Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34079 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 19/12/2019), n.34079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6202/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)) in persona del direttore pro

tempore rappresentata e difesa ex lege dall’avvocatura generale

dello Stato (C.F. (OMISSIS) PEC ags.rm.avvocaturastato.it) con

domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi n.

12;

– ricorrente –

Contro

ELI LILLY ITALIA s.p.a. in persona del suo legale rappresentante pro

tempore (C.F. (OMISSIS)) con sede in (OMISSIS) rappresentata e

difesa giusta delega in atti dall’avv. prof. Eugenio della Valle

(C.F. DLLGNE62L02H051U PEC edellavalle.sts.pec.it) con domicilio

eletto presso il procuratore ridetto in Roma via XX settembre 1;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana n. 1435/17/14 depositata il 14/07/2014, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

10/09/2019 dal consigliere Succio Roberto.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha respinto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria, confermando la pronuncia di prime cure;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate con ricorso affidato a due motivi; la società contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso l’Erario denuncia la nullità della sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, stante l’assoluta mancanza della motivazione, per avere la CTR del tutto omesso di motivare in ordine al ragionamento che l’ha indotta a ritenere fondata la tesi interpretativa della società in ordine alla tempestività dell’istanza di rimborso presentata in data 30.11.2005 per Iva relativa agli anni 2001 e 2002, iva derivante da operazioni di acquisto, manutenzione e riparazione di autovetture;

– il secondo motivo di ricorso si incentra sulla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR erroneamente ritenuto tempestiva l’istanza di rimborso in parola;

– il primo motivo è infondato;

– infatti, la CTR (in parte nella narrativa e in parte nella porzione di sentenza dedicata ai motivi, come si evince dalla lettura completa del provvedimento) ha enunciato la questione postagli, relativa alla tempestività dell’istanza di rimborso, e l’ha risolta dando conto sia pur sinteticamente delle ragioni posta alla base del decisum, ragioni anche connesse con la sentenza della CGUE del 14.09.2006, in causa C-228/05 e con le modifiche legislative che seguirono in forza delle quali il giudice dell’appello ha ritenuto che l’azione di rimborso fu tempestivamente intrapresa;

– è invece fondato il secondo motivo;

– in materia, quanto agli aspetti di principio generali, questa Corte a sezioni unite con sentenza n. 13676 del 16 giugno 2014 ha affermato il condivisibile principio di diritto secondo cui “allorchè un’imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione Europea, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di “overruling” non sono invocabili per giustificare la decorrenza del termine decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di giustizia, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento o venne operata la ritenuta, termine fissato per le imposte sui redditi dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, dovendosi ritenere prevalente una esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti” e dunque “il termine di decadenza per il rimborso delle imposte sui redditi, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, e decorrente dalla “data del versamento” o da quella in cui “la ritenuta è stata operata”, opera anche nel caso in cui l’imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione Europea da una sentenza della Corte di giustizia, atteso che l’efficacia retroattiva di detta pronuncia come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorchè sia maturata una causa di prescrizione o decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche”;

– peraltro, questa stessa Corte, nella sentenza n. 16726 del 2016, ha affermato che: “sul termine previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, non è destinata ad incidere la disciplina prevista dal D.L. n. 258 del 2006, convertito dalla L. n. 278 del 2006, la quale, unitamente al relativo Provv. di attuazione del Direttore dell’Agenzia delle entrate 22 febbraio 2007, ha previsto le modalità per il recupero della detrazione IVA in relazione agli acquisti effettuati prima della sentenza della Corte in causa C-228/05, e, precisamente, dal 1^ gennaio 2003 – data alla quale, al momento di emanazione del D.L. n. 258 del 2006, non erano scaduti i termini per esercitare la detrazione – al 13 settembre 2006, ossia al giorno precedente l’emissione della sentenza succitata (espressamente in termini, vedi Cass. 10 aprile 2015, n. 7229; 12 marzo 2015, n. 5014 nonchè 12 dicembre 2014, n. 26199). E’, difatti, in relazione agli acquisti compiuti a partire dal 1 gennaio 2003 che la Corte ha affermato il principio di diritto in base al quale il termine per le richieste di rimborso collegate alla sentenza della corte di giustizia del 14 settembre 2006, in C-228/05, non decorre dal pagamento dell’imposta, facendo leva sul D.L. 15 settembre 2006 n. 258, come convertito, la disciplina introdotta dal quale, nei limiti in cui è diretta ad ampliare i termini di decadenza a carico del contribuente, si applica anche ai giudizi pendenti il 14 settembre 2006 (Cass. 24 aprile 2015, n. 8373, secondo cui l’istanza va presentata entro il 20 ottobre 2007 se forfetaria, o entro due anni, decorrenti dal 15 novembre 2006, se analiticamente determinata) (…)in particolare, non si può correlare il presupposto per la restituzione, idoneo a far decorrere il termine biennale, alla pronuncia della sentenza della Corte di giustizia, o all’emanazione del D.L. 258/06, come convertito. Ciò in applicazione del principio, di chiara portata espansiva, fissato dalle sezioni unite (Cass., sez. un., 16 giugno 2014, n. 13676)”.

– pertanto, nel ritenere tempestiva l’istanza di rimborso da qua, la CTR ha commesso errore di diritto, non essendosi conformati ai principi statuiti da questo giudice di Legittimità;

– il secondo motivo merita quindi accoglimento; la sentenza deve essere conseguentemente cassata;

– non risultando necessari accertamenti ulteriori in fatto, la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente; liquida le spese in Euro 7.830,00 oltre a spese prenotata e debito che pone a carico di parte soccombente.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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