Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33973 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 19/12/2019), n.33973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26946/2018 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

M.G., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Edoardo Belli

Contarini e Altieri Roberto, presso cui è domiciliato in Roma, via

Sicilia 66;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 841/07/18, depositata il 13 febbraio 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 ottobre

2019 dal relatore Cavallari Dario.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.G. ha impugnato, davanti alla CTP di Roma, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale era stata rideterminata la maggiore rendita catastale riferibile a due immobili di proprietà del contribuente, siti in Roma, rispettivamente in (OMISSIS) e (OMISSIS).

Con tale atto l’Ufficio aveva portato il primo cespite dalla categoria A/4, classe 4, a quella A/2, classe 5, ed il secondo dalla categoria C/2, classe 8, quella C/2, classe 11.

Si è costituita l’Agenzia delle Entrate, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

La CTP di Roma, con sentenza n. 25261/11/15, ha accolto il ricorso limitatamente all’immobile sito in (OMISSIS).

L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello.

Il contribuente non si è costituito.

La CTR del Lazio, con sentenza n. 841/07/18, ha respinto l’appello.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

M.G. si è difeso con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente devono essere disattese le eccezioni di inammissibilità avanzate dal controricorrente.

Infatti, il ricorso si fonda su un orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, pur se minoritario.

Inoltre, il contenuto dello stesso è tale da rendere ben comprensibili le doglianze avanzate, mentre la questione prospettata attiene a profili di diritto e non semplicemente di fatto.

2. Con un unico motivo l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, e della L. n. 241 del 1990, art. 3, perchè il giudice di secondo grado avrebbe errato nel considerare non sufficientemente motivato l’avviso di accertamento oggetto di causa.

La doglianza è infondata.

Il classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria consiste nel collocare ogni singola unità in una data categoria e in una data classe, in base alle quali attribuire la rendita (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61 e D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8).

Ai sensi del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, commi 2 e 3, la categoria è assegnata sulla base della normale destinazione funzionale dell’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali, mentre la classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile nell’ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana ed ambientale della microzona in cui l’unità è ubicata, nonchè dalle caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende.

Viene anche precisato che per qualità urbana della microzona si intende il livello delle infrastrutture e dei servizi e per qualità ambientale il livello di pregio o di degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici ancorchè determinati dall’attività umana.

Ai fini della individuazione dell’esatto valore reddituale dell’immobile, indispensabile per l’attribuzione della classe, rilevano sia il fattore posizionale, determinato dalla collocazione in una microzona e dalla qualità dei luoghi circostanti, sia il fattore edilizio, desumibile dai parametri distintivi del fabbricato e della singola unità immobiliare, quali dimensione e tipologia, destinazione funzionale, epoca di costruzione, dotazione impiantistica, qualità e stato edilizio, pertinenze comuni ed esclusive, livello di piano (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, commi 6, 7 ed 8).

L’atto di classamento va necessariamente motivato nel rispetto del principio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 (cd. Statuto del contribuente), che a sua volta richiama la L. n. 241 del 1990, art. 3, secondo cui l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad indicare nei suoi atti “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.

In tema di estimo catastale, l’obbligo di motivazione a carico dell’Amministrazione si atteggia diversamente a seconda che la stessa operi d’iniziativa o su sollecitazione del contribuente.

La costituzione di nuovi immobili avvenuta per edificazione urbana o per una variazione nello stato degli immobili urbani, che influisce sul classamento o sulla consistenza (fusione o frazionamento, cambio di destinazione, nuova distribuzione degli spazi interni, ecc.), deve essere dichiarata in Catasto.

La dichiarazione, a carico degli intestatari dell’immobile, avviene con la presentazione all’Agenzia del Territorio competente di un atto di aggiornamento predisposto da un professionista tecnico abilitato, attivando la procedura cd. DOCFA. A fronte di tali dichiarazioni, l’ufficio può effettuare i dovuti controlli e attivare eventuali rettifiche d’ufficio, che vanno notificate ai soggetti intestatari.

Nell’ipotesi in cui l’avviso di classamento consegua ad un’iniziativa del contribuente, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, ove vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, detta motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass., n. 31809 del 2018; Cass., n. 12777 del 2018; Cass., n. 12497 del 2016).

L’obbligo di motivazione assume una connotazione più ampia quando l’Agenzia del territorio muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita, incidendosi su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione.

Costituisce, infatti, altro orientamento consolidato quello secondo cui, in tema di estimo catastale, l’Agenzia del Territorio, se attribuisce d’ufficio un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, deve, a pena di nullità del provvedimento per difetto di motivazione, specificare se tale mutamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dall’unità immobiliare in questione, oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona nella quale si colloca l’unità immobiliare. L’Agenzia dovrà indicare, nel primo caso, le trasformazioni edilizie intervenute e, nel secondo, il provvedimento di revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano. Queste specificazioni e indicazioni, infatti, sono necessarie per rendere possibile al contribuente di conoscere i presupposti del riclassamento, di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al citato provvedimento e di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nonchè per impedire all’Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre, in un eventuale successivo contenzioso, ragioni diverse rispetto a quelle enunciate (Cass., n. 9626 del 2012; Cass., n. 19814 del 2012; Cass., n. 19949 del 2012; Cass., n. 16643 del 2013; Cass., n. 23247 del 2014).

Il legislatore è intervenuto più volte in materia, nel tentativo di realizzare una riforma del catasto che consentisse di eliminare, o quanto meno di contenere, le sperequazioni impositive derivanti dallo squilibrio, per alcuni immobili, tra i valori catastali riferiti ad anni risalenti e i valori di mercato attuali, accresciuti notevolmente dalla collocazione in un mutato sistema economico-culturale dell’assetto urbano.

Sono stati dunque previsti dei meccanismi che permettessero di effettuare, in presenza di specifici presupposti e condizioni, degli interventi correttivi di portata generalizzata, sollecitando, in tal modo, l’amministrazione finanziaria a procedere a delle verifiche “massive”.

In relazione al contenuto minimo della motivazione di questi atti di riclassamento di immobili già muniti di rendita catastale, ma oggetto di rettifica per iniziativa dell’Amministrazione finanziaria, questa Corte ha posto l’seguenti principi:

a) se il nuovo classamento è stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento;

b) se la variazione è stata effettuata L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 336, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni;

c) nell’ipotesi di riclassificazione avvenuta in base alla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, l’atto deve precisare a quale presupposto – il non aggiornamento del classamento ovvero la palese incongruità rispetto a fabbricati similari – la modifica debba essere associata, specificamente individuando, nella seconda eventualità, i fabbricati, il loro classamento e le caratteristiche analoghe che li renderebbero equiparabili all’unità immobiliare oggetto di riclassamento (Cass., n. 19820 del 2012; Cass., n. 10489 del 2013; Cass., n. 697 del 2015).

La giurisprudenza della Corte di cassazione ha chiarito che l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo “persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur”.

Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa (Cass., n. 7056 del 2014).

Nella specie, è pacifico che l’Amministrazione abbia proceduto d’ufficio al mutamento di classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui gli immobili sono situati, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali.

In simili ipotesi, la ragione giustificativa del mutamento di rendita non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339 ed elaborate con la determinazione direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), alla quale sono allegate le linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.

Secondo il D.P.R. n. 138 del 1998, art. 2, comma 1, la microzona è una porzione del territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socioeconomici, nonchè nella dotazione dei servizi e delle infrastrutture urbane.

In ciascuna microzona si presume che le unità immobiliari siano uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalente.

Questo peculiare strumento, introdotto con la legge finanziaria per il 2005, ha superato il vaglio di legittimità costituzionale, in quanto la Corte costituzionale, con la sentenza n. 249 del 2017, ha ritenuto non irragionevole la scelta fatta dal legislatore di consentire una revisione del classamento per microzone, perchè basata sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene.

Posta la legittimità dello strumento in generale, si rileva che, però, questo deve essere correttamente utilizzato, essendo necessaria, comunque, una adeguata valutazione, caso per caso, del singolo immobile, oggetto di riclassificazione.

Pertanto, non occorre solo il rispetto dei criteri generali previsti dalla normativa citata, ma si richiede che l’attribuzione della nuova rendita sia contestualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, con la conseguenza che gli oneri motivazionali devono adeguarsi ad esigenze di concretezza e di analiticità, senza che possa ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicata indistintamente, che si limiti a richiamare i presupposti normativi in modo assertivo.

Infatti, il menzionato art. 1, comma 335, stabilisce che “La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima”.

Il procedimento di revisione parziale del classamento di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della revisione del classamento dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 9, così da sottrarne l’attuazione alla piena discrezionalità della competente P.A.

Ne consegue che anche la procedura prevista dal comma 335 citato, ancorchè a fronte del relativo presupposto, non può sottrarsi all’applicazione dei parametri indicati, in via ordinaria, dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 154, lett. e), il quale impone che si tenga conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente sulla qualificazione della stessa (Cass., n. 4712 del 9 marzo 2015).

Ne deriva che non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed agli atti amministrativi a fondamento del riclassamento de quo, se da questi ultimi non risultino gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) incidenti, in concreto, sul diverso classamento (Cass., n. 3156 del 17 febbraio 2015; Cass., n. 22900 del 29 settembre 2017).

In particolare, il mutamento di rendita ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, della non può essere giustificato dalla mera evoluzione del mercato immobiliare o dalla richiesta del Comune, dovendosi accertare la modifica del valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure regolate dal successivo comma 339.

Infatti, l’art. 1, comma 335, autorizza la revisione catastale degli immobili de quibus in presenza del presupposto summenzionato, ma, una volta accertato ciò e che, perciò, vi è una disomogeneità del classamento tra le microzone, non consente di eliminarlo per mezzo dell’incremento generalizzato ed indifferenziato delle rendite catastali.

La stessa Corte costituzionale ha affermato, con la menzionata decisione n. 249 del 2017, che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ribadendo la necessità di una provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione, non potendo darsi seguito al difforme orientamento espresso da Cass., n. 21176 del 19 ottobre 2016, rimasto isolato, cui si sono contrapposte le recenti Cass., n. 20574 del 31 luglio 2019, Cass., n. 19275 del 17 luglio 2019, Cass., n. 12604 del 10 maggio 2019, Cass., n. 5049 del 21 febbraio 2019.

In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha rilevato che “In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento ai suddetti parametri di legge ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, esigendosi che detto obbligo motivazionale sia assolto in maniera rigorosa in modo che il contribuente possa conoscere le concrete ragioni del provvedimento” (Cass., n. 28076 del 2018; Cass., n. 9770 del 2019).

Inoltre, ha chiarito che “In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, dovendo porre il contribuente in grado di conoscere le concrete ragioni che lo giustificano – come evidenziato anche dalla sentenza della Corte Cost. n. 249 del 2017 – deve indicare i motivi per i quali i valori considerati abbiano determinato il suddetto scostamento, facendo riferimento agli atti da cui ha tratto impulso l’accertamento, costituiti dalla richiesta del Comune e dalla determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio, nonchè ai dati essenziali del procedimento estimativo delineati da tali fonti normative integrative che abbiano inciso sul classamento” (Cass. n. 31829 del 2018).

In applicazione dei suindicati principi, non può dunque ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento di diverso classamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto di scostamento senza esplicitare gli elementi che in concreto lo hanno determinato, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (qualità urbana ed ambientale della microzona nonchè caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende) e ciò, da un lato, per consentire al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso (Cass., n. 25766 del 2018; Cass., n. 4903 del 2019; Cass., n. 10403 del 2019).

In particolare, non è idoneo a tal fine il riferimento alla microzona ed alle sue caratteristiche come indistintamente individuate, quali nella specie il “livello dei servizi del trasporto pubblico e all’intensità dei flussi pedonali” ivi presenti o “alla migliorata qualità di tale contesto urbano che ne ha determinato un diverso apprezzamento sul mercato immobiliare”.

Ciò perchè, quanto ai casi in cui è disposto un mutamento di categoria dell’immobile, la mera collocazione nella microzona non incide sulla destinazione funzionale dell’immobile che condiziona l’attribuzione della categoria; in ordine ai mutamenti di classe, invece, atteso che, se è vero che l’attribuzione di una determinata classe è correlata alla qualità urbana del contesto ove l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera) e alla

qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) (della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, tali caratteristiche generali vanno sempre individuate in concreto, in riferimento alla specifica porzione di territorio nella quale si inserisce la revisione, indicando gli effettivi interventi urbanistici e le attività realmente incidenti sulla migliore qualità dell’utilizzo degli immobili della zona.

Oltre al fattore posizionale, ai fini valutativi rileva anche quello edilizio, considerato che non è possibile prescindere dalle caratteristiche edilizie specifiche della singola unità e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, lo stato di conservazione, l’anno di costruzione, ecc.) e che non è sostenibile che tutti gli immobili di una stessa zona abbiano necessariamente la medesima classe.

Pertanto, deve essere condiviso l’orientamento giurisprudenziale per il quale “In tema di estimo catastale, il nuovo classamento adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, soddisfa l’obbligo di motivazione se, oltre a contenere il riferimento ai parametri di legge generali, quali il significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, ed ai provvedimenti amministrativi su cui si fonda, consente al contribuente di evincere gli elementi, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (quali la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare), che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, ponendolo in condizione di conoscere ex ante le ragioni specifiche che giustificano il singolo provvedimento di cui è destinatario, seppure inserito in un’operazione di riclassificazione a carattere diffuso” (Cass., n. 19810 del 2019).

La CTR di Roma si è uniformata al predetto principio in quanto ha ritenuto non sufficiente la motivazione dell’atto impugnato perchè non erano indicate le caratteristiche strutturali ed ambientali dell’immobile interessato e, inoltre, non era spiegato per quale ragione, date tali caratteristiche, dovesse essere effettuato il riclassamento in questione.

In particolare, dal ricorso emerge che il riclassamento de quo è avvenuto tenendo conto della posizione dei cespiti nella zona censuaria e nella microzona e della migliorata qualità del contesto urbano.

Dal medesimo ricorso emerge, altresì, il rilievo assunto da “interventi di riqualificazione urbana ed edilizia” e dallo “sviluppo di attività direzionali e commerciali”, nonchè dalla presenza significativa “di unità immobiliari qualificate come popolari o ultra popolari”.

Peraltro, la P.A. non ha chiarito, come avrebbe dovuto, nè quali sarebbero stati i citati miglioramenti, nonchè gli interventi di riqualificazione e le attività riqualificate, nè in che modo gli immobili del controricorrente ne avrebbero beneficiato o se questi fossero ancora qualificati come popolari od ultrapopolari.

Va censurata, soprattutto, la mancanza di qualsiasi specificazione in ordine ai vantaggi ritraibili concretamente dai singoli immobili interessati rispetto ai cambiamenti verificatesi nel quartiere negli anni precedenti, essendo stata utilizzata una motivazione standardizzata applicabile in astratto ad una pluralità indistinta di beni e non solo a quelli oggetto di causa.

3. Il ricorso va, quindi, respinto.

4. Le spese di lite sono compensate ex art. 92 c.p.c., in quanto l’indirizzo giurisprudenziale seguito si è consolidato successivamente alla proposizione del presente ricorso.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– compensa le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 5 Sezione Civile, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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