Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33933 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 06/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33933

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21902/2015 R.G. proposto da:

COMUNE DI MIRANDOLA, in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dagli avv. Marco Zanasi, Marcello Furitano e

Cecilia Furitano ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli

ultimi due in Roma, via Monte Zebio n. 37;

– ricorrente –

contro

C.A.M.A. Mirandola Società Agricola Cooperativa, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli

Avvocati Mario Galiani e Anna Martinelli Grossi; ed elettivamente

domiciliati presso il loro studio in Mirandola (MO), viale Gramsci

n. 7/A;

– controricorrente –

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 447/3/15 della Commissione tributaria

Regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 26/02/2015;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6/11/2019 dal

Consigliere Stefano Pepe;

udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale della

Repubblica Dott. Giovanni Giacalone, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso

incidentale;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Marco Zanasi per il

ricorrente.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Comune di Mirandola notificava alla C.A.M.A. diversi avvisi di accertamento per omessa dichiarazione e relativo mancato versamento (imposta ICI per gli anni dal 2002 al 2007) per complessivi 0.3.353,76, concernenti un’area fabbricabile contrassegnata al Catasto al foglio n. (OMISSIS) mappale (OMISSIS) sulla quale la contribuente, a seguito di concessione edilizia, aveva realizzato quattro silos.

2. Avverso i predetti avvisi la C.A.M.A. Mirandola Società Agricola Cooperativa proponeva ricorso adducendo che la suddetta area non poteva considerarsi fabbricabile in quanto inserita in “zona omogenea E1, agricola normale” dallo strumento urbanistico, assumendo, poi, rilievo la circostanza che la contribuente aveva i requisiti di imprenditore agricolo, di talchè i silos che insistevano nella indicata area dovevano considerarsi strumentali e pertinenziali all’attività agricola da essa svolta.

3. La CTR, con sentenza n. 447/03/15 depositata il 26.2.2015, confermava la sentenza di primo grado e, per l’effetto, accoglieva il ricorso proposto dalla contribuente.

4. Avverso tale sentenza il Comune di Mirandola propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

5. La C.A.M.A. ha depositato controricorso con ricorso incidentale condizionato.

6. In prossimità dell’udienza il Comune di Mirandola ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per omessa pronuncia, non avendo la CTR esaminato la doglianza relativa all’assoggettabilità dell’area al pagamento richiesto ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 5, comma 6, per effetto del quale se un terreno viene edificato deve considerarsi area fabbricabile e, dunque, soggetto a ICI, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2 e, quindi, anche se inserito in zona agricola dallo strumento urbanistico comunale.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per non aver la CTR motivato circa l’inapplicabilità nel caso di specie dell’agevolazione prevista in tema di ICI dal combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) e art. 9, in quanto l’area in esame non era coltivata, in quanto edificata e, comunque, la resistente, non essendo persona fisica, non possedeva i caratteri richiesti per essere considerata coltivatore diretto o imprenditore agricolo.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) e art. 5, comma 6, nonchè del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 – quaterdecies, comma 16, conv. in L. n. 248 del 2005. Con tale motivo il ricorrente, ripropone sotto altro profilo, quello della violazione di legge, gli argomenti proposti nel primo motivo di ricorso.

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) e art. 9, comma 1, nonchè del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58. Con tale motivo, come per il precedente, vengono riproposti, sotto altro profilo, quello della violazione di legge, gli argomenti posti a fondamento del secondo motivo di ricorso.

5. I primi due motivi, da trattarsi congiuntamente, stante la loro stretta connessione, sono infondati.

Ed invero, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente che, peraltro, con la formulazione dei successivi due motivi di ricorso dimostra di aver colto l’iter logico argomentativo posto a fondamento della sentenza impugnata e, dunque le ragioni sulle quali essa si fonda, la CTR ha, con ampia motivazione, esaminato le diverse prospettazioni difensive offerte dalle parti e, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ritenuto implicitamente non fondate le censure alla stessa mosse dal Comune di Mirandola; censure specificatamente riportate nel corpo del provvedimento impugnato (Cass. n. 29191 del 2017).

6. Gli ulteriori motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente, stante la loro stretta connessione, sono fondati.

E’ pacifico tra le parti che l’area per la quale il ricorrente ha emesso gli avvisi oggetto di impugnazione è inclusa nel PRG del Comune all’interno di una zona agricola e che su di essa la resistente ha realizzato, previa autorizzazione dell’ente territoriale, dei silos per la conservazione del grano e lo stoccaggio di cereali.

Il Comune di Mirandola ha, con gli avvisi sopra indicati, richiesto il pagamento dell’ICI sul presupposto che l’avvenuta realizzazione dei suddetti silos avesse reso l’area edificabile e, conseguentemente, fatto venir meno la natura agricola del fondo ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 5, comma 6, non rivestendo, peraltro, la resistente la qualifica di imprenditore agricolo o coltivatore diretto posta a fondamento dell’esenzione al suddetto pagamento.

Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett b), ai fini dell’applicazione dell’ICI, ha definito l’area fabbricabile come quella “utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità. Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati nell’art. 9, comma 1, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali”, precisando l’art. 9 richiamato che tali soggetti sono i “(…) coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale”.

Il D.L. n. 203 del 2005, art. 11 – quaterdecies, comma 16, conv. in L. n. 248 del 2005, ha precisato che “ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, la disposizione prevista dall’art. 2, comma 1, lett. b), dello stesso decreto si interpreta nel senso che un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

Così individuata la nozione di area fabbricabile, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6, prevede che “in caso di utilizzazione edificatoria dell’area, di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero (…), la base imponibile è costituita dal valore dell’area, la quale è considerata fabbricabile anche in deroga a quanto stabilito nell’art. 2, senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato”.

Alla luce del quadro normativo di riferimento si evince che il legislatore, da un lato, ha escluso si possano considerare fabbricabili quei terreni che, seppure edificabili secondo gli strumenti urbanistici, siano di fatto utilizzati dai soggetti e per i fini sopra indicati, assumendo sul punto rilievo l’inciso “tuttavia” contenuto nell’art. 2 e, dall’altro, ha riconosciuto, a determinate condizioni, che un’area può essere considerata fabbricabile anche se non indicata come tale negli strumenti urbanistici (art. 5, comma 6, cit.).

In particolare, per quanto attiene alla portata applicativa dell’art. 5, comma 6, cit. questa Corte ha affermato che in caso di utilizzo edificatorio di un’area ai sensi della norma sopra indicata, la base imponibile è costituita dal valore dell’area utilizzata a tale scopo, in quanto il meccanismo impositivo individuato dal legislatore non considera ai fini ICI il fabbricato in corso di ristrutturazione, ma l’area su cui lo stesso insiste, che per tale motivo ridiventa fabbricabile “ab origine”, fino a quando la ristrutturazione dell’immobile non sia stata completata (Cass. n. 10082 del 2014), essendo all’uopo irrilevante che sia tale in base agli strumenti urbanistici. In particolare, questa Corte ha affermato che “in tema di ICI, nel periodo in cui il terreno agricolo sia distolto dall’esercizio delle attività previste dall’art. 2135 c.c., poichè su di esso sono in corso opere di costruzione, demolizione, ricostruzione o esecuzione di lavori di recupero edilizio, la base imponibile è costituita, giusta il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6, dal valore dell’area utilizzata a tale scopo, la quale, per tale motivo, è considerata fabbricabile, indipendentemente dal fatto che lo sia, o non, in base agli strumenti urbanistici, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, venendo meno la ragione agevolativa della natura agricola, connessa ai rischi di tale attività” (Cass. n. 27096 del 2016).

Da quanto sopra emerge che la ratio legis è quella secondo cui laddove il terreno agricolo sia distolto dall’esercizio delle attività di cui all’art. 2135 c.c., poichè su di esso sono in corso opere di costruzione, demolizione, ricostruzione o esecuzione di lavori di recupero edilizio, la base imponibile ai fini ICI non potrà più essere calcolata ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 7, ma, ai sensi del D.Lgs. n. 504 cit., medesimo art. 5, comma 6, come area fabbricabile, proprio per il venir meno della ragione agevolativa della natura agricola del terreno, connessa con i rischi inerenti all’esercizio di tale attività.

La CTR ha erroneamente interpretato le disposizioni sopra riportate, in quanto la presente vicenda deve essere sussunta sotto la fattispecie normativa astratta di cui all’art. 5, corna 6, cit. per effetto della quale l’area, seppure rientrante in zona non fabbricabile secondo gli strumenti urbanistici, in ragione dell’intervenuta sua edificazione, comportava l’assoggettamento della stessa all’imposta richiesta.

7. Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato è inammissibile.

Con esso la resistente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 14 e, per l’effetto, chiede la disapplicazione delle sanzioni alla stessa applicate nella misura del 100% sul presupposto che era legittimo il dubbio circa la natura delle aree di cui è giudizio.

Risulta evidente come la censura attiene a profili di merito che, in quanto tali, non possono essere oggetto di valutazione in questa sede.

8. Il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato non è fondato.

La resistente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, per essere stata indicata negli avvisi di accertamento che la pretesa si fondava sul D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6, comportando ciò la conseguente violazione del diritto di difesa.

Sul punto, rilevato che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 – bis, evocato dalla resistente, all’epoca dell’emissione degli avvisi risultava abrogato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 173, lett. d), va precisato che l’onere di motivazione imposto all’Amministrazione in tali casi non implica che essa deve anche indicare le ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poichè è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta, di talchè, nel caso di specie, anche in ragione del comprovato adeguato esercizio del diritto di difesa da parte della resistente, il suindicato onere risulta pienamente adempiuto.

9. Il ricorso deve essere conseguentemente accolto, con rigetto del ricorso incidentale e, per l’effetto la sentenza cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può, ex art. 384 c.p.c., comma 2, essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario della contribuente.

10. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidata come da dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

PQM

La Corte:

Accoglie il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, rigetta i restanti.

Rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario della contribuente. Condanna la resistente al pagamento, a favore del ricorrente, delle spese processuali di questo giudizio che liquida in complessivi Euro 1.700,00, oltre spese ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 06 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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