Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3406 del 13/02/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 3406 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso 21164-2015 proposto da:
GALEOTTI GRAZIANO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA CARLO ALBERTO RACCHIA 2, presso lo studio
dell’avvocato ANNA CHILESE, rappresentato e difeso
dall’avvocato MARCO MILANI giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente contro

2017
1869

BANCA DI IMOLA SPA

in persona del legale

rappresentante pro tempore Rag. SERGIO ZAVATTI,
considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata
e difesa dagli avvocati SILVIA PEGGI, LETIZIA FOLLI

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Data pubblicazione: 13/02/2018

giusta procura in calce al controricorso;
controricorrente

avverso la sentenza n. 1563/2014 della CORTE
D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 24/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

ALESSANDRO SCARANO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
ALBERTO CARDINO che ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso;

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consiglio del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. del 24/6/2014 la Corte d’Appello
di Bologna ha respinto il gravame interposto dal sig. Graziano Galeotti nei
confronti della società Banca di Imola s.p.a. in relazione alla pronunzia Trib.
Bologna n. 2435 del 2012, di inammissibilità della querela di falso «avente
ad oggetto la fideiussione 17/4/2003» proposta in ragione dell’«abusivo

di sua moglie ( oggi separata ) Arianna Andreotti e del funzionario della banca
dott. Oriano Caroli», con «firma» di «modulo prestampato non …
compilato».
Avverso la suindicata decisione della corte di merito il Galeotti propone
ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Resiste con controricorso la società Banca di Imola s.p.a.
Con conclusioni scritte del 6/9/2017 il Procuratore Generale presso
questa Corte ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in
riferimento all’art. 360, 10 co. n. 3, c.p.c.
Il ricorso è inammissibile.
Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art.
366, 1° co. n. 6, c.p.c., atteso che il ricorrente pone a base della propria
doglianza atti e documenti del giudizio di merito [ in particolare, la «querela
di falso in via principale contro la Banca di Imola s.p.a.», il «contratto di
fideiussione sottoscritto in data 17.4.2003 … documento prodotto in copia
come doc. 3 da parte attrice e depositato in originale dalla Banca in corso di
causa», «tutti gli atti di causa», la sentenza del giudice di prime cure,
l’atto di «appello» ] limitandosi a meramente richiamarli, senza invero
debitamente ( per la parte strettamente d’interesse in questa sede ) riprodurli
nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni
necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza
dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta
presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da

3

riempimento di foglio in bianco» fuori «dei locali della banca, alla presenza

ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione ( anche ) dell’esatta
collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati
rispettivamente acquisiti o prodotti ( anche ) in sede di giudizio di legittimità
(v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007,
n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di
una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile ( cfr., da ultimo,

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle
chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa
Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare
il relativo fondamento ( v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n.
1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass.,
25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777 )
sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è
possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità
accesso agli atti del giudizio di merito ( v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass.,
25/8/2003, n. 12444; Cass., 1°/2/1995, n. 1161 ).
Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso- apodittiche, non
seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
E’ al riguardo appena il caso di osservare che ( anche ) ai fini della

censura di error in procedendo ex art. 112 c.p.c. i requisiti di formazione del
ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a
pena di inammissibilità del medesimo.
I requisiti di formazione del ricorso rilevano infatti ai fini della relativa
giuridica esistenza e conseguente ammissibilità, assumendo pregiudiziale e
prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che
in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso ( cfr.
Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n.
24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass.,
19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190;
Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n.
17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221 ).

4

Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 ).

Né può assumere in contrario rilievo la circostanza che la S.C. sia in tale
ipotesi ( anche ) “giudice del fatto”.
Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità il requisito
prescritto al n. 6 dell’art. 366 c.p.c. deve essere invero dal ricorrente
comunque rispettato nella redazione del ricorso per cassazione ( come
ripetutamente affermato in particolare con riferimento all’ipotesi

dell’error in

Cass., 17/1/2007, n. 978 ), giacché pur divenendo la Corte di legittimità
giudice anche del fatto (processuale), con potere-dovere di procedere
direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali, preliminare
ad ogni altra questione si prospetta invero quella concernente l’ammissibilità
del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza
che solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diviene
possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicché esclusivamente
nell’ambito di quest’ultima valutazione la Corte Suprema di Cassazione può e
deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti
processuali (v. Cass., 23/1/2006, n. 1221, e, conformemente, Cass.,
13/3/2007, n. 5836; Cass., 17/1/2012, n. 539, Cass., 20/7/2012, n. 12664,
nonché, da ultimo, Cass., 24/3/2016, n. 5934 e Cass., 25/9/2017, n. 22333 ).
A tale stregua, l’accertamento in fatto e le relative valutazioni operate
dalla corte di merito nell’impugnata sentenza ( secondo cui «Nella fattispecie
in esame non si discute dell’abusivo riempimento di un semplice foglio firmato
in bianco, ma del completamento in un modulo prestampato di fideiussione
bancaria, dal quale è chiaramente evincibile il contenuto dell’obbligazione
assunta. Peraltro lo stesso Galeotti riconosce di essere consapevole del fatto
che stava firmando una garanzia personale per la società Andreotti e Figli snc,
con ciò riconoscendo quindi la sussistenza di un accordo di riempimento per la
parte relativa al nominativo del debitore garantito. Secondo la tesi del Galeotti
non vi sarebbe stato accordo -ovvero autorizzazione- sull’importo della
fideiussione … Ed infatti Galeotti afferma … contraddittoriamente che l’importo
inserito nella fideiussione, segnatamente il limite massimo garantito, “non era
quello per il quale credeva di firmare”, senza però precisare quale fosse tale

5

procedendo ex art. 112 c.p.c.: cfr. Cass., Sez. Un., 14/5/2010, n. 11730;

importo. Ma così chiaramente riconoscendo che gli era stato indicato l’importo
che avrebbe dovuto essere inserito nella fideiussione, perché altrimenti
avrebbe affermato di non sapere quale importo o limite della fideiussione
sarebbe stato inserito nell’atto» ) rimangono invero non idoneamente
censurate dall’odierno ricorrente.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.200,00,
di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per
legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif.
dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per
il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello
stesso art. 13.

Roma, 4/10/2017

P.Q.M.

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