Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3408 del 11/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 11/02/2021), n.3408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10112-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentane pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA

PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN;

– ricorrente –

contro

C.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 588/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 27/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di L’Aquila, in riforma della sentenza di primo grado, ha riconosciuto in capo a C.G. figlia maggiorenne ed inabile al lavoro di pensionata Inps deceduta, il diritto al godere della pensione di reversibilità;

diversamente dal Tribunale di L’Aquila, la Corte d’appello, disattendendo le consulenze tecniche che avevano negato la sussistenza del requisito sanitario, ha affermato che l’aggravamento delle crisi psichiche dedotto dall’appellante fosse stato generato dal lutto subito, ed ha perciò riconosciuto la ricorrenza del diritto al beneficio di reversibilità, avendo accertato l’incapacità in concreto di C.G. di applicarsi a un lavoro proficuo sotto il profilo economico, in relazione alle patologie rilevate all’epoca del decesso della madre;

l’Inps ha domandato la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;

C.G. è rimasta intimata;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’istituto deduce “Violazione del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 13, come sostituito dalla L. n. 903 del 1965, art. 22 e dell’art. 2697 c.c.”;

si duole del riconoscimento del diritto a percepire la pensione di reversibilità in assenza di un accertamento della sussistenza del requisito della vivenza della figlia a carico della pensionata, al momento del decesso di quest’ultima;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denuncia “Violazione dell’art. 112 c.p.c.”;

la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare l’appello incidentale condizionato, proposto dall’istituto per contestare la decisione di prime cure, la quale aveva sostenuto che il requisito della “vivenza a carico” non fosse in discussione, nonostante la controparte non avesse fornito la prova del mantenimento della figlia maggiorenne e inabile da parte della madre, in seguito deceduta;

i motivi vanno esaminati congiuntamente, attesa la loro reciproca connessione quanto al rilievo del requisito della vivenza a carico ai fini del godimento del diritto alla pensione di reversibilità da parte del congiunto riconosciuto inabile al lavoro;

essi meritano accoglimento;

questa Corte si è già pronunciata in ipotesi sovrapponibili a quella in esame, affermando che nel caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi;

quanto al requisito della “vivenza a carico”, ha precisato come esso vada considerato con particolare rigore, ed ha indicato le direttrici dell’accertamento, rimesso al giudice del merito, il cui giudizio va adeguatamente motivato; seppure il requisito della vivenza a carico non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza nè con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, esso deve comunque essere provato dal soggetto che chiede il riconoscimento del diritto all’emolumento, il quale dovrà dimostrare in giudizio che il genitore provvedeva, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile (In tal senso si è espressa Cass. n. 9237 del 2018);

nel caso in esame l’Inps ha contestato specificamente come l’aspetto del possesso del requisito della vivenza a carico al momento della morte della genitrice assicurata fosse rimasto irrisolto nella sentenza d’appello;

tale censura va condivisa, atteso che, l’accertamento di fatto rimesso al giudice di merito è incensurabile in sede di legittimità soltanto qualora adeguatamente motivato, là dove, nel caso in esame, la Corte territoriale ha inteso arbitrariamente limitare il thema decidendum alla verifica dell’esistenza del requisito sanitario, omettendo del tutto la valutazione circa il profilo della vivenza a carico di C.G. all’epoca del decesso della madre, così violando la normativa in materia;

in definitiva il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, la quale statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità;

in considerazione dell’esito del giudizio, si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, la quale statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

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