Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33961 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 19/12/2019), n.33961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14815-2C15 proposto da:

MAX SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA VENEZIA 11, presso

lo studio dell’avvocato PENELLA NICOLA, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE EVIRATE in persona dei Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VTA DEI PORTOGHESI presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che raporesenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 7304/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 04/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2019 dal Consigliere FRACANZANI MARCELLO MARIA.

Fatto

RILEVATO

La società MAX srl era attinta da avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2005 scaturente da indagine bancaria della Guardia di Finanza anche sul conto corrente dell’amministratore e socio unico sig. M.M., deducendo sulla base dei prelevamenti ivi operati un maggior reddito societario per Euro 46.438,00 che veniva così ripreso a tassazione.

Insorgeva la società contribuente avanti la CTP, protestando il sig. M. avere altre otto società e dover gestire la liquidità di tutte attingendo alle proprie riserve, mentre non era stata data prova della correlazione fra i prelievi e quella determinata società, la Max srl, ripresa a tassazione, ben potendo riguardare esigenze di liquidità di una o più delle altre società a lui sostanzialmente riferibili e di cui era amministratore. Contestava altresì sotto plurimi profili la legittimità dell’operato dell’Ufficio.

Entrambi in gradi di merito erano sfavorevoli alla contribuente che ricorre per cassazione affidandosi a tre motivi.

Deve ritenersi mera resistente l’Amministrazione finanziaria, stante la comparsa dell’Avvocatura che si riserva l’intervento per la discussione in udienza.

In prossimità dell’udienza la parte privata ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo di gravame si lamenta il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di punto controverso, consistente nella pluralità di partecipazioni societarie in capo al medesimo sig. M., per cui non vi sarebbe univocità fra quei prelievi e quella società cui è stato riferito il maggior reddito.

Così come posto, il motivo è inammissibile ove richiede una rivalutazione del merito, giuste tabelle allegate al ricorso circa la movimentazione bancaria del sig. M. e della sig.a S.T..

In ogni caso, la commissione d’appello si è riferita all’orientamento prevalente di questa sezione, ove nelle società a ristretta base azionaria si presume la permeabilità fra conto societario e conto dei soci o familiari conviventi.

Ed infatti, in tema di accertamento dell’IVA, i movimenti bancari operati sui conti personali di soggetti legati al contribuente da stretto rapporto familiare o da particolari rapporti contrattuali (nella specie, l’amministratore unico della società) possono essere riferiti al contribuente, salva la prova contraria a suo carico, al fine di determinarne i maggiori ricavi non dichiarati, in quanto tali rapporti di contiguità rappresentano elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate (cfr. Cass. V n. 20668/2014; n. 428/2015; n. 15003/2017).

Nel caso all’esame, trattasi dell’amministratore – socio unico; tale presunzione può essere vinta con una prova piena, non con altre presunzioni o con affermazioni generiche, come correttamente argomenta la CTR sulla base del predetto orientamento giurisprudenziale e, in verità, al secondo paragrafo del punto 4 di motivazione, la gravata sentenza esplicita che il sig. M. non è stato in grado neppure in sede di appello di giustificare i prelievi contestati, evidentemente non ritenendo prova piena l’allegazione documentale e le circostanze riprodotte nel ricorso e rappresentante in grado di appello, esprimendo così un apprezzamento di fatto non scrutinabile in questa sede.

Il motivo è dunque inammissibile.

2. Con il secondo motivo si prospetta la censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32,D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 e art. 2697 c.c., nella sostanza lamentando che il prelievo da conto corrente personale non sia prova piena.

Prelievo e versamento su conto corrente di socio o familiare convivente di società a ristretta base azionaria sono considerati elementi fungibili ed entrambi validi per costituire inversione dell’onere della prova, cui spetta al contribuente replicare. La giurisprudenza citata in sentenza appare confermata anche successivamente: Cfr. Cass. V, n. 428/2015 e, in generale, n. 15003/2017.

Nè può essere valido argomento il divieto di doppia presunzione, poichè questa Corte è più di recente orientata nel ritenere che nel sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile nè agli artt. 2729 e 2697 c.c. nè a qualsiasi altra norma e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea, in quanto a sua volta adeguata, a fondare l’accertamento del fatto ignoto (da ultimo Cass. V n. 20748/2019).

Il motivo è dunque infondato e va disatteso.

3. Con il terzo motivo, si lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ove il fatto storico decisivo e non esaminato sarebbe aver escluso che le visure camerali comprovanti la compartecipazione in altre otto società non sia presunzione semplice di grado superiore all’art. 32 precitato.

Così posto il motivo è inammissibile, sia perchè non si comprende quale sia il fatto storico non esaminato, sia perchè trattasi di critica ad apprezzamento dell’offerta probatoria, ritenuta cedevole proprio perchè generale e presuntiva e, come tale, insuscettibile di vincere la presunzione relativa di legge con inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, di cui parla la gravata sentenza a pag. 2, riferendosi ad orientamento di questa Corte.

Il motivo è quindi inammissibile.

Il ricorso è pertanto infondato e dev’essere rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite del grado di legittimità a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro millequattrocento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater del la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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