Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34055 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 19/12/2019), n.34055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4894/2013 R.G. proposto da:

V.M., elettivamente domiciliato in Roma, via G. Ferrari n.

11, presso lo studio dell’avv. Massimo Valenza, che lo rappresenta e

difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

Sezione staccata di Latina n. 351/40/12, depositata il 27 giugno

2012. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9

luglio 2019 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con la sentenza n. 351/40/12 del 27/06/2012, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 191/05/12 della Commissione tributaria provinciale di Latina (di seguito CTP), che aveva, a sua volta, accolto il ricorso proposto dal contribuente nei confronti di una cartella di pagamento concernente il recupero a tassazione di omessi versamenti relativi all’anno 2004;

1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR: a) la cartella di pagamento era stata emessa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis, per IRPEF, IRAP ed IVA relative all’anno 2004; b) la CTP accoglieva il ricorso del contribuente, annullando la cartella; c) la sentenza della CTP era appellata dall’Agenzia delle entrate;

1.2. su queste premesse, la CTR accoglieva l’appello sul presupposto della legittimità della pretesa dell’Ufficio, scaturita dall’omesso versamento di imposte dichiarate dallo stesso contribuente, e della incidenza del mancato invio della comunicazione di irregolarità (ove omessa) sulle sole sanzioni;

2. V. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

3. l’Agenzia delle entrate depositava atto di costituzione ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso V.M. deduce la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 22 e 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando l’ammissibilità dell’appello in ragione della propria mancata costituzione in giudizio e della mancanza dell’attestazione, da parte dell’appellante, della conformità dell’atto depositato presso la segreteria a quello spedito in quanto notificato a mezzo del servizio postale;

2. il motivo è fondato;

2.1. secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte, cui si intende dare continuità, “il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3, va interpretato nel senso che costituisce causa di inammissibilità del ricorso o dell’appello non la mancanza di attestazione, da parte del ricorrente, della conformità tra l’atto depositato e quello notificato, ma solo la loro effettiva difformità, accertabile d’ufficio in caso di omissione dell’attestazione. Tuttavia, se la controparte è rimasta contumace, con conseguente impossibilità del giudice di esercitare il diretto raffronto, si impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, perchè la soluzione contraria priverebbe di qualunque reale funzione la prescritta formalità di attestazione gravante sul ricorrente, senza possibilità di ricorso alla verifica officiosa degli atti da parte del giudice” (Cass. n. 6677 del 15/03/2017; conf. Cass. n. 11637 del 11/05/2017; Cass. n. 1174 del 22/01/2010; Cass. n. 4615 del 22/02/2008; contra Cass. n. 6780 del 20/03/2009, rimasta isolata);

2.2. nel caso di specie, dall’esame degli atti di causa, ammissibile in ragione della natura processuale del vizio dedotto, si evince che la copia dell’appello depositata in segreteria non reca in calce l’attestazione di conformità a quella spedita a mezzo del servizio postale, con conseguente declaratoria di inammissibilità dell’appello;

3. con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, evidenziandosi che: a) la sentenza impugnata avrebbe motivato per relationem al contenuto dell’atto di appello, senza indicazione delle ragioni del proprio convincimento o del percorso logico-giuridico seguito; b) non vi è prova dell’invio della comunicazione di irregolarità, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR;

4. in ragione dell’accoglimento del primo motivo, il secondo motivo resta assorbito;

5. in conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto, con assorbimento del secondo motivo e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio in ragione dell’inammissibilità dell’appello;

5.1. in virtù del principio di soccombenza, l’Agenzia delle entrate va condannata al pagamento, in favore di V.M., delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo, avuto conto di un valore della lite 24.012,87;

5.2. nulla per le spese relative al giudizio di appello in ragione della mancata costituzione in quel giudizio dell’odierno ricorrente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa senza rinvio la sentenza impugnata; condanna la resistente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del quindici per cento e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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