Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34024 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. II, 19/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 19/12/2019), n.34024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 27046/’15) proposto da:

C.P., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in forza

di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Fabrizio Lofoco

ed elettivamente domiciliato presso lo studio Grez e associati, in

Roma, c.so V. Emanuele II, 18;

– ricorrente –

contro

FATA ASSICURAZIONI DANNI S.P.A., (C.F. e P.I.: (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in

virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti

Gregorio Iannotta ed Enrico Iannotta ed elettivamente domiciliata

presso il loro studio, in Roma, viale B. Buozzi, 82;

– controricorrente –

e

INTESA GESTIONI CREDITI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore;

– intimata –

oltre che nei confronti di:

C.M., e C.G.;

– ricorrenti successivi –

e sul ricorso successivo (iscritto allo stesso N. R.G. 27046/’15)

proposto da:

C.M., (C.F.: (OMISSIS)) e C.G. (C.F.:

(OMISSIS)), rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale

conferita con scrittura privata autenticata nella firma dal notaio

R.F. in (OMISSIS), dall’Avv. Federico Tedeschini (in

sostituzione del già costituito Giuseppe Tucci, nelle more

deceduto) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma,

v. Archimede, 106;

– ricorrenti successivi –

contro

FATA ASSICURAZIONI DANNI S.P.A., (C.F. e P.I.: (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in

virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti

Gregorio Iannotta ed Enrico Iannotta ed elettivamente domiciliata

presso il loro studio, in Roma, viale B. Buozzi, 82;

– controricorrente successiva –

e

INTESA GESTIONI CREDITI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro-tempore;

– intimata –

oltre che nei confronti di:

C.P.;

– primo ricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Bari n. 1384/2015,

depositata il 7 settembre 2015 (non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 23

ottobre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Celentano Carmelo, che ha concluso per il rigetto dei

ricorsi;

uditi l’Avv. Fabrizio Lofoco per il ricorrente C.P.,

l’avv. Gregorio Iannotta per la parte controricorrente Fata

Assicurazioni danni s.p.a. e l’avv. Francesco Amerigo Cirri Sepe

Quarta (per delega) nell’interesse di C.M. e

C.G..

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza n. 639 del 2010, l’adito Tribunale di Bari – per quanto ancora rileva in questa sede – rigettava la domanda proposta da F.A.T.A. s.p.a. (Fondo Assicurativo Tra Agricoltori s.p.a.) nei confronti di C.P. (di cui era creditrice in virtù di titolo esecutivo giudiziale, costituito da sentenza del 22 marzo 1996, per l’importo di Lire 443.840.470), nonchè dei suoi due germani M. e G. – a ciascuno dei quali lo stesso aveva venduto, con due distinti rogiti del 26 ottobre 1995, le quote di proprietà di sua pertinenza (per 2/9) relative a due appartamenti ubicati in (OMISSIS) per far dichiarare la simulazione di tali contratti e revocare, quindi, gli stessi ai sensi dell’art. 2901 c.c..

F.A.T.A. Assicurazioni s.p.a. proponeva appello contro la suddetta sentenza, al quale resistevano tutti gli appellati (ad eccezione della Banca Intesa Gestione crediti, interventrice volontaria nel giudizio di primo grado e che aveva rinunciato alla sua pretesa nei confronti dei convenuti C.).

2. La Corte di appello di Bari, con sentenza n. 1384 del 2015 (depositata il 7 settembre 2015 (e non notificata), accoglieva il gravame e, in riforma dell’impugnata decisione, dichiarava la simulazione assoluta delle due menzionate vendite fatte dal C.P. in favore di ciascuno dei germani, M. e G., condannando gli appellati alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte barese evidenziava, innanzitutto, l’intervenuta incontestata acquisizione di alcuni fatti rilevanti per la causa, tra i quali, in via principale, quello che in data 20 luglio 2003 il C.P. aveva ricevuto – a mezzo assegno – la somma complessiva di Lire 200.000.000, a titolo di prestito da parte del padre e dei due fratelli M. (per Lire 100.000.000) e G. (per Lire 50.000.000), nonchè quello relativo alla circostanza che, nella stessa data, il C.P. si era impegnato in forma scritta (con documento prodotto in atti) a restituire ai due fratelli, entro due anni, i rispettivi prestiti e che, nell’eventualità della mancata restituzione, avrebbe trasferito loro, quale controvalore, le quote di proprietà di sua spettanza (2/9) riguardanti i due già citati appartamenti siti in (OMISSIS).

Pur essendo risultate acquisite tali circostanze di fatto, la Corte territoriale riteneva che le complessive risultanze di causa offrivano gravi, precisi e concordanti elementi, la cui combinazione era idonea a fornire una valida prova della simulazione assoluta dei due anzidetti contratti.

Tali elementi venivano ravvisati:

– nel fatto che gli stessi contratti non indicavano le modalità con cui era stato pagato il prezzo, emergendo dal loro contenuto il solo inserimento della frase che il pagamento da parte dell’acquirente era avvenuto “prima e fuori di questo atto” e che di esso il venditore dava quietanza;

– nella circostanza che il citato documento attestante l’avvenuto prestito operato dai due germani C.M. e G. in favore di P. era privo di data certa, risultando, quindi, non collocabile temporalmente;

– nel fatto che gli acquirenti erano legati da rapporti di parentela – essendone fratelli – con il venditore;

– nella circostanza che gli atti di vendita erano stati stipulati mentre era in corso l’accertamento dell’esistenza del credito (originariamente dedotto) di Lire 318.801.705 (oltre interessi e spese) – di cui ne era stato intimato il pagamento con decreto ingiuntivo (ancorchè opposto) – vantato da F.A.T.A. s.p.a. nei riguardi del C.P.;

– nel fatto, infine, che il C.P. non risultava proprietario di altri immobili.

3. Avverso la suddetta sentenza di appello hanno proposto un primo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, il C.P. e un congiunto ricorso successivo C.M. e G., riferito a due motivi.

La F.A.T.A. Assicurazioni Danni s.p.a. (poi divenuta Società Cattolica di Assicurazione s.p.a. – società cooperativa) ha resistito ai due ricorsi con distinti controricorsi, mentre l’altra intimata Banca Intesa Gestione crediti non ha svolto attività difensiva in questa sede.

I difensori di tutte le parti costituite hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Rileva il collegio che occorre, in primo luogo, prendere in considerazione l’eccezione “preliminare” sollevata dalla difesa del primo ricorrente C.P. nella memoria ex art. 378 c.p.c. con riferimento alla richiesta di stralcio del controricorso di F.A.T.A. s.p.a. rispetto al ricorso autonomo proposto da esso C.P., con conseguente inutilizzabilità dello stesso.

L’eccezione è destituita di ogni fondamento poichè risulta documentato che la società F.A.T.A. Assicurazioni Danni s.p.a. si è costituita con due separati controricorsi (ai quali risultano apposte in calce due distinte ed autonome procure speciali) avverso i ricorsi formulati da C.P., per un verso, e da C.M. e C.G., per altro verso, ancorchè essi siano stati iscritti nel giudizio dinanzi a questa Corte con lo stesso numero di R.G..

Ciò chiarito si può passare all’illustrazione dei due ricorsi.

PRIMO RICORSO.

1.1. Con il primo motivo il ricorrente C.P. ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., l’ingiustizia della sentenza per sviamento e contraddittorietà, nonchè la violazione dell’art. 116 c.p.c. per anteposizione di una presunzione non grave, non precisa e non concordante ad una prova documentale acquisita, rilevando che, nella fattispecie, non potesse ritenersi ricorrente un’ipotesi di simulazione assoluta siccome smentita documentalmente (dal momento che le due vendite si correlavano perfettamente ed avevano avuto piena ed esaustiva esecuzione), rimarcandosi come, in ogni caso, l’impugnata sentenza aveva erroneamente utilizzato una presunzione in presenza di una prova documentale emersa dall’istruttoria che smentiva le risultanze indiziarie.

1.2. Con la seconda doglianza il ricorrente C.P. ha dedotto, da un lato, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1197 e 1285 c.c. e, dall’altro lato, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1414 c.c., sul presupposto che la Corte territoriale aveva fatto un uso scorretto dell’istituto della “datio in solutum” e di quello dell’obbligazione alternativa, alterando l’interpretazione della dichiarazione unilaterale di esso ricorrente in data 20 luglio 1993 e pervenendo alla dichiarazione di simulazione assoluta (peraltro nemmeno espressamente richiesta dalla F.A.T.A. s.p.a.) dei due contratti di compravendita.

1.3. Con la terza censura la difesa del C.P. ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. con riferimento agli artt. 2721-2722 c.c. e all’art. 1414 c.c.. A supporto di tale doglianza detta difesa ha sostenuto che le prove documentali legittimamente acquisite in atti dimostravano che i trasferimenti immobiliari in questione furono atti a titolo oneroso, in quanto esso ricorrente aveva ceduto ai germani M. e G. le sue quote di comproprietà degli immobili dietro corrispettivo, avendo deciso di provvedere all’estinzione dei suoi debiti (nei riguardi dei predetti fratelli) non attraverso la restituzione dei due prestiti (come rispettivamente ricevuti) in danaro, bensì, in alternativa (ed a sua scelta), attraverso la cessione in proprietà delle sue quote relative ai due appartamenti siti in (OMISSIS).

SECONDO RICORSO.

2.1. Con il primo loro motivo i ricorrenti C.M. e C.G. hanno riproposto la medesima censura formulata dall’altro ricorrente C.P. riportata in precedenza come seconda.

2.2. Con il secondo mezzo i due citati ricorrenti hanno ribadito la stessa doglianza avanzata come terza nel primo ricorso proposto dal C.P..

3. Ritiene il collegio che il primo motivo (autonomo rispetto ai due formulati dagli altri ricorrenti) proposto nell’interesse del ricorrente C.P. è fondato per le ragioni che seguono con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c..

Dall’esame (legittimamente eseguibile in questa sede, trattandosi dell’accertamento di un “fatto processuale”) della domanda originaria proposta nell’interesse del Fondo Assicurativo tra agricoltori s.p.a. (F.A.T.A.) emerge inequivocamente che la parte attrice aveva chiesto la dichiarazione della simulazione relativa dei due atti di compravendita (richiamati nello svolgimento della vicenda processuale) intercorsi tra il C.P. ed i suoi germani C.M. e C.G., siccome dissimulanti due distinte donazioni, e, quindi, dichiarato il carattere gratuito delle compravendite, revocarle ai sensi dell’art. 2901 c.c., comma 1, n. 1.

Senonchè, nella sentenza di appello (v. pag. 2) si afferma soltanto – quanto all’individuazione della domanda formulata dinanzi al Tribunale di Bari – che F.A.T.A. s.p.a. aveva proposto una domanda per far dichiarare la simulazione (senza specificarne il tipo) dei due contratti e chiesto dichiararsi la loro inefficacia ex art. 2901 c.c..

Nello svolgimento della parte motiva e nell’adozione delle relative argomentazioni fattuali e giuridiche, la Corte territoriale ha, però, qualificato e deciso – indicando le ragioni del suo convincimento – la predetta domanda come una domanda di simulazione assoluta (senza che, incontestatamente, fosse stata mai modificata in questi termini da F.A.T.A. s.p.a.) e in tal senso stabilisce anche il dispositivo laddove “dichiara assolutamente simulate le vendite”.

E’, quindi, evidente la violazione del principio tra il chiesto ed il pronunciato per aver la Corte di appello illegittimamente rilevato (e ritenuto) d’ufficio che fosse stata proposta una domanda di simulazione assoluta anzichè relativa.

E’, invero, risaputo che l’azione intesa a far dichiarare la simulazione relativa (che può essere strumentale a quella consequenziale prevista dall’art. 2901 c.c., comma 1, pure richiesta nel caso in esame) è diversa da quella diretta ad ottenere la declaratoria di simulazione assoluta sia con riferimento al “petitum” che alla “causa petendi”, comportando le due menzionate domande l’accertamento di fatti differenti e tendendo, soprattutto, a conseguire il riconoscimento della produzione di effetti diversi, secondo la differenziazione generale prevista nei primi due commi dell’art. 1414 c.c. (cfr., per idonei riferimenti, Cass. n. 869/1995 e Cass. n. 25055/2009), donde la configurazione della suddetta violazione dell’art. 112 c.p.c..

E’ pacifico, infatti, che la volontà di concludere un contratto simulato risulta da un apposito accordo di simulazione, detto anche controdichiarazione: nel caso della simulazione assoluta le parti dichiarano di non volere affatto gli effetti del contratto tra esse concluso (l’esempio classico è proprio quello in cui le parti non vogliono la vendita che hanno stipulato e che il bene venduto resta, perciò, di proprietà del simulato venditore); nell’ipotesi della simulazione relativa le parti dichiarano di volere, in luogo dell’apparente contratto simulato, un diverso contratto, di cui intendono, quindi, ottenere la produzione dei relativi effetti (l’esempio tradizionale è quello in cui le parti vogliono una donazione e non una vendita e che l’acquirente, perciò, non è obbligato a pagare il prezzo emergente dal contratto simulato).

Sul piano generale bisogna, inoltre, precisare che il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità dell’atto va necessariamente coordinato con il principio dispositivo e con quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e trova applicazione soltanto quando la nullità si ponga come ragione di rigetto della pretesa attorea (nel qual caso possono trovare applicazione i principi fissati dalle sentenze delle Sezioni unite nn. 26242 e 26243 del 2014), non anche quando sia invece la parte a chiedere la dichiarazione di invalidità (o di inefficacia, come accade nell’ipotesi della simulazione relativa, con riguardo al contratto simulato, per far dichiarare l’effettiva conclusione del contratto dissimulato) di un atto ad essa pregiudizievole, dovendo in tal caso la pronuncia del giudice essere circoscritta alle ragioni di illegittimità denunciate dall’interessato, senza potersi fondare su elementi rilevati d’ufficio, giacchè in tal caso l’invalidità dell’atto si pone come elemento costitutivo della domanda attorea (cfr. Cass. n. 18210/2004, Cass. n. 20548/2004, Cass. n. 89/2007 e Cass. n. 2877/2007).

4. In definitiva, quindi, deve essere accolto il primo motivo del ricorso formulato nell’interesse di C.P., con il conseguente assorbimento degli altri due speculari motivi avanzati dallo stesso C.P. e, congiuntamente, da C.M. e C.G..

Ne deriva la cassazione dell’impugnata sentenza, con il rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Bari che dovrà procedere agli accertamenti e alla conseguente decisione sulla domanda di simulazione relativa, come effettivamente proposta da F.A.T.A. s.p.a..

Il giudice di rinvio provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso formulato da C.P. e dichiara assorbiti tutti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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