Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34004 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 07/11/2019, dep. 19/12/2019), n.34004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

Contro

T.C., rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa

in calce al controricorso, dall’Avv.to Salvatore Lo Giudice, il

quale ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso

lo studio dell’Avv.to Mario Mellini, alla piazza Bainsizza n. 1, in

Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 791, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di

Palermo il 17.2.2015 e pubblicata il 27.2.2015;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate a seguito di Processo Verbale di Costatazione (Pvc) redatto dalla Guardia di Finanza all’esito di indagini finanziarie eseguite ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, notificava il 30.10.2009 a T.C., titolare dell’omonima ditta individuale, due avvisi di accertamento, nn. R31010100392 e R31010100393, attinenti ad Iva, Irpef ed Iva, oltre accessori, in relazione agli anni 2003 e 2004.

Il contribuente impugnava gli atti impositivi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento, contestandone la fondatezza e l’applicazione delle sanzioni. In particolare, annota la CTR, T.C. “rilevava diversi profili di illegittimità ed errori, chiedendo, in via preliminare, l’annullamento dell’accertamento per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, e dell’art. 24 Cost.” (sent. CTR, p. 2). L’Amministrazione finanziaria replicava sostenendo la fondatezza dell’accertamento e sottolineava la mancata comparizione del contribuente in sede di invito al contraddittorio. “Con memoria aggiunta del 27.1.2011, il ricorrente contestava l’accertamento, deducendo di svolgere lavori edili di modeste dimensioni e che le presunzioni semplici non potevano costituire prove legali… contestava, inoltre, l’attribuzione di operazioni bancarie riferite alla moglie…” (sent. CTR, p. 2 s.). La CTP accoglieva l’impugnativa, ma solo limitatamente al “credito agrario e alle fatture di vendita di prodotti agricoli della moglie confluiti nel conto corrente” (sent. CTR, p. 3).

L’Ente impositore impugnava la decisione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia. La CTR, ritenuto che l’Amministrazione finanziaria si fosse limitata esclusivamente a fare riferimento all’avviso di accertamento, senza fornire alcun altro elemento presuntivo, rigettava il ricorso. Avverso la decisione assunta dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Amministrazione finanziaria, affidandosi a sei mezzi d’impugnazione. Resiste mediante controricorso T.C..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Occorre rilevare, in via preliminare, che il controricorrente ha contestato la inammissibilità del ricorso per cassazione introdotto dall’Agenzia delle Entrate, per essere stato notificato servendosi del servizio postale, risultando però omessa l’indicazione della qualifica del soggetto notificatore e la sottoscrizione dello stesso.

La questione appare infondata. Il ricorso per cassazione risulta notificato il 23.7.2015 sia al ricorrente, in mani proprie, sia al difensore, anche questa volta in mani proprie, ed entrambi hanno sottoscritto la cartolina attestante il ricevimento dell’atto. L’ufficiale notificatore ha, in ambedue i casi, sottoscritto anch’egli la cartolina. Non si rinviene pertanto l’inesistenza della notificazione lamentata dal controricorrente, che ha del resto dimostrato di non essere risultato leso nel suo diritto di difesa, avendo potuto articolare con completezza i propri argomenti.

1.1. – Con il primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Amministrazione finanziaria contesta la nullità della sentenza “con riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 24” (ric., p. VI), per avere la CTR posto a fondamento della propria decisione un motivo di ricorso completamente nuovo, proposto tardivamente dal contribuente con memoria aggiuntiva datata 28.1.2011.

1.2. – Mediante il suo secondo mezzo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’Ente impositore censura il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non aver ritenuto inammissibili i motivi aggiunti proposti dal contribuente, e comunque per aver omesso di pronunciarsi sul punto.

1.3. – Con il terzo motivo di gravame, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia ricorrente critica la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, “nella parte in cui ha ritenuto che l’importo di prelevamenti di cui il contribuente non ha mai indicato i beneficiari fosse deducibile dai ricavi” (ric., p. VII).

1.4 – Mediante il quarto motivo d’impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’Ente impositore contesta la decisione adottata dalla CTR per aver omesso la motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia, perchè sin dagli atti impositivi era stato evidenziato che il contribuente non era stato in grado di giustificare i versamenti ed i prelevamenti accertati mediante indagine dei suoi rapporti bancari, e gli stessi sono da considerare ricavi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, quando il ricorrente non ne indichi il soggetto beneficiario. Inoltre, “l’erogazione in data 15.1.2004 per Euro 29.796,00… si evince… dall’estratto conto del 31 marzo 2004 del Monte dei Paschi di Siena… non è mai avvenuta in capo alla signora S.A., coniuge del sig. T.C., ma beneficiari erano i sigg.ri L.P. e T.R., non dunque la moglie come sostenuto nella memoria aggiuntiva” (ric., p. IX).

1.5. – Con il suo quinto motivo di gravame, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente censura la violazione dell’art. 2697 c.c., in cui è incorsa l’impugnata decisione per avere la CTR “violato il principio dell’onere della prova, ritenendo che fosse onere dell’Ufficio addurre elementi certi ed inconfutabili a dimostrazione dell’inattendibilità degli elementi addotti dal contribuente” (ric., p. VIII).

1.6. – Mediante il suo sesto mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Amministrazione finanziaria lamenta la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 41 e 41 bis, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, commi 1 e 2, nonchè degli artt. 2727 e 2729 c.c., per non aver “tenuto conto del potere dell’Ufficio di determinare il reddito mediante presunzioni purchè fondate su elementi gravi, precisi e concordanti” (ric., p. XI), certamente ricorrenti nel caso di specie.

2.1. – 2.2. – Mediante i suoi primi due motivi di ricorso, esposti in relazione ai profili della nullità della sentenza e del vizio di motivazione, l’Agenzia delle Entrate contesta la decisione impugnata per avere la CTR ritenuto ammissibile la proposizione di un motivo di ricorso completamente nuovo, poi parzialmente accolto in sede di decisione, sebbene introdotto dal contribuente soltanto mediante memoria aggiunta, successivamente alla proposizione del ricorso di primo grado. L’Ente impositore non manca di riprodurre la formula con la quale ha censurato il vizio in questione mediante l’atto di appello.

Invero la CTR ha avuto cura di riportare che, nel suo ricorso introduttivo, il contribuente aveva rilevato “diversi profili di illegittimità ed errori, chiedendo, in via preliminare, l’annullamento dell’accertamento per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, e dell’art. 24 Cost.” (sent. CTR, p. 2), e solo con “memoria aggiunta del 27.1.2011, il ricorrente contestava l’accertamento, deducendo di svolgere lavori edili di modeste dimensioni e che le presunzioni semplici non potevano costituire prove legali… contestava, inoltre, l’attribuzione di operazioni bancarie riferite alla moglie…” (sent. CTR, p. 2 s.). Il giudice dell’appello, tuttavia, non ha affrontato il problema della tardività delle contestazioni proposte dal contribuente, in quanto introdotte non mediante il suo ricorso introduttivo, bensì con una successiva memoria.

In considerazione della natura della contestazione in esame, che lamenta un error in procedendo, questa Corte di legittimità, giudice del fatto processuale, ha ritenuto di dover accedere al fascicolo delle fasi di merito, ed ha esaminato in primo luogo il ricorso introduttivo redatto nell’interesse di T.C. e depositato il 6.4.2010. Quest’ultimo, nell’atto introduttivo del primo grado del giudizio, aveva contestato il difetto di legittimazione attiva del funzionario dell’Agenzia che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento notificatogli; aveva lamentato la nullità dell’avviso perchè basato su dati acquisiti in forme illegittime dalla Guardia di Finanza, che risultavano perciò inutilizzabili; aveva censurato il vizio di motivazione dell’atto impositivo impugnato; aveva, alfine, contestato il vizio di motivazione del provvedimento irrogativo delle sanzioni. Le ragioni di contestazione che sono state accolte dalla CTP con decisione poi confermata dalla CTR attengono, diversamente,”alle voci bancarie che il ricorrente prova essere afferenti all’attività della propria moglie e pertanto il Collegio esclude dalla base imponibile le somme relative al credito agrario intestato alla propria moglie nonchè le somme relative alle fatture di vendita dei prodotti agricoli della propria moglie” (sent. CTP, p. 2). Queste ultime contestazioni riassunte ed accolte dai giudici del merito, però, risultavano del tutto assenti nel ricorso introduttivo del giudizio, e sono state proposte soltanto con memoria integrativa, prodotta in corso di giudizio e datata 26.1.2011.

In materia, questa Corte di legittimità afferma tradizionalmente che “il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 18 e 24), i quali costituiscono la “causa petendi” rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo”, Cass. sez. V, 24.6.2011, n. 13934, ed ha di recente riaffermato che “nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione, nella memoria D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32, di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento… in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2,”, Cass. sez. V, 24.7.2018, n. 19616.

I primi due motivi di ricorso, pertanto, devono essere accolti, conseguendone l’annullamento senza rinvio dell’originario ricorso introdotto dal contribuente.

Gli ulteriori motivi di ricorso rimangono assorbiti.

In conseguenza, devono essere accolti i primi due motivi di ricorso proposti dall’Ente impositore, assorbiti gli ulteriori. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, letto l’art. 384 c.p.c., comma 2, decidendo la Corte nel merito, deve essere rigettato l’originario ricorso proposto dal contribuente.

Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle Entrate, assorbiti gli ulteriori, cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e rigetta l’originario ricorso proposto dal contribuente. Condanna T.C. al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente, e le liquida in complessivi Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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