Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3395 del 03/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 03/02/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 03/02/2022), n.3395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15452-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

PARDINI FEDERICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2007/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA, depositata il 14/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale dichiarava inammissibile il ricorso della parte contribuente relativo al diniego parziale tacito in merito ad una sua istanza conseguente ad una sentenza del Tribunale di Massa Carrara avente ad oggetto un credito per imposta di registro;

la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello del contribuente ritenendo configurabile una istanza di sgravio da parte del contribuente nell’ipotesi di sentenza passata in giudicato che escluda la debenza dell’imposta di registro;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso con il quale documentava che in data 29 maggio 2019 aveva proposto domanda di definizione agevolata della controversia tributaria pendente e conseguentemente avanzava istanza di sospensione del processo fino al 31 dicembre 2020 D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, ex art. 6, comma 10, convertito in L. 17 dicembre 2018, n. 136; con ordinanza interlocutoria n. 20561 del 2020 questa Corte disponeva la sospensione del processo D.L. n. 119 del 2018, ex art. 3, comma 6, convertito in L. n. 136 del 2018. Con nota del 21 luglio 2020, la Direzione provinciale di Firenze dell’Agenzia delle entrate comunicava che la domanda di definizione della controversia D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6 è stata oggetto di diniego. Fissata una nuova udienza di trattazione, la parte contribuente depositava memoria insistendo per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21 per avere la CTR ritenuto ammissibile il ricorso avverso il diniego tacito di sgravio delle sanzioni irrogate dall’Ufficio a seguito del mancato pagamento, nel termine di 60 gg., dell’imposta di registro liquidata in relazione alla sentenza del tribunale civile di Massa Carrara nonostante tale diniego non sia impugnabile L. n. 546 del 1992, ex art. 19 e sebbene l’atto con cui sono state irrogate le sanzioni (la cartella di pagamento) fosse divenuto definitiva;

con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 37 e 77 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 3, in quanto, anche a seguito di sentenza non definitiva, il contribuente è tenuto a versare l’imposta di registro che a seguito di eventuale annullamento potrà essere chiesta in restituzione nel termine di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 77;

ritenuto di poter affrontare congiuntamente i due motivi di ricorso perché entrambi sono diretti a contestare il diritto della parte contribuente ad uno sgravio nell’ipotesi di sentenza della Corte d’appello passata in giudicato che escluda la debenza dell’imposta di registro che era stata applicata in ragione di una sentenza del Tribunale sfavorevole alla parte contribuente, sentenza poi appunto riformata dalla Corte d’appello;

considerato che, secondo questa Corte, in tema d’imposta di registro sugli atti dell’Autorità giudiziaria D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 37, qualora il provvedimento giudiziario sia stato definitivamente riformato, l’Amministrazione finanziaria, che abbia correttamente emesso l’avviso di liquidazione dell’imposta principale e la relativa cartella di pagamento senza procedere alla riscossione, non ha interesse, nonostante la soccombenza, a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di annullamento della cartella emessa dal giudice tributario d’appello, essendo venuto meno il presupposto dell’imposta, il cui pagamento comporterebbe la necessità dell’immediato -rimborso (nella specie, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso col quale l’Amministrazione chiedeva la condanna del contribuente al pagamento delle sanzioni e degli interessi relativi all’imposta dovuta su un provvedimento giudiziario definitivamente riformato: Cass. n. 2367 del 2021; Cass. n. 15645 del 2019; 29004 del 2017; 24097 del 2014; 19953 del 2005);

ritenuto che è irragionevole e contraria al principio di solidarietà la pretesa fiscale relativa ad una sanzione dipendente dal mancato pagamento di una imposta non dovuta: considerato infatti che, secondo l’art. 10 Statuto del contribuente, “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”, che deve reciprocamente ispirare i rapporti fra pubblica amministrazione e cittadino anche nei rapporti tributari (Cass. n. 2367 del 2021; Cass. 9 maggio 2018, n. 11052; Cass. 17 gennaio 2018, n. 1009);

ritenuto che, con particolare riferimento al primo motivo di impugnazione, secondo questa Corte, in tema di contenzioso tributario, la comunicazione della sospensione di un rimborso IVA in vista di una sua compensazione, differendone in concreto l’esecuzione, è un atto autonomamente impugnabile o ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. i, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23 o, comunque, ai sensi del citato art. 19, atteso che la tassatività dell’elencazione ivi contenuta deve intendersi riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente individuati, ma alle categorie a cui sono riconducibili, in cui vanno, pertanto, ricompresi anche gli atti atipici o con “nomen iuris” diversi da quelli indicati, che producano, però, gli stessi effetti giuridici (Cass. n. 5723 del 2016);

considerato che è stato analogamente affermato, in tema di contenzioso tributario, che l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, pur avendo natura tassativa, non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, con i quali l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, dovendo intendersi la tassatività riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente indicati ma alle categorie a cui questi ultimi sono astrattamente riconducibili, nelle quali vanno ricompresi gli atti atipici o con “nomen iuris” diversi da quelli indicati, che però producono gli stessi effetti giuridici, ed anche gli atti prodromici degli atti impositivi, sicché è da ritenersi impugnabile, quale diniego di agevolazione, l’atto di diniego parziale di estinzione di tributi iscritti a ruolo, essendo immediatamente lesivo dei diritti del contribuente (Cass. n. 2144 del 2020): nella specie l’autonoma impugnabilità del diniego di sgravio si giustifica in relazione alla circostanza che solo in un momento successivo rispetto all’irrogazione delle sanzioni è venuto meno il presupposto impositivo delle stesse, cosicché una diversa interpretazione non si giustificherebbe alla luce dei principi di ragionevolezza, solidarietà e buona fede che devono ispirare i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria;

in tema di imposta di registro, il provvedimento non definitivo ex art. 186-ter c.p.c. è soggetto alla tassazione “provvisoria”, completandosi il procedimento di tassazione, con un conguaglio a favore dell’erario o con un rimborso a favore del contribuente, con l’intervento della successiva sentenza passata in giudicato, assumendo all’uopo rilievo l’eventuale contenuto speculare dei due provvedimenti; rimborso che, in ossequio ai principi di buona fede e leale collaborazione che regolamentano il rapporto tra contribuente e Fisco, può ritenersi oggetto di implicita richiesta all’Ufficio nel corso del giudizio proposto avverso l’avviso di liquidazione relativo alla sentenza civile (Cass. n. 23159 del 2021): si evidenzia pertanto da un lato il necessario rispetto dei principi di buona fede e leale collaborazione che regolamentano il rapporto tra contribuente e Fisco e dall’altro la diversità dell’ipotesi oggetto della presente sentenza, ove la sentenza passata in giudicato è intervenuta successivamente, rispetto al caso di specie, ove al momento dell’istanza di sgravio da parte del contribuente era già intervenuta sentenza passata in giudicato che, in quanto favorevole al contribuente, esclude la debenza dell’imposta di registro;

ritenuto pertanto che la Commissione Tributaria Regionale si è attenuta ai suddetti principi laddove ha ritenuto ammissibile e fondata una istanza di sgravio da parte del contribuente nell’ipotesi di sentenza passata in giudicato che escluda la debenza dell’imposta di registro che era stata applicata in ragione di una sentenza del Tribunale sfavorevole alla parte contribuente, sentenza poi appunto riformata dalla Corte d’appello con sentenza passata in giudicato;

ritenuto che pertanto il ricorso va respinto; le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.300, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge, spese da distrarsi a favore dell’avv. Pardini Federico dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022

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