Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34069 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 19/12/2019), n.34069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11941-2014 proposto da:

ASSOCIAZIONE SPORTIVA CULTURALE DILETTANTISTICA CJISELLE DANZA E

MUSICA, elettivamente domiciliato in FERMO CORSO CAVOUR 39, presso

lo studio dell’avvocato STEFANO CHIODINI, che lo rappresenta e

difende unicamente all’avvocato ALESSANDRO CHIODINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE CENTRALE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 27/2014 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA,

depositata il 04/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/07/2019 dal Consigliere Dott.ssa CORRADINI GRAZIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 300/3/2012 la Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno rigettava il ricorso presentato dalla Associazione Sportiva Culturale Dilettantistica (A.S.C.D.) Giselle Danza e Musica contro l’avviso di accertamento n. TO (OMISSIS) emesso dalla Agenzia delle Entrate – Ufficio Controlli di di Fermo ai fini IVA e IRAP per l’anno di imposta 2006, con cui, a seguito di processo verbale di constatazione redatto in data 27.5.2010 dai funzionari della Agenzia, era stata disconosciuta, ai fini fiscali, la qualifica di associazione sportiva dilettantistica, in considerazione delle gravi irregolarità sostanziali rilevate in sede di accesso.

La Commissione Tributaria Provinciale riteneva che la Associazione Sportiva Dilettantistica non avesse offerto alcuna prova idonea a dimostrare, in contrasto con quanto emerso in sede di verifica fiscale, di avere svolto una sostanziale attività istituzionale dilettantistica a favore dei propri iscritti.

La Commissione Tributaria Regionale delle Marche, investita dall’appello della A.S.C.D. che lamentava la illegittima applicazione della normativa di riferimento, trattandosi di violazioni meramente formali, con sentenza n. 27/2/2014, depositata in data 4.2.2014, lo rigettava e condannava l’appellante alle spese, rilevando che le gravi irregolarità commesse dalla Associazione ricorrente, riscontrate in sede di verifica con riguardo al mancato rispetto, in termini sostanziali, delle clausole statutarie durante lo svolgimento della vita associativa, alle irregolarità contabili evidenziate ed alla violazione di alcune delle formalità fissate dalla normativa fiscale ed in particolare dalla L. n. 398 del 1991, art. 2 e dalla L. n. 289 del 2002, art. 90, in relazione alla inosservanza dei principi di democrazia interna e di trasparenza ed alla mancata esibizione del libro dei soci e delle singole schede di adesione, inducevano a ritenere che la Associazione avesse natura commerciale con esclusiva finalità di lucro, poichè svolgeva iniziative indirizzate non già ai soci bensì a chiunque, come risultava dal Regolamento pubblicato sul sito internet della Associazione e dai corrispettivi differenziati che la Associazione chiedeva in relazione al numero di lezioni impartite ai singoli soggetti ed ai giorni di partecipazione.

Contro la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione la Associazione con atto notificato in data 2 maggio 2014, affidato ad un unico motivo.

L’intimata ha presentato una memoria difensiva.

Essendo nelle more cessato il mandato al precedente difensore della ricorrente, si è costituito, con comparsa pervenuta l’11 luglio 2019, in vista della odierna adunanza camerale, specificamente richiamata, il nuovo difensore, Avv. Stefano Chiodini, che ha depositato altresì procura speciale del legale rappresentante della Associazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso la Associazione Sportiva Culturale Dilettantistica (A.S.C.D.) Giselle Danza e Musica lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti, poichè la ricorrente aveva richiesto la testimonianza diretta di tutti i soci ed aveva contestato i risultati delle testimonianze raccolte dai verificatori in sede di accesso, trattandosi di un campione non significativo, il che integrava, a suo avviso, un punto decisivo ed una grave mancanza della sentenza impugnata.

Il ricorso è inammissibile.

Nella specie è applicabile, ratione temporis (essendo stata la sentenza di appello pubblicata in data 4.2.2014), l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella riformulazione disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha modificato la disposizione previgente nel senso che il vizio denunciabile per cassazione è quello di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

In base alla interpretazione della nuova disposizione offerta dalle Sezioni Unite di questa Corte, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (v. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830 – 01).

Tale autorevole interpretazione è stata recepita anche dalle successive pronunce delle sezioni semplici di questa Code che hanno precisato che il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5) presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (v., per tutte, Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017 Rv. 645828 01)

Orbene, nella specie la ricorrente utilizza confusamente le espressioni “fatto” e “punto” e sostiene (pagg. 4 e 5 del ricorso per cassazione), che il “punto” decisivo erroneamente valutato dalla sentenza impugnata concernerebbe la erronea valutazione delle dichiarazioni rese ai verificatori dai soci presenti in sede di accesso (in merito al mancato rispetto della regola della democraticità interna) e la richiesta di testimonianza diretta di tutti i soci che avrebbe formulato nel giudizio di merito. Per la sussistenza del vizio invocato occorre però il riferimento ad “un fatto storico, principale o secondario, controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive, che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (v., per tutte, Sez. 1 -, Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018 (Rv. 651305 – 01). In particolare, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018 Rv. 651028 – 01).

In ogni caso la deduzione della ricorrente è completamente aspecifica poichè non indica in quale atto del giudizio di merito avrebbe formulato la richiesta di ammissione della prova testimoniale e censurato la valutazione delle risultanze della verifica fiscale in ordine alle dichiarazioni rese dai soci rinvenuti dai verificatori nella sede sociale. Qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa o erronea valutazione di prove documentali ovvero violazioni concernenti le ammissioni delle prove, per il principio di autosufficienza ha infatti l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione(v., per tutte, Cass. Sez. 5 n. 13625 del 21/05/2019 Rv. 653996 – 01); il che nella specie non è avvenuto poichè la Associazione ricorrente si è limitata a sostenere il difetto di motivazione sulla istanza di ammissione di un mezzo istruttorio, senza peraltro farsi alcun carico della circostanza che la prova testimoniale non è ammessa nel processo tributario a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e che non si era comunque in presenza di un fatto, nel senso di evento naturalistico, in base alla interpretazione della espressione “fatto” fornita dalla giurisprudenza consolidata, bensì di questioni di valutazione e di mancata ammissione di prove che non hanno alcuna attinenza con il vizio dedotto dalla ricorrente, essendo del tutto eccentriche rispetto alla previsione normativa invocata che legittima solo la censura per l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, non essendo invece più consentita la formulazione di censure per il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione (v., da ultimo, Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019 Rv. 652549 – 02).

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Anche le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente. Sussistono infine i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis e comma 1 quater, essendo stato il ricorso notificato il 12 luglio 2018.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito. Dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis e comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 19 dicembre 2019

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