Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3402 del 13/02/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 3402 Anno 2018
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: POSITANO GABRIELE

ORDINANZA
sul ricorso 8078-2015 proposto da:
DE MARTINI ISABELLA, elettivamente domiciliata in
ROMA, P.ZA B. CAIROLI 6, presso lo studio
dell’avvocato PIERO GUIDO ALPA, che la rappresenta e
difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

FANTINO MARCO;

intimato

Nonché da:
FANTINO MARCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE PARIOLI 79 H, presso lo studio dell’avvocato PIO
CORTI, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO

Data pubblicazione: 13/02/2018

GRANATA giusta procura in calce al controricorso e
ricorso incidentale;
– ricorrente incidentale contro

DE MARTINI ISABELLA, elettivamente domiciliata in

dell’avvocato PIERO GUIDO ALPA, che la rappresenta e
difende giusta procura a margine del ricorso;
– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1335/2014 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 25/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 25/05/2017 dal Consigliere Dott.
GABRIELE POSITANO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
CORRADO MISTRI che ha concluso chiedendo, in via
preliminare, la trattazione del ricorso in pubblica
udienza, ai sensi dell’articolo 375, comma secondo,
cod. proc. civ.; nel merito, ed allo stato del
contraddittorio, riservate eventuali diverse
determinazioni in caso di rimessione del contesto alla
pubblica udienza, l’accoglimento del secondo motivo
del ricorso principale, rigettati gli altri motivi;
nonché il rigetto del ricorso incidentale;

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ROMA, P.ZA B. CAIROLI 6, presso lo studio

Rilevato che:
con atto del 29 marzo 1996 Isabella De Martini aveva acquistato da Teresa
Belgrano una quota della proprietà di un appartamento sito in Genova, alla via
Torre dell’Amore che la stessa, unitamente al futuro coniuge, Marco Fantino,
utilizzava da anni come residenza familiare, stipulando in pari data un
contratto di apertura di credito fino alla concorrenza di lire 700 milioni,

1999, per l’acquisto del predetto immobile, per la sua ristrutturazione e per
altre necessità. Nel dicembre 1997, poco dopo il matrimonio con Marco
Fantino, la De Martini apprendeva che, in forza di una procura generale
rilasciata in precedenza a quest’ultimo, lo stesso aveva nuovamente trasferito
alla madre, Teresa Belgrano, la proprietà dell’immobile, residuando pertanto
un debito verso l’istituto bancario Credito Italiano pari al predetto importo. In
conseguenza di un primo atto di citazione, notificato il 15 gennaio 1998, Marco
Fantino riconosceva, con scrittura privata del 17 gennaio 1999, l’impegno a
“coprire il fido di lire 570 milioni non appena avrò la disponibilità derivata della
cessione delle quote della mia azienda”;
con atto di citazione del 25 novembre 1999 Isabella De Martini conveniva
Marco Fantino davanti al Tribunale di Genova per sentir dichiarare la validità di
tale scrittura, con condanna del convenuto al pagamento dell’importo di lire
570 milioni. Si costituiva Marco Fantino chiedendo il rigetto e, in via
riconvenzionale, il pagamento della somma di lire 350 milioni oltre rivalutazioni
e interessi. In corso di causa la De Martini documentava di aver estinto il
debito verso Unicredit Banca, già Credito Italiano, con il versamento
dell’importo di euro 370.000 effettuato il 14 febbraio 2005. Con separato atto
di citazione, notificato 1’11 novembre 2005, Marco Fantino evocava in giudizio
Isabella De Martini chiedendo la nullità dell’atto di assunzione di obbligo
formalizzato in data 17 gennaio 1999. Costituitasi in tale giudizio la De Martini
chiedeva il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, il pagamento della
somma di euro 294.380 (pari a lire 570 milioni), oltre interessi e rivalutazione
monetaria dal 21 giugno 2000, oltre al maggior danno subito;
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utilizzato limitatamente all’importo di lire 570 milioni, alla data di gennaio

disposta la riunione e ritenute operanti le preclusioni già maturate ai sensi
degli articoli 183 e 184 c.p.c. (al tempo vigenti) per entrambi i giudizi, il
Tribunale di Genova con sentenza del 21 aprile 2009, accertava la validità della
scrittura privata del 17 gennaio 1999 e condannava Marco Fantino al
pagamento, in favore di Isabella De Martini, della somma di euro 294.380 (pari
a lire 570 milioni) oltre interessi, al tasso praticato dall’istituto bancario
Unicredit, nel periodo 21 giugno 2000 sino al 14 febbraio 2005 e interessi

legali dal 15 febbraio 2005 al saldo, rigettando la domanda riconvenzionale
proposta dal Fantino, che condannava al pagamento delle spese di lite;
avverso tale decisione Marco Fantino proponeva appello, con atto notificato
il 21 luglio 2009, sulla base di cinque motivi e Isabella De Martini chiedeva il
rigetto dell’impugnazione e la condanna, in via subordinata, nell’ipotesi di
accoglimento del quinto motivo relativo alla decorrenza degli interessi, al
pagamento dell’importo di euro 370.000 (effettivamente corrisposto in favore
dell’istituto di credito), oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 14 febbraio
2005 sino al saldo e maggior danno;
con sentenza del 25 ottobre 2014 la Corte d’Appello di Genova, in parziale
riforma della sentenza resa dal Tribunale, condannava Marco Fantino al
pagamento della somma di euro 294.380, con interessi legali dal 15 febbraio
2005 al saldo, respingendo gli altri motivi di appello e compensando in parte
(nella misura di un quinto) le spese di entrambi i gradi di giudizio;
avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione Isabella De Martini
sulla base di tre motivi. Resiste in giudizio Marco Fantino con controricorso e
ricorso incidentale sulla base di tre motivi. Isabella Martini deposita
controricorso avverso il ricorso incidentale e istanza di fissazione di pubblica
udienza. Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380 bis c.p.c. e la
Procura Generale deposita conclusioni scritte con richiesta preliminare di
trattazione del ricorso in pubblica udienza e nel merito, di accoglimento del
secondo motivo e rigetto degli altri motivi del ricorso principale e di quello
incidentale.
Considerato che:

-v
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con il primo motivo Isabella De Martini lamenta violazione dell’articolo 111
della Costituzione e dell’articolo 132, n. 4 c.p.c, per motivazione
contraddittoria, illogica e obbiettivamente incomprensibile in relazione
all’articolo 360 n. 4 c.p.c. richiamando l’orientamento di questa Corte a Sezioni
Unite in ordine al nuovo testo dell’articolo 360 n. 5 c.p.c. la ricorrente lamenta
la mancanza di motivazione, presentando la stessa vizi così radicali da

dal presupposto corretto secondo cui l’importo di euro 370.000 versato dalla
De Martini in favore della banca nel febbraio 2005 comprendeva anche gli
interessi maturati dal giugno 2000 sull’importo capitale di euro 294.380, pari a
lire 570 milioni, risultava del tutto errata l’affermazione della Corte in ordine
alla duplicazione degli interessi, in quanto il Tribunale non aveva riconosciuto
all’attrice gli interessi bancari sulla somma di euro 370.000, ma sul minor
importo di euro 294.380, pari alla sorte capitale originaria di lire 570 milioni.
Pertanto, la Corte territoriale avrebbe dovuto definire il giudizio con la
condanna di Marco Fantino al pagamento della somma di euro 370.000 oltre
interessi dal 15 febbraio 2005, così come richiesto nelle conclusioni formulate,
in via subordinata, dalla De Martini. Diversamente, alla stessa non sarebbe
riconosciuto alcun importo per il periodo compreso tra giugno 2000 e febbraio
2005;
con il secondo motivo deduce violazione dell’articolo 112 c.p.c, in relazione
all’articolo 360, n. 4 c.p.c. ritenendo nullo il capo della sentenza con cui la
Corte territoriale ha accolto il quinto motivo dell’appello incidentale anche sotto
altro profilo, in quanto Fantino ha chiesto di correggere la sentenza di primo
grado in modo da accogliere la domanda di condanna della De Martini, così
com’era stata formulata in primo grado e cioè riferita all’importo di euro
370.000, oltre interessi dal 14 febbraio 2005. Pur avendo accertato che nelle
conclusioni rassegnate davanti al Tribunale l’attrice richiese tale importo, la
Corte ha disposto la condanna di Fantino soltanto per il minor importo di euro
294.000, anziché euro 370.000, oltre interessi dal febbraio 2005 al saldo, in
palese violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato;
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comportarne la nullità ai sensi dell’articolo 132 c.p.c. In particolare, muovendo

con il terzo motivo deduce violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c, in
relazione all’articolo 360, n. 3 dello stesso codice, in quanto la Corte
territoriale, accogliendo il quinto motivo di appello avrebbe dovuto condannare
Fantino al pagamento di quanto richiesto dall’odierna ricorrente in primo grado,
con la conseguente conferma delle spese relative al primo grado di giudizio,
atteso l’integrale accoglimento della domanda della De Martini;

al riconoscimento della maggiore somma di euro 370.000, pari all’importo della
sorta capitale di euro 294.000, oltre gli interessi bancari richiesti dall’odierna
ricorrente in via riconvenzionale. In particolare, la Corte territoriale esamina la
questione (pagina 14) e rileva che l’attrice “nelle conclusioni rassegnate
davanti al Tribunale chiese la condanna del marito a pagare l’importo di euro
370.000, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 14 febbraio 2005 al saldo
effettivo” e che tale importo corrispondeva alla somma di euro 294.380, oltre
interessi in concreto applicati dall’istituto bancario. Siccome avverso tale
statuizione del Tribunale Fantino non ha proposto appello incidentale, il profilo
non può essere contestato in questa sede e la Corte territoriale avrebbe dovuto
prendere atto della domanda come formulata in via riconvenzionale dalla De
Martini e accertata dal Tribunale che ha ritenuto ammissibile e rituale le
domanda con la quale si richiedeva la condanna di Fantino anche al pagamento
degli interessi bancari e legali. Per quanto detto, deve trovare accoglimento il
primo motivo, non avendo la Corte territoriale preso in considerazione il profilo
relativo al giudicato interno maturato sulla base della pronuncia del Tribunale
nei termini sopra indicati ed avendo adottato una motivazione sul punto

il primo motivo è fondato ricorrendo l’ipotesi di giudicato interno in ordine

assolutamente contraddittoria e del tutto sganciata dal contenuto delle
domande ritualmente introdotte;
per quanto precede il secondo e terzo motivo sono assorbiti attenendo,
rispettivamente, il secondo, alla medesima questione oggetto della prima
censura e, il terzo, alla regolamentazione delle spese, sulle quali dovrà
provvedere il giudice del rinvio;
con il primo motivo del ricorso incidentale Marco Fantino deduce la nullità
della sentenza per l’omessa concessione dei termini previsti agli articoli 183 e/ -“:7 4
6

184 c.p.c, ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. per avere la Corte territoriale
omesso di concedere i nuovi termini nell’ambito del secondo giudizio,
successivamente riunito, attesa la sostanziale identità tra le cause, riunite
proprio per tale ragione. La Corte avrebbe mancato di considerare che ogni
causa di nullità presenta una autonoma causa petendi, tanto che è possibile
instaurare un successivo giudizio per far valere una diversa ipotesi di nullità

di validità dell’atto, che costituiva il presupposto dell’azione della De Martini, il
secondo giudizio potesse definirsi identico a quello precedente;
il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza poiché, al fine di
contrastare la valutazione operata dai giudici di merito in ordine alla
sostanziale identità tra la causa introdotta da Fantino nel 2005 e quella
promossa dalla De Martini nel 1999, il primo avrebbe dovuto trascrivere gli atti
processuali rilevanti e, specificamente, l’atto di citazione e la comparsa di
costituzione, oltre alle conclusioni. Sotto altro profilo non è nemmeno dedotta
la ragione della nullità fatta valere nel secondo giudizio, diversa rispetto alla
verifica di validità dell’atto unilaterale del 17 gennaio 1999. Nel merito la
censura è destituita di fondamento in quanto, in considerazione della
specularità tra la domanda svolta dalla De Martini (accertamento della validità
della clausola) e quella proposta dal Fantino (declaratoria di nullità dell’atto),
correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che i fatti posti a fondamento
delle ragioni di nullità avrebbero dovuto essere dedotti tempestivamente, in via
di eccezione, nel primo giudizio;
con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo
1355 c.c, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c, per avere i giudici escluso l’ipotesi
di condizione sospensiva meramente potestativa, come tale idonea a rendere
nulla l’intera obbligazione, rilevando che l’assunzione dell’obbligo non era
rimessa al mero arbitrio del debitore, ma ai suoi rapporti con terzi soggetti. Al
contrario, la lettura della norma citata risulterebbe errata, sia perché in
concreto Fantino era libero di valutare se dismettere le quote e far fronte al
proprio impegno ovvero mantenere la partecipazione societaria, sia perché /
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negoziale. Nel caso di specie non può ritenersi che, a fronte di una declaratoria

l’orientamento della giurisprudenza in tema di condizione meramente
potestativa è meno rigoroso di quanto sostenuto dalla Corte territoriale;
la censura è inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis n. 1 c.p.c. per avere
la Corte territoriale fatto corretta applicazione della giurisprudenza consolidata
in materia e le censure del ricorrente non forniscono alcun elemento di novità.
Sotto altro profilo la doglianza è priva di specificità, poiché la contestazione

interpretazione della condizione negoziale contenuta nella dichiarazione
unilaterale, senza però individuare le regole di ermeneutica disapplicate o
erroneamente applicate dalla Corte territoriale, al di là degli elementi di merito
semplicemente dichiarati e in base ai quali la Corte avrebbe dovuto
diversamente qualificare tale dichiarazione, sulla base di un presupposto
fattuale che non può essere sindacato in questa sede (elementi di fatto in base
ai quali Fantino sarebbe stato libero di valutare e, quindi, scegliere, se
dismettere le quote sociali della S.r.l. Metalleido, diversamente da quanto
motivatamente sostenuto e documentato dalla Corte territoriale); in ogni caso
il motivo è infondato poiché il ricorrente sostanzialmente non contesta la
ricostruzione in fatto della Corte territoriale, secondo cui l’evento della cessione
delle quote dell’azienda dipendeva anche da fatti differenti rispetto alla volontà
di Fantino, essendo riconducibile “ad una più complessa valutazione di interessi
e di convenienza da lui compiuta, a sua volta legata a scelte decisionali dei
suoi interlocutori negoziali” e ciò sulla base del fatto che, al momento della
sottoscrizione dell’atto unilaterale, erano già in corso trattative per la cessione
delle quote;
con il terzo motivo deduce violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. ed
omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c. per
avere disatteso la qualificazione della scrittura del 17 gennaio 1999 quale
donazione obbligatoria, in quanto tale, priva del requisito di forma. La Corte,
sulla base di una ricostruzione in fatto, ha rilevato che l’importo oggetto dello
scoperto di conto corrente venne utilizzato per pagare l’immobile di Via Torre
dell’Amore, per effettuare opere di ristrutturazione e per assecondare bisogni,’
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non riguarda la violazione dell’articolo 1355 del codice civile, ma l’errata

della famiglia. Ciò però senza considerare che le somme erogate alla banca, in
realtà, erano state utilizzate interamente a vantaggio della sola De Martini;
la doglianza è inammissibile poiché non ricorre l’ipotesi di omesso esame di
un fatto storico ex art. 360 n. 5 c.p.c., avendo la Corte territoriale valutato il
dato evidenziato dal ricorrente incidentale (qualificazione dell’atto come
donazione) motivando alle pagg. 12 e 13 della sentenza sull’inconsistenza della

della De Martini, ha esaminato la questione della natura giuridica della
dichiarazione unilaterale, evidenziando che “lo scoperto di conto venne
destinato per pagare una parte del corrispettivo di Via Torre dell’Amore,
immobile adibito ad abitazione del nucleo familiare, ma anche per effettuare
migliorie all’appartamento e per soddisfare i bisogni della famiglia”. Ha ritenuto
che elementi di senso contrario non si traggono dal contenuto del ricorso per
sequestro conservativo, che ribadisce in maniera più analitica la funzione di
quelle somme (in parte, quale corrispettivo per l’acquisto dell’immobile, in
parte, per migliorie delle quali l’appartamento necessitava, in parte, per
provvedere ai bisogni della famiglia e personali di Marco Fantino);
ne consegue che il ricorso principale per—cassazio4e deve essere accolto
limitatamente al primo motivo, mentre sono assorbiti il secondo e terzo motivo
e va rigettato il ricorso incidentale; la sentenza va cassata con rinvio, atteso
che la Corte territoriale non ha valutato l’incidenza del giudicato ed i suoi
effetti, questione che dovrà essere esaminata dal giudice di rinvio‘.31-(–

p.t

C52.-y-Dca.?

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il
secondo e terzo motivo, rigetta il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la
causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte
d’Appello di Genova, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte
Suprema di Cassazione in data 25 maggio 2017

tesi sostenuta dal Fantino. La Corte, sulla base del contenuto degli atti difensivi

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