Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34074 del 12/11/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/11/2021, (ud. 07/04/2021, dep. 12/11/2021), n.34074

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17376-2018 proposto da:

TRA.DE.CO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANICIA 6, presso lo studio

dell’avvocato SIMONA BASTONI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANTONIO VITO DELUCIA;

– ricorrente –

contro

G.F., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato SANDRO LOMBARDI;

– controricorrente –

– avverso la sentenza n. 98/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 22/03/2018 R.G.N. 515/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/04/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte di Appello di Genova, con sentenza del 22 marzo 2018, ha confermato la pronuncia di primo grado che, in accoglimento parziale del ricorso proposto da G.F., già dipendente della Cooperativa Sociale Ottagono a r.l. Onlus, nei confronti di TRA.DE.CO. s.r.l., società subentrante nell’appalto del servizio di raccolta e trasporto rifiuti solidi urbani commissionato dal Comune di Imperia, aveva accertato il diritto del lavoratore al passaggio diretto alle dipendenze dell’aggiudicataria dell’appalto, con conseguente condanna della medesima al pagamento delle somme maturate dall’agosto del 2013 alla data della sentenza;

2. la Corte territoriale – in sintesi – ha ritenuto la sussistenza del diritto all’assunzione del lavoratore sulla base dell’art. 31 del capitolato speciale di appalto secondo il quale l’impresa aggiudicataria era tenuta ad assorbire il personale impegnato nel servizio appaltato, garantendo il mantenimento dei contratti in essere ai sensi dell’art. 6 del CCNL FISE Ambiente;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società soccombente con 5 motivi, cui ha resistito l’intimato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorso è inammissibile per ragioni analoghe a quelle già esposte da questa Corte in controversie che hanno tratto origine dalla medesima vicenda storica di successione nell’appalto (v. Cass. n. 8592 e 8593 del 2019);

1.1. il primo motivo del ricorso denuncia, oltre ad una non adeguatamente specificata violazione della disciplina collettiva, una “omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo”, che sarebbe rappresentato dalle “differenti modalità di organizzazione dell’appalto del Comprensorio imperiese” rispetto a quello precedente in cui era stato impiegato il lavoratore, tale da configurare (non già un mero subentro in esso, ma) un nuovo appalto, così da rendere inapplicabile la clausola di salvaguardia occupazionale;

la censura, per come formulata, è inammissibile;

oltre a fare riferimento a vizi di insufficienza motivazionale non più sindacabili nel vigore della novellata formulazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., neanche rispetta gli enunciati posti nell’interpretazione di questa disposizione dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS. UU. nn. 8053 e 8054 del 2014; v. pure Cass. n. 2498 del 2015; Cass. n. 21439 del 2015); in particolare il motivo non contiene l’allegazione circa la decisività del fatto denunciato come controverso, nel senso della necessità di un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato a una diversa soluzione della vertenza (Cass. n. 18368 del 2013; Cass. n. 24092 del 2013; Cass. n. 21223 del 2018);

inoltre l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per i giudizi di appello instaurati dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, non può essere invocato, rispetto ad un appello promosso nella specie dopo la data sopra indicata (il richiamato D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter c.p.c., u.c., in base al quale il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021 del 2014); in questi casi il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774 del 2016, conf. Cass. n. 20944 del 2019), mentre nella specie la società nulla ha specificamente dedotto rispetto alla sentenza impugnata che, in questa parte, ha confermato il giudizio di prime cure;

1.2. parimenti inammissibile il secondo mezzo con cui si deduce ancora “omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione” (con le stesse lacune ravvisate nel precedente motivo) ma anche violazione e falsa applicazione della disciplina collettiva e dell'”obbligo ex art. 31 C.S.A…. correttamente assolto”, sul rilievo dell’obbligo minimo di assunzione di 123 unità lavorative, avendone la ricorrente assunto 150;

invero, come già ritenuto da Cass. n. 8592 e 8593 del 2019, non può essere dedotta la violazione di norma di diritto, quale error in iudicando, in riferimento al contratto speciale di appalto, che non ha natura normativa ma negoziale, in quanto predisposto da un ente diverso dallo Stato; sicché la sua interpretazione compete al giudice di merito ed è censurabile in cassazione solo per la violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, qui neanche prospettata, ovvero per vizi di motivazione (Cass. n. 15057 del 2001; Cass. n. 13229 del 2011), ma anche in questo caso non è configurabile una censura che sia prospettata come motivazione insufficiente rispetto al novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

1.3. il terzo motivo denuncia, oltre la consueta “omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione”, anche la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del CCNL Fise Assoambiente per erronea interpretazione circa la procedura in esso prevista per l’avvicendamento nella gestione dell’appalto o dell’affidamento di servizi;

esso è inammissibile perché nell’illustrazione del motivo non si specifica se il contratto collettivo nazionale posto a fondamento del motivo sia stato prodotto integralmente (cfr. Cass. SS.UU. n. 20075 del 2010) e l’avvenuta sua produzione e la sede in cui quel documento sia rinvenibile (Cass. SS.UU. n. 25038 del 20.13; Cass., SS. UU. n. 7161 del 2010; conformi: Cass. nn. 17602 del 2011 e n. 124 del 2013);

1.4. il quarto motivo denuncia ancora violazione della disciplina collettiva, senza indicare dove sia stata prodotta integralmente, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su una questione decisiva della controversia, individuata nella “inapplicabilità di un CCNL diverso da quello Fise Assoambiente”;

con il quinto la società ricorrente deduce sempre omessa e insufficiente motivazione su questione decisiva, in questo caso lamentando l’inammissibilità e l’infondatezza della domanda del lavoratore di pagamento delle retribuzioni maturate e maturande sino alla formale assunzione e del risarcimento del danno per “carenza probatoria”, anche tali censure sono inammissibili per inconfigurabilità del vizio come denunciato, alla luce del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in difetto di allegazione di un fatto storico di cui sia stato omesso l’esame, con palese superamento dei limiti imposti dalle Sezioni unite di questa Corte che ha rigorosamente interpretato detta disposizione e di cui parte ricorrente non tiene alcun conto (Cass. SS.UU. n. 8053 e 8054 del 2014), tanto più in una ipotesi di cd. “doppia conforme” in cui il n. 5 dell’art. 360 c.p.c. neanche può essere evocato;

2. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;

a norma del D.P.R. n. 113 del 2002, art. 133 poiché il controricorrente, come dallo stesso documentato, è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato con Delib. Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Genova 12 luglio 2018, la condanna alle spese della parte soccombente va fatta in favore dello Stato;

occorre altresì dare atto poi della sussistenza, per la ricorrente, dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore dello Stato, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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