Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3405 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. I, 11/02/2011, (ud. 21/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Alumix s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa in persona del

commissario liquidatore, elettivamente domiciliata in Roma, via delle

Tre Madonne 8, presso l’avv. Marazza Maurizio, che la rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.F., elettivamente domiciliato in Roma, via Flaminia

167, presso l’avv. Giorgi Filippo Maria, che lo rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 776/05 del

21.2.2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21.1.2011 dal Relatore Cons. dott. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. Narcisi su delega per G.;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Ciccolo Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 21.2.2005 la Corte di Appello di Roma confermava la decisione con la quale il giudice di primo grado, giudicando in sede di opposizione allo stato passivo della Alumix s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, aveva riconosciuto a G.F., nella sua qualità di dirigente, l’indennità supplementare di fine rapporto, pari a L. 117.202.312, oltre interessi.

La Corte territoriale riteneva infatti corretta l’interpretazione del tribunale, secondo cui l’accordo intersindacale di settore del 3.10.1989, poi riprodotto nel successivo accordo del 27.4.1995, dovesse essere applicato non solo nel caso di licenziamento del dipendente ma anche nell’ipotesi di anticipato pensionamento volontario, e confermava inoltre la correttezza del computo degli interessi.

Avverso la decisione Alumix proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resisteva G. con controricorso, poi illustrato da memoria.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 21.1.2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di impugnazione la ricorrente ha rispettivamente denunciato: 1) nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 e segg. c.p.c., sotto il profilo del contrasto tra motivazione e dispositivo, emergente dal fatto che appellante e appellato erano stati rispettivamente indicati in Alumix e G., mentre nel dispositivo erano stati stabiliti il rigetto dell’appello proposto da G.F. e la conseguente condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali dell’appellata Alumix;

2) violazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg.

c.c. e vizio di motivazione, con riferimento al contenuto dei citati accordi collettivi del 3.10.1989 e del 27.4.1995, che avrebbe viceversa deposto nel senso della inapplicabilità del beneficio del riconoscimento dell’indennità supplementare al trattamento di fine rapporto oggetto di controversia, nell’ipotesi di licenziamento volontario del dirigente. La detta inapplicabilità sarebbe stata infatti desumibile dalla formulazione letterale del testo, dalla necessità di interpretare le singole clausole le une per mezzo delle altre, dalla corretta applicazione del principio di conservazione per il quale, nel dubbio, le clausole devono essere interpretate nel senso in cui possano avere qualche effetto, e ciò con riferimento all’espressione contenuta nel comma 6 che delimitava l’ambito della risoluzione nei termini indicati nell’accordo, così implicitamente escludendo ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro diverse dal licenziamento.

Il ricorso è infondato.

Al riguardo si rileva infatti, quanto al primo motivo, che G. ha depositato documentazione comprovante la correzione dell’errore materiale della sentenza impugnata, disposto dalla Corte di Appello di Roma con ordinanza del 23.10.2006, e che comunque la denunciata nullità non sarebbe stata configurabile, potendo essa derivare da contraddizione insanabile fra motivazione e dispositivo, nella specie insussistente.

In ordine al secondo, occorre rilevare che la ricorrente si è doluta della pretesa violazione dei canoni ermeneutici normativamente stabiliti, sostenendo più precisamente che la corretta applicazione degli artt. 1362, 1363, 1367 avrebbe dovuto comportare un differente esito della lite. Tuttavia, al di là della mancata condivisione dell’interpretazione data dal giudice del merito, la Alumix non ha indicato le ragioni per le quali la difforme valutazione del giudice del merito sarebbe errata.

Per di più la medesima questione è stata già più volte affrontata da questa Corte che, con una pluralità di decisioni alle cui motivazioni si rinvia, si è reiteratamente espressa in senso conforme al contenuto della sentenza oggetto di esame (C. 09/20042, C 09/18596, C. 09/18550, C. 09/1880, C. 07/17079, C. 07/4269, C. 07/4143).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre alle spese generali a agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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