Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3398 del 13/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3398 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso 22517-2012 proposto da:
ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA 09633951000, in persona del
suo procuratore nella sua qualità di procuratrice di ENEL
DISTRIBUZIONE SPA in proprio quale beneficiaria del ramo di
azienda già di ENEL DISTRIBUZIONE SPA, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso
lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che la rappresenta e difende
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
BENENATI ANDREA;

Data pubblicazione: 13/02/2014

- intimato –

avverso la sentenza n. 353/2012 del TRIBUNALE di CROTONE del
5/07/2012, depositata il 09/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

udito l’Avvocato Luigi Manzi difensore della ricorrente che ha chiesto
raccoglimento del ricorso.

Ric. 2012 n. 22517 sez. M3 – ud. 16-01-2014
-2-

16/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

22517/2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Crotone, con sentenza del 9 luglio 2012, ha
rigettato l’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a.
avverso la sentenza di del Giudice di Pace che aveva accolto

risarcimento del danno derivato dall’avere dovuto sborsare le
tasse postali per il pagamento delle bollette di energia
elettrica, in conseguenza dell’inadempimento da parte
dell’Enel all’art. 6, comma, 4, della Deliberazione 28
dicembre 1999 n. 200, con cui l’Autorità per L’Energia
Elettrica ed il Gas (A.E.E.G) aveva imposto agli esercenti il
servizio di distribuzione e vendita dell’energia elettrica e,
quindi, all’Enel, di “offrire al cliente almeno una modalità
gratuita di pagamento della bolletta”.
L’appello dell’Enel era stato articolato,

per quanto

interessa riferire ai fini della presente decisione, con
l’assunto che, nella specie, l’art. 6, comma, 4, non aveva
avuto efficacia integrativa del contratto ed il Tribunale ha
disatteso tale motivo, reputando il contrario e precisamente
che tale efficacia si era dispiegata ai sensi dell’art. 1339
c.c..
Avverso la decisione del Tribunale ha proposto ricorso per
cassazione l’Enel servizio Elettrico s.p.a. (nella duplice
qualità, giusta i riferimenti ai relativi atti notarili, di
procuratrice speciale dell’Enel Distribuzione s.p.a. e di

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la domanda di Andrea Benenati, intesa ad ottenere il

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beneficiaria del ramo di azienda di quest’ultima costituito
dal complesso di beni e rapporti, attività e passività
relativi all’attività di vendita di energia elettrica a
clienti finali).

resistito.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio rileva preliminarmente che non è di ostacolo alla
trattazione del ricorso la mancata presenza, alla odierna
udienza, del rappresentante della Procura generale presso
questa Corte.
Invero, l’art. 70, comma 2, cod. proc. civ., quale risultante
dalle modifiche introdotte dall’art. 75 decreto-legge 21
giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, nella
legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede che il pubblico ministero
“deve intervenire nelle cause davanti alla Corte di
cassazione nei casi stabiliti dalla legge”.
A sua volta, l’art. 76 r.d. 10 gennaio 1941, n. 12, come
sostituito dall’art. 81 del citato decreto legge n. 69, al
primo comma dispone che ” il pubblico ministero presso la
Corte di cassazione interviene e conclude: a) in tutte le
udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni
unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni
semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle

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Al ricorso, che propone due motivi, la parte intimata non ha

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che si svolgono dinanzi alla sezione di cui all’art. 376,
primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile”.
L’art. 376, primo comma, cod. proc. civ. stabilisce che ” Il
primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni

che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in
camera di consiglio”.
Infine, l’art. 75 del già citato decreto legge n. 69 del
2013, quale risultante dalla legge di conversione n. 98 del
2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione
dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e la
modificazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e 390,
primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina
del rito camerale alla disposta esclusione della
partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si
tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo
comma, al secondo comma ha stabilito che ” Le disposizioni di
cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla
Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione
dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio sia
adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata
in vigore della legge di conversione del presente decreto”, e
cioè a far data dal 22 agosto 2013.
Il Collegio, a tal fine, rileva che l’esplicito riferimento
contenuto, sia nell’art. 76, comma primo, lett. b), del r.d.

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previste dall’art. 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione

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n. 12 del 1941 ( come modificato dall’art. 81 del decreto
legge n. 69 del 2013), sia nell’art. 75, comma 2, citato,
alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione ( e cioè
quella di cui all’art. 376, primo comma, cod.proc.civ.),

abilitata a tenere, oltre alle adunanze camerali, anche
udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si tengono
presso la stessa sezione non è più obbligatoria la
partecipazione del pubblico ministero.
Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell’ufficio
del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell’art. 70,
terzo comma, cod.proc.civ., e cioè ove ravvisi un pubblico
interesse.
Nel caso di specie, il decreto di fissazione dell’udienza
odierna è stato emesso in data successiva al 22 agosto 2013,
sicché deve concludersi che l’udienza pubblica ben può essere
tenuta senza la partecipazione del rappresentante della
Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto
ufficio, al quale pure copia integrale del ruolo di udienza è
stata trasmessa, ravvisato un interesse pubblico che
giustificasse la propria partecipazione ai sensi dell’art.
70, terzo comma, cod.proc.civ..
Nel merito

Con il primo motivo la ricorrente denuncia

violazione degli

artt. 1175 e 1374 c.c., in rapporto all’art. 6.4. della

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consenta di ritenere, non solo che la detta sezione è

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delibera dell’AEEG n. 200 del 1999 (art. 360 n. 3 c.p.c.)3g.E
e falsa applicazione dell’art. 2 della Legge 14 novembre 1995
n. 481.
Si assumendosi che la deliberazione n. 200 del 1999, e

l’effetto di integrare il contratto di utenza, come già
affermato dalle sentenze di questa Corte nn. 16401 e 17786
del 2011, dalle quali il Tribunale, pur mostrando di
conoscerle, avrebbe preso le distanze senza esporre
effettivamente le ragioni del suo dissenso.
Con il secondo motivo si denuncia

violazione dell’art. 1339

c.c. in relazione all’art. 6.4. della delibera dell’AEEG n.
200 del 1999 (art. 360 n. 3 c.p.c.),

sotto il profilo che

l’efficacia di integrazione del contratto di utenza ai sensi
dell’art. 1339 c.c. non si sarebbe potuta produrre anche
perché l’inosservanza della delibera avrebbe solo prodotto la
conseguenza della possibilità per l’AEEG di esercitare un
potere sanzionatorio.
Il primo motivo è fondato, con il conseguente assorbimento
del secondo.
Va ricordato che, con una serie di decisioni emesse a seguito
dell’udienza dell’8 giugno 2011, di cui è capofila Cass. n.
16401 del 2011 ed in particolare con la sentenza n. 17786 del
2011, questa Corte ha affermato anzitutto il seguente
principio di diritto: ” Il potere normativo secondario (o,

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particolarmente l’art. 6, comma 4, di essa, non aveva avuto

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secondo una possibile

qualificazione

alternativa,

di

emanazione di atti amministrativi precettivi collettivi)
dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi

nella

previsione

di

h),

si può concretare anche

prescrizioni

che,

attraverso

l’integrazione del regolamento di servizio, di cui al comma
37 dello stesso art. 2, possono in via riflessa integrare, ai
sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei rapporti di
utenza individuali pendenti anche in senso derogatorio di
norme di legge, ma alla duplice condizione che queste ultime
siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle _
stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta
dall’Autorità

a

tutela

dell’interesse

dell’utente

o

consumatore, restando, invece, esclusa – salvo che una
previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad
efficacia diretta – non la consenta – la deroga a norme di
legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di legge
dispositive a sfavore dell’utente e consumatore”.
Dopo di che, con ampia motivazione che si basa sulla
oggettiva inidoneità per il suo contenuto indeterminato a
svolgere la funzione prevista dall’art. 1339 c.c. ed alla
quale si rinvia, si è concluso che deve ” escludersi che la
prescrizione dell’art. 6, comma 4, della deliberazione
dell’A.E.E.G. n. 200 del 1999 abbia comportato la modifica o
integrazione del regolamento di servizio del settore

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dell’art. 2, comma 2, lettera

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esistente all’epoca della sua adozione e, di riflesso,
l’integrazione dei contratti di utenza ai sensi dell’art.
1339 c.c., di modo che l’azione di responsabilità per
inadempimento contrattuale esercitata dalla parte attrice

contrattuale inesistente, perché non risultava introdotta nel
contratto di utenza ”
La stessa decisione, avuto riguardo al riferimento della
sentenza allora impugnata ad una integrazione per effetto
della deliberazione dell’A.E.E.G. anche ai sensi dell’art.
1374 c.c. ha ribadito che al riguardo valgono le stesse
considerazioni svolte a proposito della inidoneità a svolgere
la funzione dì cui all’art. 1339 c.c., soggiungendo, altresì,
quanto segue: ” Mette conto di osservare, tuttavia, che la
pertinenza nella specie dell’istituto di cui all’art. 1374
c.c. sembrerebbe doversi escludere, poiché la norma postula
l’integrazione del contratto con riguardo ad aspetti non
regolati dalle parti e, quindi, svolge tradizionalmente una
funzione suppletiva e non di imposizione di una disciplina
imperativa, come accade per l’istituto di cui all’art. 1339
c.c. ” e che “Nella logica del sistema di cui alla 1. n. 481
del 1995, la previsione del potere di integrazione del
contratto di utenza, esercitabile dall’A.E.E.G. nei sensi su
indicati, è certamente espressione non di supplenza, ma di

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risulta priva di fondamento, perché basata su una clausola

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imposizione di un regolamento ritenuto autoritativamente
dovuto “.
Ora, il Tribunale di Crotone, nella sua motivazione, dopo
avere sostenuto che l’efficacia della delibera sul contratto

senza spiegare come e perché e limitandosi ad evocare il
precedente di cui a Cass. n. 19531 del 2004, assume
altrettanto apoditticamente che “un moderno e sostanziale
concetto di equità

V%

giustificherebbero la rilevanza

dell’art. 1175 e dell’art. 1374 c.c..
Quindi, assume espressamente che le citate sentenze della
Corte andrebbero lette nell’ottica da lui sostenuta e,
quindi, dopo avere riprodotto il principio di diritto sopra
riportato enunciato da dette sentenze quanto al potere
normativo secondario dell’AEGG ai sensi dell’art. 2, comma 2,
lettera h),

osserva quanto segue: ” Non sfugge al giudice di

merito che, nei casi che precedono, la Cassazione ha invero
escluso la responsabilità del gestore, sul’assunto che non
possa esservi etero integrazione, laddove una clausola
contrattuale difforme non sussista; tale conclusione,
tuttavia, oltre a porsi in contrasto con la condivisibile ed
argomentata massima (e che risente, probabilmente, anche
delle diverse allegazioni portate nel caso concreto i esame)
finisce per creare un’insanabile contraddizione, oltre a
creare una paradossale differenziazione di tutela tra

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di utenza si sarebbe estrinsecata ai sensi dell’art. 1339,

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clienti, a sonda della circostanza che la clausola oggetto di
censura da parte dell’Autorità sia stata espressa per
iscritto ed in chiaro, nel contratto d’utenza o, al
contrario, sia “semplicemente” frutto di un’applicazione di

pur non pattuendo espressamente col cliente l’esclusione
della modalità di pagamento (clausola difforme, destinata
alla caducazione per effetto della delibera AEEG) di fatto
gli imponga il medesimo onere. Questo, a maggior ragione, se
si utilizza il già richiamato caone interpretativo della
tutela consumeristica [sic] di derivazione comunitaria, del
resto utilizzata dalla S.C. ”
Dopo queste proposizioni, peraltro, la sentenza torna
brevemente a sostenere che deporrebbe ” inequivocabilmente a
favore di

tale convincimento anche

l’interpretazione

letterale dell’articolo 1339 c.c., il qual prevede
l’inserzione automatica di clausole ance in sostituzione di
clausole difformi apposte dalle parti: e dunque, a maggior
ragione, stante l’indubbio significato della congiunzione,
tale integrazione dovrà operare pure laddove una clausola
contrattuale apparentemente non sia stata apposta, ma ove in
realtà sia proprio tale mancata previsione espressa ad
influire in modo sufficientemente significativo sulla
determinazione del prezzo o comunque del complessivo assetto
d’interessi, in relazione alla fornitura di un bene o di un

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fatto: come nel caso del gestore del servizio pubblico che,

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servizio

in

materia

alla

soggetta

regolazione

legislativamente primaria e/o secondaria ”
Ebbene, sostenere che le citate sentenze di questa Corte
andrebbero “lette in tale ottica” viene giustificato in modo

Ciò, non solo perché ci si confronta soltanto con la parte
della motivazione di Cass. n. 17786 del 2011, che ha fatto
riferimento alla circostanza che un’integrazione da parte
della nota delibera ai sensi dell’art. 1374 c.c. non sarebbe
stata possibile stante la funzione suppletiva di una mancanza
di regolamento contrattuale di tale norma e lo si fa senza
farsi carico di superare tale rilievo, ma, a monte, perché si
ignora che detta decisione (come le numerosissime che l’hanno
seguita, ormai nell’arco di qualche centinaio) hanno escluso
la rilevanza dell’art. 1374 c.c. per la stessa assorbente e
preliminare ragione per cui hanno escluso quella dell’art.
1339 c.c.; cioè per l’oggettiva mancanza di determinatezza
della nota deliberazione e, quindi, per la sua carenza di
efficacia individuatrice di una clausola contrattuale.
Delle

analitiche

argomentazioni

in tal

senso

della

giurisprudenza di questa Corte il Tribunale si disinteressa,
sì da rivelare una vera e propria mancanza di considerazione
della sua funzione nomofilattica.

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del tutto apparente e privo di fondamento.

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Il ricorso è, dunque, accolto quanto al primo motivo e la
sentenza è cassata in relazione, con conseguente assorbimento
del secondo motivo.
Il Collegio reputa a questo punto che non vi sia necessità di

non occorrono accertamenti di fatto per ritenere che
l’appello proposto dall’Enel fosse fondato e che la domanda
proposta dall’utente, in accoglimento dello stesso ed in
riforma della sentenza del Giudice di Pace resa in primo
grado, debba essere rigettata.
Al riguardo, la sua infondatezza emerge, infatti, anche per
il profilo subordinato, inerente il preteso inadempimento
dell’obbligo di informazione: è evidente che, se la delibera
non ha integrato il contratto per la sua indeterminatezza,
l’oggetto dell’obbligo de quo non può essere insorto.
Le spese delle fasi di merito, sulle quali questa Corte deve
provvedere, possono essere integralmente compensate, giacché
è notorio che nella giurisprudenza di merito la questione di
diritto dell’efficacia della norma della nota deliberazione è
stata decisa in modi opposti.
Le spese del giudizio di cassazione seguono invece la
soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del d.m.
n. 140 del 2012.

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rinvio, potendo la causa essere decisa nel merito, in quanto

22517/2012

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Dichiara
assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto e, pronunciando sul merito,

grado e rigetta la domanda di Andrea Benenati. Compensa le
spese dei gradi di merito. Condanna la parte intimata alla
rifusione alla ricorrente delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate in euro seicento, di cui duecento per
esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 16 gennaio 2014 in Roma, nella camera di
consiglio della Sesta Sezione Civile -3 della Corte di
cassazione.

accoglie l’appello dell’Enel contro la sentenza di primo

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