivazione o l’omesso esame di fatti decisivi, ma unicamente il vizio di motivazione che nel presente caso è del tutto insussistente;

– il terzo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere il secondo giudice erroneamente ritenuto insussistenti i presupposti per l’emissione della cartella di pagamento impugnata;

– il motivo è fondato;

– la procedura di controllo di cui alla disposizione sopra richiamata, analogamente a quella prevista ai fini dell’imposizione reddituale dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, trova applicazione (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8140 del 23/05/2012) nel caso in cui il contribuente indichi nella dichiarazione dei redditi un’eccedenza d’imposta derivante risultante dalle precedenti dichiarazioni, ed utilizzata in compensazione, di importo superiore a quanto risulti all’anagrafe tributaria; in tali casi l’Ufficio può rettificare l’imposta a credito indicata dal dichiarante, recuperando a tassazione la differenza effettivamente spettante mediante il ricorso al procedimento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, poichè tale attività di rettifica implica semplicemente un ricalcolo dell’imposta risultante dalla liquidazione della dichiarazione ed un mero controllo cartolare di dati, con esclusione di qualunque valutazione giuridica, ed è pertanto inquadrabile nella fattispecie di cui al citato art. 36 bis, comma 2, lett. a), che prevede la correzione degli “errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi”;

– rientra quindi nel novero delle ipotesi applicative di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, anche l’erroneo mancato riporto del credito Iva per cui è processo che costituisce certamente un caso di errore materiale e di calcolo del tributo dovuto;

– il quarto motivo di impugnazione si incentra sulla violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3, comma 8 bis e sulla falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto utilizzabile in compensazione il credito relativo all’anno 2008, credito esposto nella dichiarazione integrativa tardiva successivamente presentata ed utilizzato in precedenza nell’anno 2009;

– anche questo motivo è fondato;

– come questa Corte ha stabilito (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 373 del 13/01/2016) in materia di imposte sui redditi, secondo principio applicabile anche all’imposta sul valore aggiunto, la facoltà, attribuita al contribuente dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, come introdotto dal D.P.R. n. 435 del 2001, art. 2, di emendare i propri errori mediante apposita dichiarazione integrativa entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, non interferisce sull’effettivo diritto al rimborso, nè sulla facoltà di emendare i propri errori da parte del contribuente, restando correlata al rispetto di tale limite temporale la sola possibilità di portare in compensazione il credito eventualmente risultante dalla dichiarazione dell’anno precedente; ne deriva che se da un lato non risulta compromesso il diritto al rimborso, d’altro canto non è possibile il recupero del tributo per mezzo della compensazione;

– vanno quindi accolti il terzo e quarto motivo di ricorso;

poichè infine non si rendono necessari accertamenti in fatto, la controversia può decidersi nel merito con il rigetto del ricorso originario del contribuente.

P.Q.M.

accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso; rigetta nel resto; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente; liquida le spese in Euro 4.100,00 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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