Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33973 del 12/11/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/11/2021, (ud. 22/06/2021, dep. 12/11/2021), n.33973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15509/13 R.G., proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– Ricorrente –

contro

Banca Popolare di Milano Soc. Coop. a r.l.., in persona del legale

rappresentante p.t., nella qualità di incorporante della Banca

Popolare di Apricena Soc. Coop. A r.l., rappresentata e difesa,

giusta mandato in margine al controricorso, dall’avv.to Gabriele

Escalar, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma,

Viale Giuseppe Mazzini n. 11;

– Controricorrente –

avverso la sentenza n. 68/26/12 della Commissione tributaria

regionale della Puglia, sezione distaccata di Foggia, depositata il

27/04/2012, non notificata.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia (di seguito, CTR), indicata in epigrafe, con la quale, in parziale accoglimento dell’appello della Banca Popolare di Milano Soc. s r.l. (di seguito, BPM), ha dichiarato “la legittimità della richiesta di rimborso degli interessi per complessivi Euro 153.648,68”, confermando, nel resto, la sentenza di prime cure.

Dall’esposizione in fatto del ricorso, del controricorso e della sentenza impugnata, risulta che la BPM, con istanza del 16/02/2006, chiedeva all’Agenzia delle entrate il rimborso degli interessi maturati sul credito d’imposta Irpeg (di lire 2.880.710.000) relativo all’anno 1987, interessi quantificati nella misura di Euro 602.543,83, nonché il pagamento degli interessi ulteriori, pari ad Euro 427.381,38, maturati il 19 dicembre 2005 sugli interessi relativi al credito d’imposta (quest’ultimi pari ad Euro 602.543,83), resisi liquidi ed esigibili al 19 giugno 1992. Secondo la tesi dell’Ufficio, la richiesta di pagamento di ulteriori interessi rispetto a quelli già maturati sul credito di imposta, non poteva essere soddisfatta sia perché l’Ufficio aveva provveduto al pagamento dell’importo di Euro 602.543,83 mediante ordinativo di pagamento emesso dalla Banca d’Italia in data 27 dicembre 1995, sia per novità della domanda.

La CTP di Foggia, con sentenza del 23 luglio 2009, n. 158/06/09 respingeva il ricorso di BPM, sul presupposto dell’intervenuto pagamento degli interessi maturati sul credito Irpef e sull’infondatezza della richiesta di pagamento degli interessi “anatocistici”.

La BPM proponeva appello avverso tale sentenza e la CTR della Puglia, con la sentenza in epigrafe, in via preliminare, dichiarava inammissibili le eccezioni di inammissibilità e improponibilità del ricorso introduttivo in quanto non contenute in appello incidentale ma in un atto di contrededuzioni non depositato nel termine di sessanta giorni dal ricevimento del ricorso in appello; nel merito, statuiva la legittimità della richiesta di pagamento degli interessi “semplici”, ex art. 1282 c.c., per l’importo di Euro 153.648,68, ritenuti liquidi ed esigibili dal 19 giugno 1992 (giorno in cui la società BPM, incorporante della Banca Popolare di Apricena, aveva provveduto a compensare l’imposta sostitutiva) e corrisposti in data 27 dicembre 1995, mentre rigettava la richiesta di pagamento degli ulteriori interessi (sugli interessi di Euro 153.643,68), maturati dal 28 dicembre 1995 al 27 dicembre 2008, in quanto interessi anatocistici.

LA BPM resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso – così rubricato: “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 nonché del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4” – l’Amministrazione ricorrente deduce l’erroneità della sentenza impugnata per aver dichiarato inammissibili le eccezioni di inammissibilità e improponibilità del ricorso introduttivo sollevate dall’Ufficio, in quanto non contenute in appello incidentale senza considerare che, così facendo, aveva accolto una richiesta di rimborso (relativa agli interessi maturati al 19 giugno 1982 sul credito d’imposta per l’anno 1987) estranea al silenzio rifiuto impugnato dalla società contribuente, in quanto non prospettata mediante apposita istanza all’Amministrazione e, quindi, priva del presupposto indefettibile richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 per la devoluzione della controversia al giudice tributario. La ricorrente assume che a pagina 3 delle proprie controdeduzioni in appello, aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo della società appellante, sulla base delle seguenti difese: “il ricorrente con memorie illustrative ha di fatto ampliato il thema decidendum ed ha proposto una domanda diversa da quella contenuta nel ricorso introduttivo”.

1.1. Tale mezzo di gravame non risulta supportato dall’allegazione e/o trascrizione di tali controdeduzioni, né dall’allegazione e/ trascrizione dell’istanza di rimborso su cui si sarebbe formato il silenzio rifiuto, né dalla trascrizione, o richiamo, al ricorso originario della ricorrente. Nulla è dedotto, altresì, circa la tempestività di tali controdeduzioni rispetto al termine indicato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54, comma 2.

2. Il mezzo è inammissibile.

2.1. La ratio decidendi della sentenza impugnata, in punto di inammissibilità dell’eccezione sollevata dall’Amministrazione finanziaria, si fonda sulla previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54, comma 2. Tale norma, che regola le modalità di proposizione dell’appello incidentale, sancisce che l’appello incidentale debba essere presentato nell’apposito atto di controdeduzioni, di cui allo stesso art. 54 cit., comma 1 ovvero entro sessanta giorni dall’avvenuta notificazione dell’appello principale mediante deposito di detto atto presso la Segreteria della Commissione tributaria regionale.

2.2. Sulla base di tale previsione, dunque, la CTR ha ritenuto che, essendo l’appello principale della BPM stato notificato in data 26/01/2010, l’eccezione di inammissibilità sulla domanda di BPM perché domanda nuova (pagamento degli interessi sugli interessi maturati sul credito di imposta), doveva essere tempestivamente proposta nel termine di sessanta giorni dall’avvenuta notificazione dell’appello principale, nella forma dell’appello incidentale, e non con controdeduzioni depositate in data 3 dicembre 2010 (ben otto mesi dopo il termine di cui all’art. 54 D.Lgs. cit.).

2.3. L’inammissibilità del mezzo si ricava proprio dal mancato innesto tra le censure prospettate e la motivazione della sentenza, prospettandosi la violazione di norme che riguardano tutt’altro ambito applicativo (il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 che riguarda “gli atti impugnabili ed oggetto del ricorso”, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44 che disciplina gli “interessi per ritardato rimborso di imposte pagate”) che nulla hanno a che vedere con le disposizioni di legge poste a base dalla decisione della CTR di inammissibilità dell’appello.

2.4. Ed invero, “l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa” (Sez. U, 28/10/2020, n. 23745).

2.5. Peraltro, tale mezzo, non supera lo scrutinio di ammissibilità di cui all’art. 360 bis c.p.c., n. 1, atteso che è principio consolidato di questa Corte (cfr. Sez. U. n. 7155 del 2017) che “in tema di ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (sostanziali o processuali), il principio di specificità dei motivi, di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere letto in correlazione al disposto dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, risultando inammissibile, per difetto di specificità, il motivo di ricorso che, nel denunciare la violazione di norme di diritto, ometta di raffrontare la “ratio decidendi” della sentenza impugnata con la giurisprudenza della S.C. e, ove la prima risulti conforme alla seconda, ometta di fornire argomenti per mutare orientamento”.

3. Con il secondo motivo di ricorso, l’Amministrazione erariale censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la sentenza impugnata per violazione falsa applicazione dell’art. 1283 c.c., per aver riconosciuto gli interessi, sugli interessi attivi maturati su crediti Irpeg, nonostante si trattasse di interessi anatocistici, per il riconoscimento dei quali mancavano i presupposti di legge.

3.1. Anche tale mezzo è inammissibile alla stregua dei principi di diritto di cui alla sentenza n. 23745 del 28/10/2020 appena richiamata, avendo la ricorrente denunciato la violazione dell’art. 1283 c.c. nonostante la CTR abbia fondato la sua decisione di parziale accoglimento dell’appello della società sull’art. 1282 c.c. – che, in relazione alla naturale fecondità del denaro, stabilisce che i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto – e sul D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, comma 3 – che dispone che gli interessi per il ritardato rimborso delle imposte pagate è calcolato dall’Ufficio delle imposte o dall’intendente di finanza – ritenendo che la richiesta di rimborso “degli ulteriori interessi di Euro 82.394,10 maturati dal 27/12/1985 a tutto il 27/12/2008 su interessi innanzi evidenziati e quelli maturandi fino alla data di emissione dell’ordinativo di pagamento…” non poteva essere accolta trattandosi “di interessi sugli interessi cioè interessi anatocistici… regolati dalla disposizione di legge ex art. 1287 c.c.”. Non sussiste alcun collegamento, dunque, tra le argomentazioni della sentenza impugnate e le ragioni critiche prospettate con la seconda censura che risulta, pertanto, dedotta in palese violazione del contenuto cd. minimo del ricorso in cassazione, di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

4. Le spese seguono la soccombenza dell’Amministrazione e si liquidano come da dispositivo.

5. Non vi sono i presupposti per il pagamento del cd. doppio contributo, trattandosi di Amministrazione ammessa a prenotazione a debito.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della società controricorrente che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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