Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3407 del 22/02/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3407 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: NAPPI ANIELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Andrea Renzi e Aldo Renzi, domiciliati in Roma,
viale delle Milizie 48, presso l’avv. Francesco
Corvasce, rappresentati e difesi dall’avv. Piero
Novelli, come da mandato in calce al ricorso
– ricorrente Contro
Cassa
Cassa di risparmio di Ascoli Piceno
– intimato avverso

Data pubblicazione: 22/02/2016

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la sentenza n. 717/2011 della Corte d’appello di
Ancona, depositata il 24 settembre 2041.
Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott.
Aniello Nappi
udito ii difensore delegato per i ricorrenti, avv.

Udite le conclusioni del P.M., dr.

Federico

Sorrentino, che ha chiesto il rigetto del ricorso
Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di
Ancona, in parziale riforma della decisione di
primo grado, ridusse l’importo degli interessi
computabili sul credito di £. 460.144.876
riconosciuto alla Cassa di risparmio di Ascoli
Piceno nei confronti di Andrea Renzi e Aldo Renzi,
quali fideiussori della Nuova Rossella s.r.1.,
ritenendo accertata sulla base della documentazione
esibita la sorte capitale.
Contro la sentenza d’appello hanno proposto ricorso
per cassazione Andrea Renzi e Aldo Renzi, deducendo
cinque motivi d’impugnazione. Non ha spiegato
difese la Cassa di risparmio di Ascoli Piceno.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono vizi
di motivazione della decisione impugnata, lamentan-

Amitrano

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do che i giudici del merito abbiano concordemente
ritenuto accertato in £. 460.144.876 il saldo del
conto anticipi su estero, senza considerare che tale saldo era stato contestato con telex del 23 marzo 1993.

attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata sulla base del rilievo che
l’estratto conto finale del febbraio 1993 era riassuntivo di estratti comunicati nel 1992 e non contestati.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 1832 c.c.,
lamentando che i giudici del merito abbiano ritenuto provati per non contestazione i crediti vantati
dalla banca per anticipi, ma senza considerare che
la mancata contestazione non estende la sua efficacia alla validità dei titoli giustificativi delle
annotazioni.
Il motivo è inammissibile per mancanza di specificità.
Non v’è dubbio, infatti, che, come deducono i ricorrenti, «ai sensi dell’art. 1832 c.c., la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa
implicita approvazione delle operazioni in esso an-

Il motivo è inammissibile, perché propone censure

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notate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la
verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate, ma non impediscono la formulazione
di censure concernenti la validità ed efficacia dei

26 maggio 2011, n. 11626, m. 618130). Tuttavia i
ricorrenti non propongono alcuna eccezione di invalidità o inefficacia dei titoli giustificativi delle annotazioni, ma si limitano a contestarne la
prova, mentre secondo la giurisprudenza, poiché
«gli estratti non contestati si presumono conformi
alle disposizioni impartite dal correntista, su
questi grava l’onere di provare l’esistenza di fatti, non necessariamente negativi ma anche positivi,
diversi e contrari rispetto al contenuto delle annotazioni» (Cass., sez. I, 14 febbraio 2011, n.
3574, m. 616640).
3. Con il terzo e il quarto motivo i ricorrenti lamentano omessa o comunque insufficiente motivazione
della decisione impugnata in ordine al motivo
d’appello con il quale avevano censurato la sentenza del tribunale per avere ritenuto provata
l’esistenza di un pegno su libretti di risparmio
della società per quaranta milioni di lire, che sa-

rapporti obbligatori sottostanti» (Cass., sez. I,

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rebbero stati vincolati a garanzia di un debito del
socio Alvaro Renzi. Sostengono che, non avendo la
banca provata l’esistenza del pegno, l’importo di
quei libretti, incamerati dalla banca, doveva essere detratto dal credito vantato nei confronti della

violazione dell’art. 2800 c.c. il pegno è stato ritenuto esistente benché non costituito con atto
scritto.
I motivi sono infondati.
Come risulta dallo stesso ricorso e dalla documentazione in esso trascritta, il tribunale aveva ritenuto provata l’esistenza del pegno sulla base di
una lettera inviata alla banca da Alvaro Renzi, che
aveva fatto riferimento esplicito alla «garanzia
costituita dai libretti a risparmio».
Contro questa decisione Andrea Renzi e Aldo Renzi
avevano dedotto in appello che la prova del pegno
non poteva essere desunta da un documento proveniente dal debitore Alvaro Renzi anziché dal terzo
datore della garanzia, titolare dei libretti costituiti in pegno.
Questo motivo d’appello era però inammissibile perché non coglieva la effettiva ratio decidendi della

decisione impugnata, che non aveva indicato le let-

società e dei suoi fideiussori. E aggiungono che in

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tere come documentazione della costituzione del pegno bensì solo della prova della sua costituzione
da parte della società.
Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti,
la costituzione del pegno non richiede la forma

dall’art. 2787, terzo comma c.c. ai soli fini della
prelazione del creditore pignoratizio sulla cosa
oggetto della garanzia, mentre la convenzione costitutiva del pegno si perfeziona, ai sensi
dell’art. 2786 c.c., con la consegna della casa al
creditore» (Cass., sez. III, 26 gennaio 2010, n.
1526, m. 611419, Cass., sez. III, 5 settembre
2006, n. 19059, m. 593962). E «l’art 2800 c.c., il
quale condiziona l’esistenza della prelazione, nel
pegno di credito, alla notificazione della costituzione del pegno medesimo al debitore ovvero alla
sua accettazione con atto di data certa, non trova
applicazione nell’ipotesi del pegno di titoli di
credito, tanto regolare quanto irregolare, ove per
la costituzione del vincolo pignoratizio sono sufficienti, ai sensi degli artt.1997 e 2786 c.c., la
consegna del titolo (nella specie, certificato di
deposito al portatore) al creditore pignoratizio ed
il correlativo spossessamento del debitore» (Cass.,

scritta, perché «la forma scritta è prevista

sez. I, 25 marzo 2009, n. 7214, m. 607386, Cass.,
sez. I, 11 novembre 1982, n. 5949, m. 423702, con
riferimento a libretto di risparmio).
Sicché non c’è alcuna violazione dell’art. 2800
c.c.; e l’inammissibilità dei motivi d’appello, che

III, 27 novembre 2014, n. 25209, m. 633287) rende
irrilevante i dedotti vizi di motivazione della decisione impugnata.
4. Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano
l’omessa pronuncia su un’eccezione di mancata decurtazione del credito della banca dell’importo di
dieci milioni di lire ricavato dalla vendita di alcuni beni mobili.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, perché i ricorrenti non hanno precisato in
quale atto del giudizio di primo grado fosse stata
formulata la richiesta di decurtazione del credito
della banca, quale fosse la vendita cui si riferiscono e quali i beni venduti. Si limitano a riproporre il laconico motivo d’appello, privo di qualsiasi indicazione specifica.
5. Si deve pertanto concludere con il rigetto del
ricorso. In mancanza di difese della banca intimata, non c’è pronuncia sulle spese.

è rilevabile d’ufficio da questa corte (Cass., sez.

8
P .Q .M.

La Corte rigetta il ricorso.

Roma, 9 febbraio 2016

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