Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3397 del 08/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.08/02/2017),  n. 3397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28644-2015 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIA 81,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CARLO PARENTE ZAMPARELLI,

rappresentato e difeso da sè medesimo;

– ricorrente –

contro

D.C., CA.GI., domiciliati a ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE SUPRUMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dagli avvocati ERMINIA ROSSI CASE’ e GABRIELE

ZAMOLO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

A.F., F.A., ASSICURAZIONI GENERALI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3218/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito l’Avvocato GIANLUCA BRIONNE, per delega dell’avvocato

C.G., che si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. è stata depositata la seguente relazione:

“1. Il Tribunale di Milano, tra le restanti statuizioni, per quel che rileva in questa sede, ha parzialmente accolto la domanda proposta da Ca.Gi. e D.C. diretta alla condanna di C.G. alla restituzione di somme di denaro allo stesso corrisposte in esecuzione di un incarico professionale dallo stesso inadempiuto per colpa grave.

2. Sull’appello principale del C. e su quello incidentale degli originari attori, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’appello principale del C. e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, ha condannato lo stesso C. alla restituzione in favore degli attori di ulteriori importi di denaro, per avere lo stesso colpevolmente indotto le controparti ad affrontare ingenti esborsi nel quadro di una complessa operazione immobiliare rivelatasi, per gli attori, gravemente dannosa.

3. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione C.G. sulla base di quattro motivi d’impugnazione.

4. Resistono con controricorso Ca.Gi. e D.C., che hanno concluso per la dichiarazione d’inammissibilità, ovvero per il rigetto del ricorso.

5. Nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede.

6. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

7. Con il primo, il secondo e il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2043 c.c., art. 1703 c.c. e ss. e art. 1218 c.c. e ss. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente interpretato gli elementi di prova complessivamente acquisiti “nel corso del giudizio, concludendo per la responsabilità dello stesso in relazione ai diversi titoli dedotti.

Sotto altro profilo, il ricorrente si duole della ritenuta infondatezza della domanda di manleva proposta dal C. nei confronti delle Assicurazioni Generali s.p.a., attestata dalla corte territoriale sulla base di un’errata interpretazione dei fatti a tal fine rilevanti.

7.1. Tutti e tre i motivi sono inammissibili.

Con riguardo ai motivi in esame – espressamente dedotti dal ricorrente come forme diverse di violazione di legge -, ritiene il relatore opportuno ribadire – in conformità al costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità – come, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consista nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171).

Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierno ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità della valutazione operata dalla corte d’appello in ordine agli elementi istruttori complessivamente acquisiti nel corso del giudizio, e in un invito rivolto alla corte di legittimità di procedere a una rinnovazione del giudizio di merito sulla base di un’interpretazione dei fatti di causa e dei rapporti intercorsi tra le parti ritenuta più adeguata, secondo la soggettiva prospettazione del ricorrente.

Si tratta, come appare manifesto, di argomentazioni critiche con evidenza dirette a censurare, non già un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge (come accade per il classico caso della violazione di legge), bensì una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato.

Ciò posto, in ossequio al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili.

Osserva infatti il relatore come – dovendo il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto risolversi in un giudizio sulla fattispecie astratta contemplata dalla norma di diritto applicabile al caso concreto, e dovendo la relativa denunzia avvenire mediante la specifica indicazione dei punti della sentenza impugnata che si assumono essere in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza e/o dalla dottrina prevalente – deve considerarsi inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si censura come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892).

8. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, nonchè per omesso esame di un fatto decisivo controverso, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto non riproposta in grado di appello la domanda di manleva del C. nei confronti delle Generali Assicurazioni s.p.a.

8.1. Il motivo è infondato.

Come risulta dal tenore della motivazione della sentenza impugnata, la corte territoriale, dopo aver affermato che la domanda di manleva del C. non sarebbe stata riproposta in grado di appello, ha comunque deciso sulla stessa domanda nel merito, esplicitando le specifiche ragioni della relativa infondatezza.

La motivata decisione, da parte della corte d’appello, della domanda di manleva proposta dal C. impone, pertanto, di escludere la sussistenza, tanto di alcuna violazione di legge eventualmente connessa alla mancata pronuncia denunciata, quanto di alcun omesso esame di fatti decisivi controversi eventualmente imputabili alla sentenza impugnata.

9. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato”;

2. Le parti non hanno presentato memorie ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione trascritta e di doverne fare proprie le conclusioni.

4. Il ricorso dev’essere pertanto rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.600,00, di cui 200,00 per spese e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

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