Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33943 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 19/12/2019), n.33943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22455-2014 proposto da:

V.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA VIA ENNIO

QUIRINO VISCONTI 99, presso lo studio dell’avvocato BERARDINO

IACOBUCCI, rappresentata e difesa dall’avvocato PIETRO MASTRANGELO;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO BONIFICA STORNARA E TARA, SOGET SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 336/2014 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

TARANTO, depositata il 13/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/06/2019 dal Consigliere Dott. PAOLA D’OVIDIO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Taranto V.A.M.F., proprietaria di terreni in agro di Palangianello (TA) rientranti nel comprensorio di competenza del Consorzio di Bonifica Stornata e Tara, impugnava l’avviso di pagamento n. (OMISSIS) del 17/7/2009, notificatole il 31/8/2009, con il quale la Soget s.p.a. chiedeva i contributi consortili cod. 750 per l’anno d’imposta 2007.

La ricorrente contestava la pretesa impositiva deducendo che nell’atto impugnato non risultavano esplicitate le ragioni di fatto, nè la base imponibile e l’aliquota, e che risultava violato l’art. 23 Cost., in quanto l’avviso si limitava a citare una delib. del Consiglio Regionale della Puglia (n. 182 del 17/7/2004), mentre il potere impositivo dovrebbe scaturire da una legge che disciplini i criteri atti ad individuare la base imponibile e la relativa aliquota. Inoltre, eccepiva: – la duplicazione della pretesa impositiva poichè era stato richiesto, oltre al tributo cod. 750, anche il pagamento del tributo cod. 730, senza motivare tale doppia imposizione; – l’erronea indicazione che, in ipotesi di mancato pagamento, si sarebbe proceduto in base al R.D. n. 639/10, in realtà abrogato dal D.P.R. n. 43 del 1988, art. 130, comma 2; – la mancanza di legittimazione del concessionario; – la violazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 42 e 43, in quanto la sede del Concessionario era fuori della provincia di Taranto.

Il Consorzio di Bonifica di Stornara e Tara non si costituiva; mentre la SOGET s.p.a., si costituiva evidenziando la propria legittimazione alla specifica attività nonchè la circostanza che lo svolgimento delle funzioni di riscossione è rapportato alla “concessione” e non alla sede legale del soggetto che ha ottenuto l’affidamento della Concessione.

2. La Commissione tributaria provinciale adita, con sentenza n. 356/03/12, rigettava il ricorso sulla base del principio, affermato dalla Corte di legittimità, secondo cui, “in tema di contributi consortili per il mantenimento di opere di bonifica e pulizia idraulica, grava sul contribuente, il citi fondo sia inserito in un piano di classifica del quale non sia contestata la legittimità, e che impugni la cartella esattoriale affermando l’insussistenza del dovere contributivo, l’onere di provare l’inadempimento delle indicazioni contenute in tale piano, e segnatamente l’inesecuzione delle opere di manutenzione da questo previste, poichè il vantaggio diretto ed immediato per il fondo, che costituisce il presupposto dell’obbligo di contribiT.one, ai sensi dell’art. 860 c.c. e del R.D. 19 febbraio 1933, n. 215, art. 10, deve ritenersi presunto in ragione dell’avvenuta approvazione del medesimo piano di classifica e della comprensione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile”.

3. Avverso tale sentenza proponeva appello la contribuente, la quale eccepiva la preclusione derivante da giudicato esterno, ed insisteva per la riforma della sentenza impugnata e l’annullamento dell’avviso di pagamento, sostenendo l’erroneità della decisione dei primi giudici.

Il Consorzio di Bonifica di Stornara e Tara e la SOGET s.p.a. non si costituivano nel giudizio di secondo grado.

4. La Commissione tributaria regionale di Bari – Sez. distaccata di Taranto, con sentenza n. 336/29/14, depositata il 13/2/2014, rigettava l’appello, precisando preliminarmente che la controversia riguardava la debenza o meno del solo tributo cod. 750, l’unico richiesto nell’avviso di pagamento impugnato, e ribadendo, nel merito, il principio già enunciato dalla sentenza di primo grado; precisava altresì che le sentenze citate dall’appellante, al fine di eccepire la formazione del giudicato esterno, riguardavano l’impugnazione di cartelle esattoriali, e quindi di atti diversi e successivi rispetto all’avviso di pagamento oggetto della presente controversia, per motivazioni peraltro strettamente attinenti alle stesse.

5. Avverso tale sentenza V.A.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Le parti intimate non hanno depositato difese.

Diritto

RITENUTO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso è prospettata la “nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 e dell’art. 132 c.p.c., per motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

Nell’illustrazione del motivo si deduce che la motivazione non darebbe conto della questione posta dal ricorrente, ossia della inesistenza di una norma di legge che giustifichi, oltre al contributo cod. 630, previsto dal R.D. n. 215 del 1933, art. 10 e dall’art. 860 c.c. per le spese tutte (fisse e variabili, la cui riscossione era sospesa in forza della L.R. n. 8 del 2005, art. 2), anche un ulteriore contributo cod. 750 per la partecipazione alle sole spese fisse.

1.1. Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata risulta infatti adeguatamente motivata, atteso che preliminarmente delimita l’oggetto della controversia, “rappresentato dalla debenza o meno del solo contributo cd. irriguo fisso (cod. 750), l’unico richiesto nell’avviso di pagamento impugnato”, ed individua lo scopo di tale contributo nell’esigenza “di coprire le spese fisse, diverse da quelle varabili d’esercizio – che il Consorzio è tenuto a sostenere, anche se non distribuisce acqua (canoni demaniali per la concessione di derivazione dell’acqua, spese di manutenzione ordinaria e straordinaria delle dighe e dei canali adduttori, delle condotte principali e degli impianti di sollevamento, reti di distribuzione di apparecchiature, quota parte delle spese relative al personale fisso addetto all’irrigazione, ammortamento metili meccanici); prosegue poi precisando che dette spese sono determinate in sede di bilancio preventivo di gestione e ripartite fra i consorziati sulla base della superficie dei terreni inclusi nei distretti irrigui, indipendentemente dall’utilizzazione dell’acqua, essendo “indubbio infatti che la presenza dell’impianto irriguo determina un evidente beneficio economico diretto collegato ad un aumento del reddito aziendale, nonchè all’incremento del valore fondiario…”.

Conclude quindi individuando nell’art. 860 c.c. e nel R.D. n. 215 del 1933, art. 10, il fondamento normativo per l’imposizione del contributo in oggetto, atteso che quest’ultima norma prevede quale presupposto dell’obbligo di contribuzione proprio il detto vantaggio diretto ed immediato per il fondo.

Dunque, come ben si evince dalla sentenza impugnata ed ammesso dallo stesso ricorrente, nella specie non vi è stata alcuna indebita duplicazione del contributo, essendo stato richiesto solo il contributo per le spesse fisse (cod. 750); quanto al contributo per le spese fisse e variabili (cod. 630), la cui riscossione era all’epoca sospesa in forza della L.R. Puglia n. 8 del 2005, art. 2, la questione paventata dal ricorrente della eventuale duplicazione della richiesta di contributi in parte già addebitati (con il doc. 750 di cui si discorre in questa sede) è allo stato meramente ipotetica e comunque non attuale, sicchè correttamente la CTR ha disatteso tale doglianza, rilevando che “la presente controversia va preliminarmente ricondotta nel suo ambito effettivo”.

In ogni caso, contrariamente a quanto sembra sostenere il ricorrente, la diversa denominazione dei codici dei contributi imposti non incide sull’obbligo contributivo, legittimamente fondato dalla sentenza impugnata sulle norme ivi richiamate (relative sia alle spese variabili che a quelle fisse, essendo queste ultime comprese in quelle di “manutenzione ed eserckio delle opere” cui si riferisce l’art. 860 c.c.), ma semplicemente sulla identificazione delle voci cui si riferiscono: invero, l’art. 860 c.c. ed il R.D. n. 215 del 1933, art. 10, si limitano ad indicare le spese per la quali sussiste l’obbligo di contribuzione a carico dei proprietari dei fondi interessati, ma non impongono affatto che tutte tali spese (sia fisse che variabili) siano identificate con un unico codice o siano richieste congiuntamente.

Ne deriva che la motivazione della sentenza impugnata, in quanto dà conto che si controverte di un unico contributo ben individuato (relativo alle sole spese fisse) e fondato su determinate norme di legge, è conforme al “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, la cui violazione è individuabile nelle sole ipotesi (all’evidenza non ravvisabili nella specie) – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940, Rv. 645828 – 01; Cass. SU, 07/04/2014, n. 8053, Rv. 629830 – 01).

5. In definitiva, non ricorrendo il vizio di motivazione, siccome denunciato sotto il profilo della motivazione apparente, e non essendo stata neppure prospetta una violazione o falsa applicazione delle norme applicate dalla sentenza impugnata, il ricorso deve essere rigettato.

Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione delle parti intimate.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, dalla 5 sezione civile della Corte di cassazione, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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