Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3401 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2020, (ud. 04/07/2019, dep. 12/02/2020), n.3401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 9875/2013 proposto da:

Fondazione Ethoikos, già Ethoikos srl, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa datì avv.

Cataldo D’Andria, con domicilio eletto in Roma, viale Regina

Margherita n. 290, presso lo studio del proprio difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 110/1/11 del 14 febbraio 2011, depositata il 24 febbraio

2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2019

dal Consigliere Dott. Manzon Enrico.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 110/1/11 del 14 febbraio 2011, depositata il 24 febbraio 2011, la Commissione tributaria regionale della Toscana respingeva l’appello proposto da Ethoikos srl avverso la sentenza n. 103/01/08 della Commissione tributaria provinciale di Siena che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IVA 2004. La CTR osservava in particolare che, come ritenuto dai primi giudici, la ripresa fiscale portata dall’atto impositivo impugnato era fondata, non potendosi riconoscere la detraibilità delle spese relative a fabbricati con destinazione abitativa, come era nel caso di specie sia in base all’accatastamento sia perchè comunque l’immobile de quo era rimasto destinato ad uso abitativo anche dopo l’effettuazione dei lavori ai quali si riferiva la ripresa fiscale stessa.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, nelle more trasformatasi in fondazione, deducendo tre motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

La ricorrente successivamente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo -ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5, – la ricorrente denuncia l’illegittimità della sentenza impugnata per vizio motivazionale assoluto, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 111 Cost., ovvero relativo, poichè la CTR non ha dato adeguatamente conto non solo dell’oggetto del processo, ma anche delle ragioni della propria decisione, in particolare non avendo puntualmente riscontrato gli argomenti difensivi che aveva speso come motivi di gravame della sentenza della CTP senese.

La censura è infondata.

Pur vero che la motivazione della decisione della CTR toscana è molto succinta, tuttavia ne risultano chiari sia la delimitazione della materia del contendere (detrazione IVA per spese di ristrutturazione relative ad immobile con destinazione abitativa) sia la ragione essenziale della reiezione dell’appello della contribuente ossia, come affermato dai primi giudici, l’indetraibilità dell’IVA per la tipologia dell’immobile cui le spese fatturate si riferivano.

In questo senso va ribadito che:

– “In tema di contenuto della sentenza, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione” (Cass., n. 920 del 20/01/2015, Rv. 634142 – 01);

– “L’omessa od erronea trascrizione delle conclusioni delle parti nella intestazione della sentenza importa la sua nullità solo quando le conclusioni formulate non siano state prese in esame, mancando in concreto una decisione sulle domande o eccezioni ritualmente proposte. Quando invece dalla motivazione della sentenza risulti che le conclusioni delle parti, nonostante l’omessa o erronea trascrizione, siano state esaminate e decise, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza” (Cass., n. 12864 del 22/06/2015, Rv. 635880 – 01);

– “Al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse” (Cass., n. 25509 del 02/12/2014, Rv. 633604 – 01).

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, art. 19 bis 1, lett. i), poichè la CTR ha affermato l’indetraibilità dell’IVA corrisposta all’impresa appaltatrice di lavori di ristrutturazione di un immobile di sua proprietà in quanto destinato all’uso abitativo.

La censura è fondata.

Va premesso che, in deroga al generale principio della detraibilità dell’IVA contenuto nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, in attuazione della relativa previsione normativa unionale, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis 1, lett. i), stesso decreto prevede che “non è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto di fabbricati o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa nè quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attivitàesercitata la costruzione o la rivendita dei predetti fabbricati o delle predette porzioni”.

Sostiene la ricorrente che nel caso di specie non sussistono i presupposti di fatto per l’applicabilità di tale speciale previsione derogatoria, sia perchè le spese in questione hanno riguardato un immobile facente parte del complesso immobiliare, di sua proprietà, interessato da opere di ristrutturazione, che nella sua globalità era inerente all’esercizio della sua impresa, trattandosi di edifici serventi all’attività di gestione di un parco naturalistico sia perchè, proprio all’esito degli interventi edilizi, detto immobile ha mutato la destinazione sia perchè comunque detta disposizione non può essere meccanicamente applicata solo sulla base delle risultanze catastali, ma deve esserlo “in concreto”, avendo riguardo appunto alla effettiva “strumentalità” dell’immobile all’esercizio dell’attività economica cui la spesa era afferente.

Come detto, la sentenza impugnata ha di contro affermato che, essendo l’immobile accatastato come abitativo (A3) e non essendo comunque mutata tale destinazione dopo i lavori di ristrutturazione relativi alle fatture oggetto della ripresa fiscale, trattandosi della casa dei custodi, in virtù della disposizione legislativa evocata dall’agenzia fiscale la detrazione IVA in contestazione non poteva considerarsi spettante, perciò affermando la fondatezza della ripresa fiscale oggetto della lite.

Tale statuizione è in contrasto con il principio di diritto, al quale il Collegio intende dare seguito, secondo il quale “In tema di IVA, ai fini della detrazione nelle operazioni relative a fabbricati a destinazione abitativa, la natura strumentale del bene acquistato deve essere valutata non solo in astratto, con riferimento all’oggetto dell’attività d’impresa, bensì, in concreto, accertando che lo stesso costituisce, anche in funzione programmatica, lo strumento per l’esercizio della suddetta attività” (Cass., n. 5559 del 26/02/2019, Rv. 652960 – 01).

Indubbiamente nella sentenza impugnata manca l’accertamento in fatto imposto da questo arresto giurisprudenziale ossia non si è adeguatamente valutata la “strumentalità in concreto” dell’immobile in questione, risultandone perciò evidente la denunciata violazione/falsa applicazione delle disposizioni legislative generale e speciale che sono implicate dalla fattispecie fattuale oggetto della lite.

Attenendosi al citato principio di diritto, in sede di rinvio il giudice tributario di appello dovrà quindi effettuare tale giudizio.

Dalle considerazioni che precedono risulta assorbito il terzo motivo (denunciato vizio motivazionale relativamente all’impiego effettivo dell’immobile de quo).

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al secondo motivo del ricorso, rigettato il primo motivo ed assorbito il terzo motivo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo e dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 12 febbraio 2020

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