Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34032 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. II, 19/12/2019, (ud. 08/11/2019, dep. 19/12/2019), n.34032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20596/2016 proposto dal:

N.E., in proprio e quale legale rappresentante della

COMPAGNIA ITALIANA AUTOMOBILI s.p.a., rappresentati e difesi dagli

Avvocati GIOVANNI PIERI NERI e ROBERTO DELOGU, ed elettivamente

domiciliati presso lo studio del primo, in ROMA, VIA FABIO MASSIMO

95;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA di CAGLIARI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 81/2016 della CORTE di APPELLO di CAGLIARI,

pubblicata il 9/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/11/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

N.E., in proprio e quale legale rappresentante della COMPAGNIA ITALIANA AUTOMOBILI s.p.a. conveniva davanti al Tribunale di Cagliari la PROVINCIA di CAGLIARI esponendo che, a seguito di un’ispezione da parte di agenti del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Cagliari, erano rinvenute presso l’officina diverse tipologie di rifiuti e accertata l’incompletezza del registro di carico e scarico sia con riferimento a oli esausti (rifiuti pericolosi) che a pneumatici (rifiuti non pericolosi), con successiva contestazione della violazione dell’art. 190 del T.U. Ambientale. Chiedevano di dichiarare la nullità delle ordinanze ingiunzione emesse a seguito degli accertamenti, non sussistendo omissioni nelle annotazioni e, in subordine, che si riqualificassero le contestate violazioni nella fattispecie di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 5, con riduzione della sanzione al minimo edittale.

Si costituiva la Provincia di Cagliari chiedendo il rigetto dell’opposizione.

Con sentenza n. 1960/2013 del 19.6.2013 il Tribunale di Cagliari rigettava l’opposizione, ritenendo sussistente la fattispecie di omessa o incompleta tenuta del registro di carico e scarico.

Contro detta detta sentenza proponeva appello N.E. in proprio e nella qualità, lamentando l’insussistenza della violazioni sanzionate.

Si costituiva la Provincia di Cagliari chiedendo il rigetto del gravame.

Con sentenza n. 81/2016, depositata in data 9.2.2016, la Corte d’Appello di Cagliari rigettava l’appello condannando gli appellanti alle spese di lite.

Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione N.E. in proprio e quale legale rappresentante della Compagnia Italiana Automobili s.p.a. sulla base di due motivi, illustrati da memoria; l’intimata Provincia di Cagliari non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame delle dichiarazioni rese da P.A. e delle emergenze documentali”, sottilineando che 46 pneumatici (oggetto di accertamento) erano stati venduti dal 7 aprile al 17 aprile 2010, dieci giorni prima dell’intervento della Guardia di Finanza (in data 17.4.2010), per cui i 25 pneumatici rinvenuti erano il risultato di tale vendita, per le sostituzioni effettuate dall’officina. Il 17 aprile 2010 i 25 pneumatici potevano ancora essere tempestivamente annotati, come era effettivamente accaduto.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

1.2. – Costituisce principio consolidato di questa Corte che il novellato paradigma (nella nuova formulazione adottata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 9 febbraio 2016) consente (Cass. sez. un. 8053 del 2014) di denunciare in cassazione – oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, e cioè, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).

Nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente avrebbe dunque dovuto specificamente e contestualmente indicare oltre al “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).

Viceversa, nel motivo in esame, della enucleazione e della configurazione della sussistenza (e compresenza) di siffatti presupposti (sostanziali e non meramente formali), onde potersi ritualmente riferire al parametro di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non v’è alcuna idonea e spcifica indicazione. Laddove, poi, è inammissibile l’evocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per sostenere il mancato esamedi testi, di deduzioni istruttorie, di documenti, di eccezioni di nullità della sentenza non definitiva e degli atti conseguenti, di critiche rivolte agli elaborati peritali (ovvero di semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico), o per lamentarsi di una “motivazione non corretta” (Cass. n. 27415 del 2018, cit.); giacchè nel paradigma di cui al citato art. 360 c.p.c., n. 5 non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass. n. 26305 del 2018; con ciò rammentando, peraltro, che il termine per effettuare le annotazioni è di 10 giorni lavorativi ex art. 190, 1-quater, T.U. ambiente).

2. – Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 2, per avere la Corte territoriale, con riferimento all’olio esausto in contestazione, fatto malgoverno dei principi che disciplinano la tenuta dei registri di carico e scarico”, là dove, secondo i ricorrenti, nella fattispecie, si può parlare – nell’ambito di una corretta gestione dei rifiuti prodotti – di un errore meramente formale, per di più di lieve entità e per questo perseguibile con la sola sanzione attenuata di cui all’art. 258, comma 5, mentre la sanzione più grave deve colpire coloro che, dietro un’irregolare o omessa tenuta dei registri di carico e scarico, nascondono una gestione poco chiara.

2.1. – Il motivo è inammissibile.

2.2. – La Corte di merito ha ritenuto che la Compagnia Italiana Automobili s.p.a., lungi dall’aver riportato nel registro di carico e scarico un’indicazione “formalmente incompleta o inesatta”, nulla avesse annotato con riferimento ai 550 litri di olio esausto, incorrendo nella più grave violazione di cui all’art. 258, comma 2, che equipara l’incompleta tenuta all’omessa tenuta del suddetto registro.

La Corte ha, inoltre, richiamato il principio secondo cui l’obbligo di annotazione non può essere adempiuto con modalità diverse da quelle della registrazione, il cui rigore formale è correlato alla sua necessità di esecuzione nei tempi prefissati dall’art. 12 D.Lgs., con riferimento alle singole categorie di operatori.

Ne consegue, dunque, che il precetto da ultimo indicato non può ritenersi rispettato nei casi in cui la movimentazione dei rifiuti risulti da fonti diverse da quelle dei prescritti registri (Cass. n. 28236 del 2008; cfr. Cass. n. 9616 del 2014 e Cass. n. 12427 del 2010). E che il precetto normativo deve ritenersi violato anche nel caso in cui, a fronte di una totale omissione della annotazione dei rifiuti speciali sui registri, pure istituiti, la movimentazione dei rifiuti risulti da fonti diverse da quelle regolarmente previste.

2.3. – Trattasi all’evidenza di valutazione, congruamente condotta dal giudice d’appello in coerenza con i menzionati principi. Vale, pertanto, l’affermazione per la quale l’apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una argomentazione, tratta dalla analisi del quadro probatorio, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex plurimis, Cass. n. 9275 del 2018; Cass. n. 5939 del 2018; Cass. n. 16056 del 2016; Cass. n. 15927 del 2016). Sono infatti riservate al Giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta tra le risultanze probatorie di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass. n. 1359 del 2014; Cass. n. 16716 del 2013).

Viceversa, così come articolate, le censure portate dal motivo (riferite al dedotto “malgoverno dei principi che disciplinano la tenuta dei registri di carico e scarico”, con riguardo alla quale circostanza i ricorrenti asseriscono di avere consegnato alla Guardia di Finanza della documentazione “ufficiale”, nonchè sostengono i presupposti, nella specie, della ipotesi di sanzione attenuata) si risolvono sostanzialmente nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso del procedimento e come argomentate dalla parte, così mostrando i ricorrenti di anelare ad una impropria trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dalla Corte di merito non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata; quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora porsi dinanzi al giudice di legittimità (Cass. n. 5939 del 2018).

Compito della Cassazione, invero, non è quello di condividere o meno la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dal giudice del merito (Cass. n. 3267 del 2008), dovendo invece il giudice di legittimità limitarsi a controllare se costui abbia dato conto delle ragioni della sua decisione e se il ragionamento probatorio si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che nel caso di specie è dato riscontrare (cfr. Cass. n. 9275 del 2018).

3. – Il ricorso è pertanto inammissibile. Nulla per le spese in ragione del fatto che l’intimata non ha svolto alcuna difesa. Va emessa la dichiarazione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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