Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34016 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 19/12/2019), n.34016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9563-2018 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROSARIO SANTESE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELE DE

ROSE, ANTONINO SGROI, ESTER ADA VITA SCIPLINO, LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza 903/2016 R.G. della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 02/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CARIA

PONTERIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con ordinanza in data 2 ottobre 2017 la Corte d’Appello di Salerno dichiarava inammissibile, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., l’appello proposto da C.G. avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la stessa decaduta dalla impugnazione della comunicazione di cancellazione dall’elenco dei braccianti agricoli per gli anni dal 2009 al 2013;

2. a fondamento dell’ordinanza la Corte territoriale evidenziava che con l’appello la CIANCIULLI assumeva che le nuove modalità di comunicazione in via telematica dei provvedimenti di cancellazione non valevano per gli anni antecedenti al 2011. La sentenza del Tribunale riportava in motivazione gli argomenti, anche impliciti, in risposta a dette doglianze, che erano già stati condivisi in precedenti pronunce dell’Ufficio. La decadenza si fondava sulle nuove modalità di comunicazione telematica dei provvedimenti di cancellazione introdotte dal decreto L. n. 98 del 2011, art. 12 bis, applicabili a tutti i provvedimenti di disconoscimento intervenuti dopo il 31.12.2010. Nella fattispecie di causa il disconoscimento era stato notificato con la pubblicazione on line al 15.12.2014 degli elenchi trimestrali di variazione;

3. avverso l’ordinanza ha proposto ricorso C.G., articolato in due motivi, cui ha opposto difese l’INPS con controricorso;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

5. la parte ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. 15 luglio 2011, n. 111, art. 38, commi 6 e 7, per avere il giudice di prime cure e la Corte territoriale effettuato una interpretazione retroattiva della norma, ritenendo decorso il termine di decadenza per impugnare la cancellazione dagli elenchi agricoli anche per gli anni antecedenti al 31 dicembre 2010. Si assume che la modalità di comunicazione telematica della cancellazione riguarderebbe i soli elenchi dei braccianti agricoli successivi al 31 dicembre 2010, trattandosi di disposizione innovativa applicabile esclusivamente ai rapporti di lavoro agricolo a tempo determinato effettuati in data successiva alla sua entrata in vigore, ossia dal 31 dicembre 2010;

– con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 24 Cost., nonchè dell’art. 11, disposizioni preliminari c.c., comma 1, illegittimità, irragionevolezza ed incostituzionalità della disposizione legislativa di cui alla L. 15 luglio 2011, n. 111, art. 38, comma 7. Si deduce che, volendo ritenere corretta l’interpretazione resa dal giudice di primo grado e dalla Corte territoriale, sarebbe stato violato il principio di retroattività di cui all’art. 11 cit., derogabile solo nel rispetto del criterio di ragionevolezza della legge ex art. 3 Cost.. In mancanza di una disciplina transitoria, occorreva salvaguardare i diritti quesiti alla prestazione previdenziale mentre con l’entrata in vigore della normativa in questione l’INPS era autorizzato a modificare la posizione contributiva in relazione a rapporti di lavoro anche risalenti negli anni, con un provvedimento di cancellazione di cui la parte poteva non essere avveduta, in quanto sarebbe stato necessario rivolgersi ad un patronato o munirsi di un personal computer con accesso ad Internet e controllare con cadenza trimestrale l’eventuale adozione da parte dell’Inps di provvedimenti di cancellazione. A livello pratico era oltremodo difficile, se non impossibile, per il lavoratore agricolo avere conoscenza della pubblicazione degli elenchi con le modalità, esclusivamente telematiche, previste dalla nuova normativa anche perchè la legge non indicava il mese ed il giorno preciso di pubblicazione degli elenchi; la pubblicazione telematica restava inoltre visibile sul sito dell’INPS per soli 15 giorni senza lasciare traccia allorchè si effettuasse una consultazione successiva. Nella disciplina precedente la parte era invece avvisata con raccomandata della cancellazione e della possibilità di fare ricorso amministrativo nei 30 giorni successivi; la nuova situazione comportava per il lavoratore la lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito;

6. il ricorso è improcedibile;

7. ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., “Quando è pronunciata l’inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell’art. 360, ricorso per cassazione. In tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità. Si applica l’art. 327, in quanto compatibile”;

8. le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 11850 del 2018) hanno precisato che il ricorso per cassazione proponibile, ex art. 348 ter c.p.c., comma 3, avverso la sentenza di primo grado, entro sessanta giorni dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, dell’ordinanza d’inammissibilità dell’appello, resa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, ad un duplice onere di deposito, avente ad oggetto la copia autentica sia della sentenza suddetta sia, per la verifica della tempestività del ricorso, della citata ordinanza, con la relativa comunicazione o notificazione; in difetto, il ricorso è improcedibile, salvo che, ove il ricorrente abbia assolto l’onere di richiedere il fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice “a quo”, la Corte, nell’esercitare il proprio potere officioso, rilevi che l’impugnazione sia stata proposta nei sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione ovvero, in mancanza dell’una e dell’altra, entro il termine cd. lungo di cui all’art. 327 c.p.c.;

9. si è ulteriormente specificato (Cass., Ord. sez. 6 n. 17716/18) che, nell’ipotesi in cui l’ordinanza sia stata letta in udienza, si applica il termine breve previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, decorrente dall’udienza stessa, atteso che la lettura del provvedimento e la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che lo contiene non solo equivalgono alla pubblicazione, ma esonerano la cancelleria da ogni ulteriore comunicazione, ritenendosi, con presunzione assoluta di legge, che il provvedimento sia conosciuto dalle parti presenti o che avrebbero dovuto esserlo;

10. si è aggiunto che “l’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c., è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’art. 348 bis c.p.c., comma 2, e art. 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo e comma 2, primo periodo), purchè compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso”, (Cass., S.U., n. 1914 del 2016);

11. nel caso di specie, il ricorrente in cassazione (che ha proposto il ricorso avverso l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c.) non ha adempiuto all’onere di deposito (oltre che di copia autentica della sentenza di primo grado) della ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., corredata di comunicazione o notificazione, oppure del verbale attestante la avvenuta lettura in udienza, deposito necessario per la verifica di tempestività del ricorso (l’ordinanza depositata reca unicamente la dicitura “La Corte d’appello…all’esito dell’odierna udienza di discussione… ha pronunciato la seguente ordinanza” e nel ricorso in esame si dà atto unicamente del deposito dell’ordinanza il 2.10.2017);

12. il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato improcedibile;

13. la regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;

14. sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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