Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3405 del 13/02/2018
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3405 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO
ORDINANZA
sul ricorso 5017-2015 proposto da:
PANETTA SANTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TUSCOLANA 339, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO
GIOVANFORTE, che la rappresenta e difende giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
BANCA INTESA SANPAOLO SPA , in persona del dott.
TEODOLFO GALLUCCI, elettivamente domiciliata in ROMA,
LARGO DI TORRE ARGENTINA N.11, presso lo studio
dell’avvocato DARIO MARTELLA, rappresentata e difesa
dall’avvocato RICCARDO RUSCONI giusta procura a
margine del controricorso;
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Data pubblicazione: 13/02/2018
- con troricorrente avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 25/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO;
in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
ALBERTO CARDINO che ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso;
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lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza del 16/9/2014 la Corte d’Appello di Milano ha dichiarato
inammissibile ex art. 348 bis e ter c.p.c. il gravame interposto dalla sig. Santa
Panetta in relazione alla pronunzia Trib. Milano 24/12/2013, di accoglimento
della domanda in origine nei suoi confronti nnonitoriamente azionata dalla
società Intesa Sanpaolo s.p.a. di pagamento della somma corrispondente: a) al
Co.S.Fa. di Panetta Vincenzo & C. s.n.c. ( società fallita ); b) al debito residuo
di tale società per finanziamenti contro cessione pro so/vendo di crediti verso
terzi.
Avverso i suindicati provvedimenti la Panetta propone ora ricorso per
cassazione, affidato ad unico motivo.
Resiste con controricorso la società Intesa Sanpaolo s.p.a.
Con conclusioni scritte del 6/9/2017 il Procuratore Generale presso
questa Corte ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo la ricorrente denunzia «violazione e falsa
applicazione» degli artt. 214, 217 c.p.c., 2733, 2735 c.c., in riferimento
all’art. 360, 1° co. nn. 3 e 5, c.p.c.
Il ricorso è inammissibile.
Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art.
366, 1° co. n. 6, c.p.c., atteso che la ricorrente fa riferimento ad atti e
documenti del giudizio di merito [ in particolare, la sentenza del giudice di
prime cure, l’atto di appello, la «fideiussione del 11.5.2006 (doc. 14 fascicolo
monitorio)», la «lettera del 22.11.2010», la «dichiarazione del sig.
Fabrizio Panetta>>, le «note critiche depositate … avverso la CTU grafica»,
la «CTU Dott.ssa Annamaria Bellotti», la «formulazione dei capitoli di
prova», le «prove testimoniali dedotte dall’opponente» ] limitandosi a
meramente richiamarli, senza invero debitamente ( per la parte strettamente
d’interesse in questa sede ) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti,
senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione
con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla
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saldo passivo di conto corrente acceso il 30/5/2005 dalla società Impresa Edile
documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di
renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con
precisazione ( anche ) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello
di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti ( anche ) in
sede di giudizio di legittimità ( v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass.,
12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass.,
rendendo il ricorso inammissibile ( cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016,
n. 7701 ).
A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle
chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte
nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il
relativo fondamento ( v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n.
1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass.,
25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777 )
sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è
possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità
accesso agli atti del giudizio di merito ( v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass.,
25/8/2003, n. 12444; Cass., 1°/2/1995, n. 1161 ).
Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso- apodittiche, non
seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
Deve altresì osservarsi che il vizio di motivazione risulta nel caso
inammissibilmente dedotto al di là dei limiti consentiti dalla vigente
formulazione dell’art. 360, 1° co. n. 5, c.p.c. ( v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n.
8053 ), nel caso
ratione temporis
applicabile, il vizio di motivazione
denunciabile con ricorso per cassazione sostanziandosi nel mero omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione
tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storicofenomenica, e non anche -giusta quanto viceversa adombrato dall’odierna
ricorrente- l’omesso e
a fortiori
l’erronea valutazione delle emergenze
probatorie, essendo sufficiente che come nella specie il fatto sia stato
esaminato, senza che sia necessario dare conto di tutte le risultanze probatorie
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6/11/2012, n. 19157 ), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni
emerse all’esito dell’istruttoria come astrattamente rilevanti (cfr. Cass., Sez.
Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312), giacché il
vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di
riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro
10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed
accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif.
dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per
il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13.
Roma, 4/10/2017
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento