Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3401 del 08/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2017, (ud. 06/12/2016, dep.08/02/2017),  n. 3401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19452/2015 proposto da:

ITALFONDIARIO SPA, nella qualità di mandataria di INTESA SANPAOLO

SPA, in persona del procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA AURELIANA, 2, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO UMBERRO

PETRAGLIA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.P.A., D.C., D.C.P.,

G.M.R., A.P., V.S.,

M.A., AF.GI., AF.CR., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA, 2, presso lo studio dell’avvocato

MANUELA LA FERRARA, rappresentati e difesi dagli avvocati VINCENZO

D’ARRICO, SAVERIA ROSARIA FERRARO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 742/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

2/12/2014, depositata il 12/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA;

udito l’Avvocato Simone Trivelli (delega avvocato Antonio Umberto

Petraglia) difensore della ricorrente che si riporta agli scritti e

chiede l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Vincenzo D’Errico difensore dei controricorrenti che

si riporta al controricorso e chiede il rigetto del ricorso.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1.- Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato l’appello principale proposto da Italfondiario S.p.A. nei confronti dei resistenti indicati in epigrafe (il cui appello incidentale è stato dichiarato inammissibile), nonchè dell’intimato Fallimento, avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 14 maggio 2010.

La vicenda processuale può essere così riassunta:

– i resistenti indicati in epigrafe proposero dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere opposizione avverso l’esecuzione immobiliare intrapresa nei loro confronti, nella qualità di terzi acquirenti di beni ipotecati, dalla Cariplo – Cassa di Risparmio delle Province Lombarde S.p.a., per rate scadute dei mutui concessi alla I.R.E.C. Consorzio fra Cooperative Interventi Regionali nell’Edilizia Cooperativa Soc. Coop. a rl., ai sensi della L. n. 492 del 1975, art. 10 ter, per i quali erano state iscritte ipoteche, ai sensi della L. n. 94 del 1982, art. 5, comma 15. Chiesero che fosse dichiarata l’illegittimità e l’inefficacia delle ipoteche iscritte dall’istituto di credito ai danni del Consorzio I.R.E.C.; che fossero cancellate; che fosse dichiarata l’inesistenza del diritto dell’istituto di credito di procedere ad esecuzione forzata nei loro confronti;

– si costituì in giudizio Intesa Gestione Crediti S.p.a., quale procuratrice di Banca Intesa S.p.a. (incorporante Cariplo S.p.a.), resistendo all’opposizione e chiedendo di chiamare in causa il Comune di Maddaloni, per essere garantita ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 37;

– quest’ultima richiesta venne rigettata;

– il Tribunale di S.M.C.V., con sentenza pubblicata il 14 maggio 2010, accolse l’opposizione, dichiarò che Banca Intesa S.p.a. non aveva diritto di procedere esecutivamente contro gli opponenti ed ordinò la cancellazione della trascrizione del pignoramento:

– Italfondiario S.p.A., incorporante Castello Gestione Crediti srl, nella sua qualità di procuratore di Intesa San Paolo, propose appello, deducendo: con un primo motivo (sub 1 e 2 dell’atto di citazione) l’erroneità della statuizione del Tribunale che aveva ritenuto l’estinzione delle ipoteche iscritte il 15 novembre 1982, per non essere state rinnovate nel termine dell’art. 2847 c.c.: con un secondo motivo (sub 3 dell’atto di citazione) che l’ipoteca, iscritta sui beni acquistati dagli opponenti, si sarebbe dovuta reputare valida ed efficace, in quanto il Comune di Maddaloni aveva acquistato la proprietà degli immobili realizzati dal Consorzio I.R.E.C. per accessione invertita già in epoca precedente la decadenza di quest’ultimo dalla convenzione stipulata ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35, avendo perciò errato il primo giudice che aveva ritenuto che la risoluzione della convenzione avesse comportato l’estinzione delle ipoteche:

– la Corte d’Appello ha reputato decisiva la prima delle due rationes decidendi poste dal Tribunale a fondamento dell’accoglimento dell’opposizione, vale a dire l’estinzione delle ipoteche per la mancata rinnovazione dell’iscrizione nel ventennio, anche in pendenza di processo esecutivo. Conseguentemente, rigettato il corrispondente motivo d’appello, ha reputato “irrilevante” il motivo ulteriore, poichè riferito ad una ragione della decisione “aggiuntiva ed alternativa a quella già scrutinata e condivisa da questa Corte”.

1.1.- Il ricorso è proposto con due motivi.

Resistono con controricorso i resistenti indicati in epigrafe.

L’intimato Fallimento non si difende.

2.- Col primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 2847, 2913, 2914, 2915, 2916 e 2943 c.c. e della L. Fall., artt. 45, 94 e 96, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Parte ricorrente sostiene che la sussistenza dell’ipoteca si sarebbe dovuta valutare esclusivamente al momento in cui è stato trascritto il pignoramento sui beni ipotecati, non avendo in tale caso alcun rilievo il sopraggiunto decorso del termine ventennale per la rinnovazione dell’ipoteca posta a garanzia del finanziamento fondiario. La rinnovazione dell’iscrizione ipotecaria sarebbe stata resa inutile dall’esecuzione e dalla pendenza del pignoramento nei confronti dei terzi acquirenti dei beni ipotecati.

2.1.- Il motivo è manifestamente infondato, considerato il principio di diritto, ripetutamente affermato da questa Corte – da ultimo con le sentenze n. 5628/14 e n. 6841/15 (pronunciate in riferimento alla stessa vicenda oggetto del presente ricorso, pur se nei confronti di resistenti diversi dagli attuali) – secondo cui l’effetto dell’iscrizione ipotecaria cessa, ai sensi dell’art. 2847 c.c., se questa non è rinnovata prima della scadenza del termine di venti anni dalla sua data anche nel corso della procedura esecutiva individuale e fino alla pronunzia del decreto di trasferimento del bene ipotecato (principio già affermato, tra le altre, da Cass. n. 7498/12, alla cui motivazione si fa rinvio integrale).

Il ricorso non offre elementi per mutare questo orientamento.

Poichè è accertato che le iscrizioni ipotecarie del 18 novembre 1982 non sono state rinnovate prima della scadenza del 2002, pur essendo stato notificato e trascritto nel 2000, nei confronti degli odierni resistenti, un atto di pignoramento avente ad oggetto gli immobili ipotecati, che ha dato luogo alla procedura esecutiva n. 438/00 R.G.E. del Tribunale di S.M.C.V. (già oggetto delle due pronunce su citate), il primo motivo va rigettato.

3.- Col secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per “omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4” relativamente al motivo di ricorso concernente la “mancata estinzione dell’ipoteca concessa al Consorzio I.r.e.c. stante l’acquisizione, in favore del Comune di Maddaloni, dei beni oggetto di ipoteca, in virtù di accessione invertita”.

3.1.- Il motivo è manifestamente infondato quanto alla denuncia di omessa pronuncia; inammissibile nel resto.

La Corte d’Appello si è pronunciata su questo motivo, quindi non vi è alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c..

3.2.- Nel pronunciarsi sul motivo d’appello, la Corte l’ha reputato “irrilevante” (rectius, inammissibile) per carenza di interesse, poichè ha reputato che la sentenza di primo grado fosse basata su due distinte rationes decidendi e che, avendo la Corte d’appello medesima già condiviso la prima di queste (concernente l’estinzione delle ipoteche per mancata rinnovazione delle iscrizioni) fosse venuto meno l’interesse dell’appellante ad ottenere una pronuncia sulla seconda ratio.

In sostanza, il giudice di secondo grado ha fatto applicazione del principio di diritto secondo cui “Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta deftnitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa” (così Cass. n. 2108/12e numerose altre).

La ricorrente avrebbe dovuto censurare l’applicazione di questo principio al caso di specie o comunque la statuizione di “irrilevanza” (rectius, inammissibilità) del motivo di appello. Invece, si è limitata a riproporre in questa sede l’originaria censura rivolta avverso la sentenza di primo grado, senza farsi carico della decisione del giudice d’appello, così incorrendo nel già evidenziato vizio di inammissibilità della censura.

In conclusione, si propone che il ricorso sia rigettato”.

La relazione è stata notificata come per legge.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto della relazione.

La memoria della società ricorrente non offre argomenti per superare detti motivi, dovendosi dare atto che le ragioni esposte a fondamento del rigetto del primo motivo sono state ribadite dalla recente Cass. n. 1620/16. Le (ulteriori) considerazioni svolte in quest’ultima sentenza – perciò citata nella memoria della ricorrente- in merito ai rapporti tra l’iscrizione ipotecaria e la risoluzione della convenzione stipulata tra il Comune e l’IREC non sono pertinenti ai fini della decisione. Esse infatti attengono al merito di un motivo di gravame che la Corte d’appello, nel caso di specie, ha ritenuto irrilevante (reclius, inammissibile) per carenza di interesse, con decisione, non solo in sè non censurata, ma comunque ineccepibile alla stregua del principio di diritto richiamato nella relazione.

Perciò il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida, in favore dei resistenti, in solido, nell’importo complessivo di Euro 20.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese processuali, IVA e CPA come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

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