Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33945 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 19/12/2019), n.33945

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – rel. Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 7202 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.lli C. e B. s.n.c., in persona del legale

rappresentante pro tempore,

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n.

35/66/2011, depositata il 24 gennaio 2011, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 giugno 2019 dal Relatore Consigliere Dott.ssa Putaturo Donati

Viscido di Nocera Maria Giulia.

Fatto

RILEVATO

che:

-con sentenza n. 35/66/2011, depositata il 24 gennaio 2011, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di F.lli C. e B. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 68/10/2008 della Commissione tributaria provinciale di Brescia che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS), con la quale era stata iscritta a ruolo la somma di Euro 10.573,26i a titolo di Iva, interessi e sanzioni, essendo emersa, a seguito di controllo automatizzato ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, l’indebita esposizione da parte della contribuente, nella dichiarazione Iva per l’anno 2004, di un credito d’imposta superiore a quello effettivo;

– la CTR- per quanto di interesse, ha osservato: 1) che nel 2003 la società aveva emesso due fatture con aliquota ridotta anzichè normale, esponendo in tal modo un credito IVA superiore a quello effettivo; 2)che, accortasi dell’errore, aveva emesso due fatture datate 2004, ma riferite al 2003, dando corso anche alla procedura del ravvedimento operoso per evitare le sanzioni; 3) che, omettendo di conteggiare il ravvedimento operoso, la contribuente aveva esposto per errore un credito IVA superiore a quello effettivo anche nella dichiarazione 2004; 4) che si trattava, però, di mera irregolarità formale, che non aveva provocato alcun danno all’erario; 5) che la cartella di pagamento era illegittima in quanto, trattandosi di un “errore formale”, l’Ufficio avrebbe potuto correggerlo nel corso del controllo automatizzato del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54-bis, comma 2, lett. b);

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a un motivo; rimane intimata la società;

– il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Sanlorenzo Rita ha depositato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 2, lett. b), per avere la CTR erroneamente ritenuto illegittima la cartella di pagamento in questione, a fronte di un’erronea esposizione da parte della società contribuente nella dichiarazione Iva per l’anno 2004 (quadro VE), di un credito d’imposta 2003 maggiore di quello dovuto, con indebito vantaggio di Euro 7.329,00, senza che fosse possibile configurare alcuna forma di “compensazione” col maggior debito d’imposta che, a causa del medesimo errore, la contribuente aveva esposto nella medesima dichiarazione per l’anno 2004, e, dunque, con necessità di una rettifica, correttamente operata dall’Ufficio, ai sensi del citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis;

– il ricorso è inammissibile;

– il motivo investe, infatti, in via del tutto generica e meramente assertiva l’accertamento del giudice d’appello secondo cui, nell’esporre, nella dichiarazione Iva per l’anno 2004, il maggiore credito non dovuto, la F.lli C. e B. s.n. c non aveva provocato danni all’erario (evidentemente per non aver portato il credito in detrazione nè averlo chiesto a rimborso); la ricorrente sostiene, infatti, che l’errata dichiarazione del credito non spettante avrebbe procurato un indebito vantaggio alla società, ma non chiarisce in qual modo il vantaggio si sarebbe concretizzato: in definitiva, non indica le ragioni per le quali, anzichè limitarsi alla rettifica dell’errore, abbia preteso di recuperare un credito che, ora insussistente neanche, la contribuente non aveva utilizzato;

– nulla sulle spese del giudizio di legittimità, essendo rimasta intimata la società contribuente;

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019

Depositato in cancelleria il 19 dicembre 2019

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