Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34035 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. II, 19/12/2019, (ud. 08/11/2019, dep. 19/12/2019), n.34035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22013/2016 proposto da:

D.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI, 52, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO TORCHIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO BERTEI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PRATO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI

40, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA CRESCI, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLA TOGNINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 391/2016 del TRIBUNALE di PRATO, depositata il

24/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

D.C. ha avanzato ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 391/2016 del Tribunale di Prato, depositata il 24 marzo 2016. Resiste con controricorso il Come di Prato.

D.C. propose opposizione contro l’ordinanza ingiunzione n. 150173 del 30 novembre 2011, emessa dal Comune di Prato, che le aveva intimato la sanzione amministrativa di Euro 5.263,60 per violazione della L.R. Toscana 7 febbraio 2005, n. 28, art. 43 e degli artt. 68-69 TULPS, avendo gestito attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, nonchè di spettacolo e di intrattenimento, in favore di non soci, senza essere in possesso della prevista autorizzazione amministrativa, giusta verbali di accertamento del 18 giugno 2010 redatti dalla Polizia Municipale di Prato. Il Giudice di pace Prato respinse l’opposizione. Il Tribunale di Prato ha poi rigettato l’appello formulato da D.C., negando rilievo alle doglianze di quest’ultima quanto alla mancata sottoscrizione dell’ordinanza ingiunzione ed all’omessa comunicazione del nominativo dell’avventore presente nel locale al momento dell’accertamento del 18 giugno 2010, il quale aveva rilasciato dichiarazioni agli agenti della Polizia Municipale di Prato, così come quanto alla motivazione dell’ordinanza ingiunzione ed alla valutazione dell’istruttoria ivi contenuta.

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c..

I.II primo motivo di ricorso di D.C. deduce la violazione o falsa o erronea applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., anche in relazione al D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 7, art. 24, lett. f, artt. 46 e 47, non avendo il Tribunale valutato il gravissimo vulnus al diritto di difesa subito dalla ricorrente a causa della mancata conoscenza del nominativo della persona che aveva reso dichiarazioni ai verbalizzanti, rimanendo soccombente, rispetto alle esigenze difensive dell’interessata, la tutela della riservatezza dell’informatore.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa o erronea applicazione dell’art. 2700 c.c. e la mancanza o vizio della motivazione, dovendosi negare che il verbale di accertamento fosse dotato di fidefacienza quanto ai fatti rilevanti per la contestata infrazione, trattandosi solo di indizi. Viene anche ripresa la doglianza sulla mancata indicazione nel verbale del nominativo della persona che rese sommarie informazioni agli agenti della Polizia Municipale di Prato.

Il terzo motivo di ricorso allega la violazione, o la falsa o erronea applicazione, dell’art. 311 c.p.c. e art. 183 c.p.c., comma 7, nonchè l’omessa o insufficiente motivazione, in ordine alla mancata ammissione dei mezzi di prova testimoniale articolati nell’atto di opposizione.

II. Si impone un rilievo pregiudiziale.

La ricorrente ha espressamente allegato che la sentenza impugnata, pubblicata il 24 marzo 2016, le è stata notificata il 23 giugno 2016, ma si è limitata a produrre una copia autentica della stessa, priva della relata di notificazione, in violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 1 e comma 2, n. 2. Il ricorso è stato poi notificato il 20 settembre 2016. Nè ha provveduto al deposito di copia della sentenza corredata della relata di notifica il controricorrente Comune di Prato, sicchè la stessa non risulta comunque acquisita nella disponibilità della Corte (Cass. Sez. U, 02/05/2017 n. 10648).

Il ricorso deve, perciò, essere dichiarato improcedibile, regolandosi le spese del giudizio di cassazione secondo soccombenza in favore del controricorrente

Sussistono l’presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto (essendo a tal fine irrilevante l’ammissione di D.C. in via provvisoria al patrocinio a spese dello Stato con Delib. 22 settembre 2016, dell’Ordine degli Avvocati di Prato: cfr. Cass. Sez. 1, 05/04/2019, n. 9660; Cass. Sez. 3, 25/05/2018, n. 13055).

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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