Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34039 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. II, 19/12/2019, (ud. 08/11/2019, dep. 19/12/2019), n.34039

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25398/2016 proposto da:

T.B., rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANO PILO;

– ricorrente –

e contro

ASL (OMISSIS) SASSARI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 121/2016 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

sez. dist. di SASSARI, depositata il 18/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

T.B. ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 121/2016 della Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, depositata il 18 marzo 2016.

L’intimata ASL (OMISSIS) di Sassari non ha svolto attività difensive.

La Corte d’appello di Sassari ha respinto l’impugnazione avanzata da T.B. contro la pronuncia resa in primo grado in data 17 marzo 2015 dal Tribunale di Sassari.

T.B., responsabile della casa di riposo (OMISSIS), aveva proposto opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione emessa il 26 settembre 2012 dalla ASL (OMISSIS) di Sassari, in relazione al D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 193, art. 6, comma 3. Tale disposizione sanziona chi, salvo che il fatto costituisca reato, nei limiti di applicabilità del regolamento (CE) n. 852/2004 ed essendovi tenuto, non effettua la notifica all’Autorità competente di ogni stabilimento posto sotto il suo controllo che esegua una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti, ovvero le effettua quando la registrazione è sospesa o revocata. Il Tribunale ritenne soggette a tali obblighi di notifica anche le mense e case di riposo, in quanto effettuino la ristorazione.

La Corte d’appello ha quindi messo in evidenza come, dal verbale di contestazione del 30 marzo 2011, risultassero gli esiti dell’accertamento eseguito dai NAS il 15 marzo 2011, allorchè venne verificata presso la casa di riposo (OMISSIS) la presenza di una cucina attrezzata per preparare i pasti da somministrare agli ospiti della struttura, nonchè di un frigorifero contenente oltre dieci kg di carni varie ed alimenti già cotti. Ad avviso dei giudici di secondo grado, allorchè la (OMISSIS) aveva intrapreso l’attività di trasformazione e distribuzione dei prodotti alimentari da destinare agli ospiti della struttura, essa avrebbe dovuto darne comunicazione all’ASL. La Corte di Sassari ha evidenziato come la casa di riposo (OMISSIS) prevedesse una retta a carico degli ospiti, comprensiva anche del pagamento dei pasti somministrati, pasti trasformati e distribuiti quotidianamente, al di fuori, perciò, dall’ambito strettamente domestico privato, ipotesi esonerata dall’obbligo di notificazione. La sentenza impugnata ha infine escluso l’ignoranza incolpevole di T.B., avendo la stessa sostenuto di aver iniziato da pochi mesi a preparare i pasti nella propria cucina, giacchè in precedenza si era avvalsa di un servizio esterno di catering.

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c..

I. Il primo motivo di ricorso di T.B. deduce la violazione dell’art. 1, comma 2, lett. b, del Regolamento CE 852/2004, svolgendosi presso la casa di riposo (OMISSIS) una attività di natura residenziale e domestica.

Il secondo motivo di ricorso di T.B. deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 193 del 2007, art. 6 e del Regolamento CE 852/2004, trattandosi, nella specie, di attività ricettiva socio-assistenziale, ovvero di una casa di riposo per anziani, sicchè il nulla osta igienico sanitario conseguito doveva intendersi comprensivo dell’autorizzazione alla attività di somministrazione e manipolazione di alimenti. Viene altresì invocata la normativa regolamentare della Regione Sardegna (Regolamento n. 4/2008) che smentisce la qualificazione della causa di cura come operatore del settore alimentare.

Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, essendo T.B. incorsa in errore scusabile sulla base dell’accordo del 9 febbraio 2006 stipulato tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, con cui si esoneravano dalla notifica prevista dal Regolamento CE 852/2004 le attività già in possesso di nulla osta sanitario.

I.1. I tre motivi di ricorso, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente. Le censure denotano comuni profili di inammissibilità e si rivelano comunque infondate.

Vengono innanzi tutto dedotte questioni nuove, di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, quali il disposto del Regolamento Regione Sardegna 22 luglio 2008, n. 4, in tema di organizzazione e funzionamento delle strutture sociali, istituti di partecipazione e concertazione, ovvero il contenuto delle “Linee guida applicative del regolamento n. 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari”, in base all’accordo del 9 febbraio 2006 intervenuto fra il Ministero della salute, le Regioni e le Province autonome (il quale accordo, in realtà, precisava che nel riconoscere gli stabilimenti già in possesso di autorizzazione sanitaria ai sensi della L. n. 83 del 1962, art. 2, l’autorità competente dovesse soltanto tener conto delle informazioni e dei dati già in suo possesso). Tali questioni postulano comunque indagini ed accertamenti non compiuti dai giudici di merito e non eseguibili nel procedimento di cassazione mediante diretto accesso agli atti. Il ricorrente per cassazione, che, come nella specie, proponga questioni che implicano accertamenti di fatto e delle quali non si faccia menzione alcuna nella sentenza impugnata, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, agli effetti dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, non solo di allegare l’avvenuta tempestiva deduzione delle questioni dinanzi al giudice di merito, nel rispetto dei termini di operatività delle preclusioni relative al “thema decidendum”, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto (e cioè di specificare il “dato”, testuale o extratestuale, da cui essa risulti devoluta, nonchè il “come” e il “quando” tali questioni siano stata oggetto di discussione processuale tra le parti), onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito le questioni stesse. La tempestiva allegazione di tali questioni in sede di opposizione ad ordinanza ingiunzione, e la loro specifica devoluzione in sede di gravame dinanzi alla Corte di Sassari, avrebbero consentito alla ricorrente di proporre al riguardo ricorso per cassazione invocando il vizio di omesso esame di fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, o di omessa pronuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla mancata statuizione su di esse da parte del giudice di appello. La ricorrente ha invece riferito i propri motivi di impugnazione soltanto al parametro della violazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, pur in sostanza lamentando un’erronea ricostruzione della fattispecie concreta imputabile alla Corte d’appello, dovuta alla cattiva valutazione delle risultanze probatorie.

La decisione della Corte di Sassari risulta comunque immune dai vizi di diritto denunciati.

Come visto, il D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 193, art. 6, comma 3, sanziona in via amministrativa chiunque, nei limiti di applicabilità del regolamento (CE) n. 852/2004 ed essendovi tenuto, non effettua la notifica all’Autorità competente di ogni stabilimento posto sotto il suo controllo che esegua una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti.

Il Regolamento CE del 29 aprile 2004, n. 852, stabilisce norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari destinate agli operatori del settore alimentare, non trovando applicazione unicamente nelle ipotesi di produzione primaria per uso domestico privato; di preparazione, manipolazione e conservazione di alimenti destinati al consumo domestico privato; di fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali che forniscono direttamente il consumatore finale; di centri di raccolta e concerie che rientrano nella definizione di impresa del settore alimentare solo perchè trattano materie prime per la produzione di gelatina o di collagene. L’art. 6 del Regolamento impone ad ogni operatore del settore alimentare di notificare all’autorità competente, secondo le modalità prescritte dalla stessa, ciascuno stabilimento posto sotto il suo controllo che esegua una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti ai fini della registrazione del suddetto stabilimento. Gli operatori del settore alimentare devono altresì fare in modo che l’autorità competente disponga costantemente di informazioni aggiornate sugli stabilimenti, notificandole, tra l’altro, qualsivoglia cambiamento significativo di attività nonchè ogni chiusura di stabilimenti esistenti.

Devono perciò considerarsi operatori del settore alimentari, in quanto esercenti attività soggette a registrazione ai sensi dell’art. 6 del Regolamento CE n. 852/2004, e perciò vincolati all’effettuazione della notifica sanitaria D.Lgs. n. 193 del 2007, ex art. 6, comma 3, non soltanto le strutture di ristorazione che si svolgono in pubblici esercizi e che sono rivolte ad un consumatore indifferenziato, ma anche le strutture di ristorazione che sono destinate ad un consumatore finale identificabile, quali, come nella specie, le mense di comunità religiose, gli ospedali, le case di cura o di riposo per anziani.

La Corte di appello ha poi ritenuto irrilevante, al fine di escludere la responsabilità della T., la circostanza di aver iniziato soltanto da pochi mesi a preparare i pasti nella cucina della comunità alloggio per anziani, ed ha escluso che la stessa, quale operatore qualificato, potesse aver ignorato la necessità di procedere alla notificazione. E’ conforme alla consolidata interpretazione di questa Corte l’affermazione per cui l’esimente della buona fede, applicabile anche all’illecito amministrativo disciplinato dalla L. n. 689 del 1981, rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa (al pari di quanto avviene per quella penale in materia di contravvenzioni) solo quando sussistano elementi positivi idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e risulti che il trasgressore abbia fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso. Peraltro, essendo sufficiente ad integrare l’elemento soggettivo della violazione amministrativa anche la semplice colpa L. n. 689 del 1981, ex art. 3, per negare la responsabilità dell’autore dell’infrazione non basta uno stato di ignoranza circa la sussistenza dei relativi presupposti, ma occorre che tale ignoranza sia incolpevole, cioè non superabile dall’interessato con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. Sez. 2, 31/07/2018, n. 20219; Cass. Sez. 2, 15/01/2018, n. 720; Cass. Sez. L, 12/07/2010, n. 16320; Cass. Sez. 2, 11/06/2007, n. 13610). D’altro canto, l’accertamento circa l’incolpevolezza dell’errore del trasgressore sulla liceità del fatto rientra nei poteri del giudice di merito, salvo il controllo in sede di legittimità sotto l’aspetto del vizio logico o giuridico di motivazione, nei limiti di cui al vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5

II. Consegue il rigetto del ricorso. Non occorre regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimata ASL (OMISSIS) di Sassari non ha svolto attività difensive.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto (essendo a tal fine irrilevante l’ammissione di T.B. in via provvisoria al patrocinio a spese dello Stato con Delib. 10 novembre 2016, dell’Ordine degli Avvocati di Sassari: cfr. Cass. Sez. 1, 05/04/2019, n. 9660; Cass. Sez. 3, 25/05/2018, n. 13055).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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