Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3408 del 03/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 03/02/2022, (ud. 14/07/2021, dep. 03/02/2022), n.3408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLOANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21127-2015 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIBULLO

10, presso lo studio dell’avvocato SAPONARA MARCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SAPONARA MARCO ANTONIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, (e per quanto possa occorrere per

la DIREZIONE DIDATTICA STATALE II CIRCOLO DI MATERA), rappresentato

e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui

Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 193/2015 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 30/06/2015 R.G.N. 499/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/07/2021 dal Consigliere Dott. NEGRI DELLA TORRE PAOLO;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARIO

FRESA visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, coma 8-bis,

convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha

depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sent. n. 193/2015, depositata il 30 giugno 2015, la Corte di appello di Potenza, in riforma della decisione di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo, con il quale era stato ingiunto al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e alla Direzione Didattica Statale 2 Circolo di Matera il pagamento, a favore di F.F., dell’indennità ex art. 69 c.c.n.l. 1995 per avere assolto, negli anni scolastici 2009/2010

e 2010/2011, le funzioni di docente vicario del dirigente scolastico.

2. La Corte ha escluso il diritto all’indennità sul rilievo che i dirigenti scolastici avevano inteso delegare al F. specifici compiti (quali sostituzione docenti assenti, controllo firme, supporto redazione circolari), come risultava dai decreti n. 3493/2010, relativo all’anno scolastico 2009/2010, e n. 2773/2011, relativo all’anno scolastico 2010/2011, e che tali compiti – ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25, comma 5, come interpretato dal D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art. 14, comma 22, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 135 – non costituivano affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie.

3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il F., con tre motivi, cui hanno resistito le Amministrazioni con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce error in procedendo (art. 360 c.p.c., n. 4) per violazione del divieto di pronuncia ultra petita (art. 112 c.p.c.), avendo il giudice di appello pronunciato sulla capacità di stare in giudizio del dirigente scolastico, senza che un’eccezione in tal senso fosse mai stata sollevata nel giudizio di primo grado

e fosse stata riproposta in sede di appello; avendo inoltre pronunciato su una circostanza (il fatto che il ricorrente avesse sostituito il dirigente scolastico per periodi superiori a quindici giorni soltanto in due occasioni) non rilevata né con il ricorso in opposizione al decreto ingiuntivo, né con il ricorso di secondo grado.

2. Con il secondo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.L. n. 95 del 2012, art. 14, comma 22, e dell’art. 69 c.c.n.l. 1995 per il personale scolastico, nonché contraddittoria

e falsa motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, il ricorrente censura la sentenza là dove il giudice di appello, travisandone il contenuto, ha osservato che con i decreti n. 3493/2010 e n. 2773/2011 il dirigente scolastico aveva delegato l’assolvimento di compiti specifici, mentre una corretta lettura di tali documenti avrebbe dimostrato che oggetto di delega era stata la sostituzione del dirigente dell’istituzione scolastica, attività, quest’ultima, effettivamente ed ininterrottamente svolta negli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011, come da attestazioni depositate, e comunque non contestata.

3. Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo nuovamente violazione e falsa applicazione del D.L. n. 95 del 2012, art. 14, comma 22, e dell’art. 69 c.c.n.l. 1995, così come richiamato dall’art. 146 c.c.n.l. 1997, comma 1, lett. g), punto 7, si duole della lettura data dalla Corte di appello al citato art. 14, comma 22, lettura che, ove confermata, priverebbe tale norma di legge di alcun contenuto interpretativo, rendendola al contrario modificativa del c. 5 del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25 nella parte in cui disponeva che all’assegnazione di deleghe di compiti ai docenti doveva corrispondere un compenso gravante sui fondi del Ministero.

4. Il primo motivo è inammissibile per difetto del requisito di specificità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

5. La giurisprudenza di questa Corte è invero del tutto consolidata nell’affermare che, anche qualora venga dedotto un error in procedendo, rispetto al quale la Corte è giudice del “fatto processuale”, l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal Codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Sez. U n. 8077/2012).

6. La parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, non essendo consentito il rinvio per relationem agli atti del giudizio di merito, perché la Corte di cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi e non già alla loro ricerca (Cass. n. 15367/2014; Cass. n. 21226/2010).

7. Nella specie, non risultano invece trascritti, quanto meno nelle parti rilevanti, né il ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo, né il ricorso di secondo grado, ai quali pure il ricorrente si riporta nell’esposizione delle proprie censure.

8. Il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, affrontando o comunque implicando la questione della portata da attribuirsi al D.L. n. 95 del 2012, art. 14, comma 22, e alle disposizioni collettive in materia di funzioni superiori o vicarie.

9. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25, comma 5, prevede che “Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed è coadiuvato dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa, nell’ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi generali dell’istituzione scolastica, coordinando il relativo personale”.

10. Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art. 14, comma 22, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, stabilisce che “Il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 25, comma 5, si interpreta nel senso che la delega ai docenti di compiti non costituisce affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie, anche nel caso in cui detti docenti godano dell’esonero o semiesonero ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 459. Il docente delegato può essere retribuito esclusivamente a carico dei fondi disponibili per la remunerazione accessoria presso la specifica istituzione scolastica od educativa ai sensi dell’art. 88 c.c.n.l., comma 2, lett. f), del relativo al personale scolastico”.

11. Dall’esame di tali norme emerge che il dirigente ha facoltà di delegare compiti ai suoi collaboratori e che il rilascio di tale delega non costituisce attribuzione di funzioni vicarie o superiori.

12. La norma di cui all’art. 14, comma 22, esclude inoltre che al docente, al quale siano delegati compiti all’interno della istituzione scolastica, venga corrisposta una qualsiasi indennità, allo stesso essendo riconosciuta esclusivamente una remunerazione accessoria ai sensi dell’art. 88 c.c.n.l. per il personale scolastico.

13. In sostanza, il D.L. n. 95 del 2012 ha interpretato il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25, comma 5, nel senso che la delega di compiti ai docenti non comporta in ogni caso l’affidamento di mansioni superiori o funzioni vicarie e che la retribuzione del docente delegato può solo avvenire con le risorse finanziarie destinate ai compensi accessori, ai sensi della richiamata disposizione collettiva (art. 88).

14. Ne consegue che l’interpretazione retroattiva della norma non può che precludere l’applicazione dell’indennità prevista e regolata dall’art. 69 c.c.n.l. 1995, alla luce del fatto che la delega non può mai costituire affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie, che è il presupposto per l’erogazione della medesima indennità.

15. La questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 95 del 2012, art. 14, comma 22, è inammissibile per genericità (Cass. n. 30738/2019; Cass. n. 10123/2005) e comunque manifestamente infondata, se intesa a denunciare una possibile discriminazione nei confronti di coloro che avrebbero avuto diritto ad una “giusta retribuzione” per l’attività prestata, in quanto profilo estraneo all’art. 3 Cost..

16. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

17. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

18. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Sez. U n. 4315/2020).

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.700,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022

 

 

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