Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33981 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 19/12/2019), n.33981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8103/2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresentata e difende

ope legis;

– ricorrente –

contro

B.E. e J.B., elettivamente domiciliati in Roma,

via Flaminia 109, presso lo studio dell’Avv. Condorelli Pietro, che

li rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 175/2018 della CTR di Roma, depositata il

12/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2019 dal Consigliere REGGIANI ELEONORA;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 175/2018, depositata il 12/01/2018, la CTR di Roma, ha confermato la decisione di primo grado, con la quale era stato accolto il ricorso presentato da B.E. e J.B. contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con cui l’Agenzia delle entrate, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, aveva provveduto alla revisione parziale del classamento dell’unità immobiliare di loro proprietà, sita in (OMISSIS) (categoria Al), innalzandolo dalla classe 2 alla classe 3.

Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, con atto notificato il 14/03/2018, formulando un unico motivo di impugnazione.

Gli intimati hanno resistito con controricorso, eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso avversario.

Trasmesso il fascicolo alla sezione semplice con ordinanza interlocutoria del 20/03/2019, i controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa delle loro difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente devono essere disattese le eccezioni di inammissibilità avanzate dalla controricorrente.

Dalla semplice lettura del ricorso per cassazione si evince che lo stesso è tale da rendere ben comprensibile il contenuto delle doglianze avanzate, individuando le parti della decisioni censurate e gli argomenti posti a fondamento delle critiche mosse.

Il ricorso, inoltre, non si limita a proporre una soluzione interpretativa diversa a quella del giudice di appello, ma ne illustra gli argomenti, fondandosi su un orientamento giurisprudenziale sia pure attualmente minoritario.

2. Con il primo e unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate censura la sentenza impugnata prospettando la violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto che la rettifica del classamento di un modello DOCFA, avvenuta ben sette prima della revisione del classamento impugnata, potesse essere sufficiente a soddisfare l’onere della prova contraria da parte del contribuente, perchè l’Amministrazione aveva evidenziato nell’avviso di accertamento tutti gli elementi necessari alla revisione del classamento (valore medio catastale e di mercato per ogni microzona e superamento della soglia di significatività con i relativi prospetti di calcolo, cambiamenti del tessuto urbano anche notori che hanno determinato la rivalutazione di tutto il patrimonio immobiliare della zona e della connessa redditività).

3. Si deve subito rilevare che la censura riguarda la parte della sentenza di appello in cui il giudice di merito ha dato rilievo, ai fini della legittimità dell’atto di accertamento catastale, alla mancanza della motivazione in ordine alla necessità di procedere alla revisione del classamento, nonostante la specifica unità immobiliare fosse stata già oggetto di variazione catastale sette anni prima, che aveva portato all’attribuzione della classe 2 (divenuta classe 3 con l’atto impugnato).

In particolare, il giudice di appello ha affermato che “Nel caso di specie, i contribuenti hanno evidenziato come già nel 2006 (quindi quando già era entrata in vigore la L. n. 311 del 2004) l’immobile avesse subito una variazione catastale e che a fronte di tale oggettiva circostanza l’Amministrazione, nel provvedimento del 2013, non ha giustificato la necessità di un’ulteriore revisione. La totale assenza di motivazione sul punto rende illegittimo l’avviso di accertamento impugnato”.

Secondo la ricorrente infatti, l’intervenuta variazione catastale non incide sui presupposti per operare la revisione del classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, dato dallo scostamento superiore al 35% del rapporto tra il valore medio di mercato e il valore medio catastale dei beni nella microzona di appartenenza dell’immobile in questione rispetto al medesimo rapporto nelle altre microzone.

4. Il motivo di ricorso è però infondato e deve essere respinto.

4.1. Com’è noto, l’atto di classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria consiste nella collocazione di ogni singola unità in una data categoria e in una data classe, in base alle quali viene attribuita la rendita (cfr. art. 61 del Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con D.P.R. n. 1142 del 1949, e D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 8 e 9).

La categoria e la classe costituiscono i due distinti segmenti dell’unitaria operazione del classamento.

La categoria viene assegnata in considerazione della normale destinazione funzionale dell’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 2).

La classe, invece, che rappresenta il livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare nell’ambito del mercato edilizio della microzona, viene attribuita non solo in base alle caratteristiche edilizie dell’unità immobiliare, o del fabbricato che la comprende, ma anche in considerazione della qualità urbana e ambientale della microzona in cui l’unità immobiliare è ubicata, dovendosi intendere per qualità urbana il livello delle infrastrutture e dei servizi e per qualità ambientale il livello di pregio o di degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici ancorchè determinati dall’attività umana (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 3).

Nelle procedure valutative, compiute ai fini del classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria e del suo aggiornamento su basi automatiche, la qualità urbana ed ambientale e le caratteristiche edilizie, sopra richiamate, sono espresse attraverso il “fattore posizionale” e il “fattore edilizio”, i quali, espressi in appropriate scale di misura, concorrono alla identificazione del parametro globale d’apprezzamento del livello reddituale per metro quadrato della superficie catastale dell’unità immobiliare (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, commi 5 e 8).

Il “fattore edilizio” è il parametro rappresentativo dei seguenti caratteri distintivi del fabbricato e dell’unità immobiliare (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 7):

a) dimensione e tipologia;

b) destinazione funzionale;

c) epoca di costruzione;

d) struttura e dotazione impiantistica;

e) qualità e stato edilizio;

f) pertinenze comuni ed esclusive;

g) livello di piano.

Il “fattore posizionale” è invece il parametro rappresentativo dei caratteri della microzona, nonchè dello stato e della qualità dei luoghi circostanti il fabbricato con particolare riferimento a quelli aventi destinazione pubblica, semprechè siano permanenti e significativi ai fini del classamento (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 7).

Per microzona si intende una porzione del territorio comunale, spesso coincidente con l’intero Comune, che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, in quelli urbanistici, storico-ambientali, socioeconomici, nonchè nella dotazione dei servizi e infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 2).

4.2. Il legislatore è intervenuto più volte, nel tentativo di realizzare una riforma del catasto, al fine di eliminare, o quanto meno di contenere, le sperequazioni impositive derivanti dallo squilibrio, per alcuni immobili, tra i valori catastali riferiti ad anni risalenti e i valori di mercato attuali, accresciuti notevolmente dalla collocazione in un mutato sistema economico-culturale dell’assetto urbano.

Sono stati così previsti dei meccanismi che hanno consentito di effettuare, in presenza di specifici presupposti e condizioni, degli interventi correttivi di portata generalizzata ed hanno sollecitato l’Amministrazione finanziaria a procedere a delle verifiche massive.

Possono, in particolare, individuarsi tre ipotesi di revisione del classamento su iniziativa dell’Amministrazione comunale.

La prima è quella prevista dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, secondo la quale il Comune può chiedere l’intervento dell’Agenzia delle entrate per ottenere la revisione del classamento di un immobile, quando il medesimo classamento risulti non aggiornato o palesemente incongruo rispetto a fabbricati similari e aventi medesime caratteristiche.

Un’altra ipotesi è quella disciplinata dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, relativa al classamento di immobili che non siano stati dichiarati o che abbiano subito variazioni edilizie non denunziate.

La terza ipotesi è quella che interessa il presente giudizio ed è disciplinata dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, il quale stabilisce che “La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio”.

Nella stessa disposizione si legge che “Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima”.

In applicazione di quanto appena riportato, è stata adottata la determinazione direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), che ha provveduto a stabilire le modalità di aggiornamento del valore medio di mercato e a individuare la soglia minima di significatività dello scostamento tra il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale, rispetto all’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali (pari al 35%, eventualmente innalzabile da ciascun Comune).

4.3. Le tre ipotesi appena richiamate sono tra loro distinte ed hanno presupposti, condizioni e procedure diverse.

In particolare, mentre le prime due delle tre suddette ipotesi di revisione del classamento dipendono da fattori intrinseci specificamente riguardanti il singolo immobile considerato, la terza ipotesi, che è quella che qui viene in esame, prevede un riclassamento dovuto, in via principale, a fattori estrinseci che interessano l’intera macroarea e che si riflettono sul “fattore posizionale” (v. supra) della singola unità immobiliare.

In altre parole, per adeguare il classamento alla realtà delle effettive caratteristiche costruttive ed edilizie, anche sopravvenute, di ciascun immobile, considerato isolatamente, sono previste le prime due diverse procedure di revisione sopra descritte. La revisione del classamento disciplinato dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, si inserisce, invece, in un fenomeno massivo, che riguarda la zona a cui conseguentemente sul valore di quest’ultimo.

Ovviamente, qualora l’Amministrazione finanziaria faccia descritte procedure di revisione del classamento, non può poi, nel corso del giudizio, legittimare la sua pretesa invocando condizioni e fattori che non siano rilevanti per la specifica procedura di revisione intrapresa, anche se sono idonei a giustificare la revisione del classamento nel quadro di una procedura diversa (v. in tal senso Cass., Sez. 5, n. 23046 del 17/09/2019).

D’altronde, l’attribuzione d’ufficio di un nuovo classamento impone all’Amministrazione di specificare in modo chiaro, nell’avviso di accertamento, le ragioni della modifica, senza alcuna possibilità per l’Agenzia delle entrate di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto, nell’evidente fine di delimitare l’oggetto dell’eventuale giudizio contenzioso (Cass., Sez. 5 civ., n. 22900 del 29/09/2017).

4.4. Quando è operato il mutamento della rendita ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa della revisione non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la richiesta di adeguamento del Comune, bensì l’accertamento di una peculiare modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, posto che, come si evince dalla norma, l’intervento è possibile nelle microzone per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale si discosti significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.

La disposizione è stata posta al vaglio della Corte costituzionale, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. (Corte Cost., n. 249 del 01/12/2017),

La Corte costituzionale ha ricordato che la rendita catastale non costituisce di per sè un presupposto d’imposta – e pertanto non è direttamente prospettabile, in riferimento ad essa, una questione collegata al parametro di cui all’art. 53 Cost. – ma i criteri per la determinazione delle tariffe di estimo e delle rendite catastali, ove non ispirati a principi di ragionevolezza, possono porre le premesse per l’incostituzionalità delle singole imposte che su di essi si fondino. La capacità contributiva, desumibile dal presupposto economico al quale l’imposta è collegata, può infatti essere ricavata da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità, sotto il profilo della palese arbitrarietà e manifesta irragionevolezza.

La stessa Corte costituzionale ha così evidenziato che la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, tanto che il “fattore posizionale” già costituisce una delle voci prese in considerazione dal sistema catastale in generale. Può quindi ritenersi non irragionevole che l’accertamento di una modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona abbia una ricaduta sulla rendita catastale della singola unità immobiliare. Il conseguente adeguamento, proprio in quanto espressione di una accresciuta capacità contributiva, è volto, in sostanza, ad eliminare una sperequazione esistente a livello impositivo.

La finalità perequativa si realizza attraverso un riallineamento tra le varie microzone, quando ve ne siano alcune in cui il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente (e cioè per più del 35%, salva maggiore determinazione comunale) dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle altre microzone.

La revisione è, in altre parole, finalizzata a ridurre lo scarto tra valore di mercato e valore catastale delle unità immobiliari nelle microzone in cui esso è maggiore del 35% rispetto al rapporto tra valore di mercato e valore catastale mediamente presente sul territorio comunale. Le rendite catastali delle unità immobiliari comprese nella microzona “anomala” possono dunque essere aumentate in misura percentualmente corrispondente a quella necessaria e sufficiente a rendere il rapporto tra il valore medio di mercato ed il valore medio catastale delle unità immobiliari della microzona non superiore al 35% rispetto all’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.

4.5. Da quanto appena evidenziato emerge con chiarezza che, nelle ipotesi in esame, la revisione del classamento delle singole unità immobiliari è espressione della specifica (ed esclusiva) valorizzazione del “fattore posizionale”, con finalità chiaramente perequative.

Ciò non toglie che, una volta ritenuti sussistenti i presupposti per procedere alla revisione parziale ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, i singoli atti attributivi delle nuove rendite catastali debbano valutare, ed esplicitare, le ragioni della revisione del classamento con riferimento alla specifica unità immobiliare revisionata, in base a regole, che, in assenza di diverse disposizioni, non possono che essere quelle generali, previste dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, richiamato dal successivo medesimo D.P.R., art. 9 (così da ultimo Cass., Sez. 5 civ., n. 19810 del 23/07/2019; v. anche Cass., Sez. 6-5 civ., n. 4712 del 09/03/2015).

Se, dunque, in ragione dei menzionati presupposti, secondo una scelta legislativa considerata ragionevole dalla stessa Corte costituzionale, la revisione del classamento delle unità immobiliari è correlata ad uno solo dei suoi criteri determinativi (il “fattore posizionale”), degli altri criteri previsti dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, e in particolare del “fattore edilizio”, deve tenersi conto ai fini della determinazione della nuova classe e della conseguente rendita catastale spettante alle singole unità immobiliari.

4.6. In conclusione, se l’Amministrazione intende procedere alla revisione del classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, deve seguire un iter scomponibile, sul piano funzionale, in due fasi.

Nella prima fase, ha l’onere di accertare i presupposti di fatto che legittimano la c.d. riclassificazione di massa.

Nella seconda fase l’Amministrazione ha l’onere di individuare ed applicare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri di riclassificazione della singola unità immobiliare.

4.7. Com’è noto, la L. n. 212 del 2000, art. 7, richiede di indicare “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione”, al fine di consentire al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa e di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, (v. ex multis Cass., Sez. 5 civ., n. 14987 dell’08/06/2018; Cass., Sez. 5 civ., n. 12777 del 23/05/2018; Cass. Sez. 6-5 civ., n. 25037 del 23/10/2017).

Nel rispetto di tale obbligo motivazionale, la revisione del classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, impone all’Amministrazione finanziaria di specificare in modo chiaro, nell’avviso di accertamento, le ragioni della modifica effettuata con riferimento ad entrambe le fasi valutative appena menzionate.

La stessa Corte costituzionale, nella pronuncia sopra richiamata (v. ancora Corte cost, n. 249 del 01/12/2017) ha evidenziato che la natura e le modalità della revisione del classamento, previste dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, impongono di enfatizzare l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che determinano il diverso classamento della singola unità immobiliare, aggiungendo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione (che riguarda tutti gli immobili di una determinata microarea), deve essere assolto in maniera rigorosa, in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano l’adozione del provvedimento nei suoi confronti (v. ancora Cass., Sez. 5 civ., n. 19810 del 23/07/2019).

4.8. In tale quadro, correttamente la CTR ha ritenuto che l’atto di accertamento non fosse compiutamente motivato, in quanto la circostanza dell’intervenuta variazione catastale, operata solo sette anni prima del nuovo classamento, avrebbe dovuto essere ivi valutata dall’Amministrazione, la quale avrebbe dovuto spiegare, con riferimento a quella specifica unità immobiliare, che cosa fosse successo nei sette anni intercorsi tra la precedente revisione e l’ultima, da giustificare il cambiamento della classe con il provvedimento impugnato.

Solo in questo modo il contribuente avrebbe potuto comprendere le ragioni del nuovo classamento, in modo tale da poter valutare se condividere la scelta operata dall’Amministrazione o difendersi da essa.

5. Rigettato il ricorso, le spese del presente procedimento devono essere compensate in considerazione della recente stabilizzazione della giurisprudenza in materia di motivazione del provvedimento di revisione di classamento.

Poichè risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, trattandosi di amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (v. da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 22646 del 11/09/2019).

P.Q.M.

La Corte

– rigetta il ricorso;

– compensa le spese del procedimento.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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