Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3395 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. I, 11/02/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 11/02/2011), n.3395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI TRAPANI (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 45, presso

l’avvocato BUCCELLATO FAUSTO, rappresentato e difeso dall’avvocato

MONTANTI LAURA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA EDILIZIA ZORAIDE, F.F.;

– intimati –

e sul ricorso n. 10209/2005 proposto da:

F.F. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO GALLONIO 8, presso l’avvocato

IOCULANI FRANCESCA, rappresentato e difeso dall’avvocato GALATA’

DOMENICO, giusta procura in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

COOP. EDIL. ZORAIDE (C.F. (OMISSIS)), COMUNE DI TRAPANI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 119/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 09/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2010 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato FAUSTO BUCCELLATO, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.F. agiva in giudizio nei confronti del Comune di Trapani e della Cooperativa edilizia a r.l. Zoraide, chiedendo la condanna in solido dei convenuti al risarcimento dei danni da occupazione illegittima (domanda poi abbandonata) o in subordine, alla giusta indennita’ di esproprio, in relazione all’appezzamento di terreno di proprieta’, sito in (OMISSIS), in catasto al fg. 66, particelle 355, 409, 410 e 70, assoggettato a procedura ablativa; i convenuti eccepivano il difetto di legittimazione passiva e contestavano nel merito la domanda attrice.

La corte d’appello, con sentenza depositata il 9 febbraio 2004, ha determinato l’indennita’ di espropriazione del terreno in oggetto in Euro 161.021,05, ordinando al Comune di Trapani di depositare detta somma, detratto quanto gia’ versato, presso la Cassa Depositi e Prestiti, oltre interessi legali dalla data del provvedimento ablativo, alla data del deposito; ha dichiarato inammissibile la domanda proposta nei confronti della Cooperativa; ha condannato il Comune alla rifusione al F. delle spese di lite ed al pagamento delle spese della CTU; ha compensato per intero le spese inerenti al rapporto processuale tra attore e Cooperativa.

La corte territoriale, preso atto della limitazione della domanda da parte del F. alla sola determinazione della giusta indennita’ di espropriazione, ritenuto legittimato passivo il solo Comune, ha ritenuto la congruita’ della stima del terreno da parte del CTU, operata con riferimento alla natura edificatoria risultante dallo strumento urbanistico vigente alla data di esproprio, che lo inseriva in zona territoriale omogenea B5 con indice di massima densita’ edilizia fondiaria di mq. 1,5 mc/mq, ha arrotondato detto valore a L. 70.000 a mq, valore conforme a quanto dichiarato ai fini ICI dall’espropriato, mentre ha ritenuto non sorretto da concreti elementi l’assunto del Comune, di un asserito prezzo inferiore di mercato degli immobili esistenti nella zona.

Ha quindi calcolato l’indennita’, pari alla semisomma del valore venale e reddito dominicale rivalutato, nel caso pari a L. 311.780.225, ed essendo l’indennita’ provvisoria, determinata con provvedimento del 5/7/96 in L. 129.578.440, sensibilmente inferiore a quella accertata giudizialmente, non ha fatto luogo alla decurtazione del 40%.

La corte territoriale ha riconosciuto sulla somma pari alla differenza tra quanto determinato e quanto gia’ versato, gli interessi compensativi dalla data del provvedimento ablativo alla data del deposito, mentre ha respinto la domanda del F. di risarcimento del danno ex art. 1224 c.c., trattandosi di debito di valuta, non risultando il comportamento colpevole dell’espropriante, configurabile peraltro solo dall’instaurazione dell’opposizione alla stima, ne’ avendo la parte provato di avere subito un pregiudizio economico maggiore di quello coperto dagli interessi legali.

Ricorre per cassazione il comune di Trapani, sulla base di due motivi; il F. ha depositato controricorso con ricorso incidentale autonomo, sulla base di un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Il Comune di Trapani con il primo motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, circa un punto decisivo della controversia, in relazione alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis sotto il profilo dell’errata qualificazione del valore del terreno, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, sostenendo che il CTU avrebbe dovuto attestare il valore non oltre L. 50.000 a mq., partendo dal presupposto della inesistenza di un interesse concreto da parte degli imprenditori all’utilizzazione edificatoria del terreno, e quindi valutare lo stesso come assimilabile ai terreni ricadenti in zone territoriali omogenee C, determinando ai sensi del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, il valore nell’importo correntemente applicato, vicino a L. 50.000 mq, come determinato dalla stessa sezione della corte d’appello nella sentenza 398 del 2004, in eguale composizione collegiale, relativamente agli stessi convenuti, per un appezzamento di terreno limitrofo; al piu’ non si sarebbe riscontrato il consistente divario tra indennita’ offerta e quella accertata, che ha indotto la corte territoriale a negare la riduzione del 40%.

1.2.- Con il secondo motivo, il Comune denuncia violazione o falsa applicazione del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 1, convertito nella L. n. 359 del 1992, insufficiente e contraddittoria motivazione sotto il profilo del mancato abbattimento del 40%, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 atteso che l’art. 5 bis non consente di attribuire in sede di giudizio di opposizione alla stima un indennizzo immune dall’abbattimento, quando l’opposizione sia stata proposta dopo l’entrata in vigore della legge, il privato sia stato posto in condizione di stipulare la cessione volontaria del bene ed abbia ritenuto di non accettare la proposta.

1.3.- Il F. ha proposto ricorso incidentale autonomo nella parte in cui la corte territoriale ha respinto la domanda di condanna al maggior danno da svalutazione monetaria, “per erronea e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 3-5)”, sostenendo che risulta documentalmente provata la propria qualita’ di coltivatore diretto e che il suolo espropriato, pur ricadente in zona urbanizzata, era coltivato a vigneto irriguo, da cui la prova del maggior danno, essendo venuto meno il mezzo di lavoro e stante l’impossibilita’ di acquistare un fondo equivalente, a causa della mancata disponibilita’ della indennita’ di esproprio; che infine l’irrisorieta’ dell’indennita’ e la infondatezza del ricorso danno prova del comportamento colpevole dell’ente.

2.1. – Riuniti i ricorsi principale ed incidentale, va in primis rilevato che, a seguito della sentenza resa dalla Corte Costituzionale, n. 348 del 24/10/2007, che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, commi 1 e 2, venuto meno “il criterio riduttivo di indennizzo di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis torna nuovamente applicabile il criterio generale dell’indennizzo pari al valore venale del bene, fissato dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 29 che e’ l’unico criterio ancora vigente rinvenibile nell’ordinamento, e per di piu’ non stabilito per singole e specifiche fattispecie espropriative, ma destinato a funzionare in linea generale in ogni ipotesi o tipo di espropriazione salvo che un’apposita norma provvedesse diversamente.

E che quindi nel caso concreto si presenta idoneo ad essere applicato, riespandendo la sua efficacia per colmare il vuoto prodotto nell’ordinamento dall’espunzione del criterio dichiarato incostituzionale (Cass. 9321/2008; 9245/2008; 8384/2008; 7258/2008;

26275/2007): anche per la sua corrispondenza con la riparazione integrale in rapporto ragionevole con il valore venale del bene garantita dall’art. 1 del Protocollo allegato alla Convenzione europea, nell’interpretazione offerta dalla Corte EDU.”(cosi’ Cass. 14939/2010, tra le ultime).

Ne’ infine e’ applicabile lo jus superveniens costituito dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90 in base ai quali “Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento”, in ogni caso ratione temporis, dato che la norma di diritto intertemporale di cui al comma 90 prevede una limitata retroattivita’ della nuova disciplina, con riferimento solo “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonche’ 11498/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto non rientra in quest’ultima categoria individuata da detta normativa, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene” (cosi’ Cass. 14939 del 2010).

Va infine ricordato che dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione in oggetto del Giudice delle Leggi, non e’ piu’ applicabile l’art. 5 bis, con l’unico limite delle situazioni consolidate, per essersi il relativo rapporto definitivamente esaurito, per avvenuta formazione del giudicato, o per essersi verificate preclusioni o decadenze previste dalla legge (in tal senso, tra le ultime, Cass. 10958/2010, Cass. 27264/2008, Cass. 963/2007).

Orbene, nel caso, il Comune ha posto in discussione l’ammontare dovuto e la mancata decurtazione del 40% di cui all’art. 5 bis, mentre il F. si e’ limitato ad impugnare la reiezione della domanda ex art. 1224 c.c., senza porre a sua volta in discussione il quantum dell’indennita’, si che non si rende applicabile in favore della parte la sentenza del Giudice delle Leggi. Alla stregua del mutato assetto normativo e nei limiti delle impugnazioni delle parti, vanno quindi esaminati i motivi dei ricorsi riuniti.

2.2.- Il 1^ motivo del ricorso principale del Comune deve ritenersi infondato, attesa l’insussistenza del vizio di motivazione denunciato: ed invero, la corte territoriale ha ampiamente e congruamente argomentato, in relazione all’adesione alla valutazione operata dal CTU, motivando sulle ragioni della ritenuta congruita’, si’ da doversi ritenere del tutto infondata la prospettata insufficienza (addirittura, inesistenza) della motivazione in ordine alla valutazione del terreno (ne’ d’altra parte, l’art. 360 c.p.c., n. 5 attribuisce il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento: cosi’, tra le tante Cass. 27162/2009 e 15355/2004. Non sussiste infine la contraddittorieta’ nella motivazione, che la difesa del Comune prospetta con riferimento alla valutazione di un diverso terreno, come effettuata in una diversa sentenza sempre della stessa corte d’appello nella medesima composizione, pur con gli stessi convenuti: ed invero, il vizio in oggetto si palesa solo quando le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti tra loro, in modo da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, cioe’ l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata (sul principio, Cass. S.u., 26825/2009, e conformi, 6064/2008,18709/2007,17076/07), ed e’ di chiara evidenza come non sia neppure configurabile la contraddittorieta’ della motivazione della sentenza, avuto riguardo ad una diversa sentenza.

2.3.- Il secondo motivo del ricorso principale e’ chiaramente da respingersi alla luce della sentenza della Corte Costituzionale 328/2007.

2.4.- Anche il motivo del ricorso incidentale e’ infondato. Premesso che; la parte ha fatto valere il vizio sotto il profilo della erronea e contraddittoria motivazione, pur richiamando, ma come mera indicazione normativa, l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, mentre le argomentazioni fatte valere sono dirette a prospettare il solo vizio motivazionale, va rilevato che la censura e’ formulata in modo del tutto generico, senza riferimento ad elementi probatori, a fronte di una motivazione che ha esposto le argomentazioni giuridiche giustificative della decisione assunta in modo logico, immune da vizi di qualificazione della fattispecie o da omissioni su fatti decisivi.

2.5. – I ricorsi vanno pertanto respinti.

La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.

Cosi’ deciso in Roma, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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