Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33931 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 06/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15791/2015 R.G. proposto da:

A.A.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via Satrico

n. 16, presso lo studio dell’Avvocato Nicoletta Bernardini,

rappresentata e difesa dall’Avvocato Angelo Convertini e dall’avv.

Sasso, giusta da procura a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MOLFETTA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2580/01/17 della Commissione tributaria

Regionale di Bari, depositata il 15/12/2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6/11/2019 dal

Consigliere Stefano Pepe;

udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale della

Repubblica Dott. Giovanni Giacalone, che ha concluso per

l’inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Sasso Leonardo per la

ricorrente.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il 10.11.2011 il Comune di Molfetta notificava alla A. un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2006, per una presunta evasione ICI di Euro 1.091,38 oltre interessi e sanzioni. Il suddetto avviso si fondava, tra l’altro, sulla omessa denuncia di un’area fabbricabile risultante dai dati catastali.

2. La contribuente proponeva ricorso avverso tale avviso e la CTR con la sentenza n. 2580/01/2014, in riforma della sentenza di primo grado, rideterminava l’importo dovuto dalla A. in Euro 1.750,00 sul presupposto che l’area oggetto del tributo aveva un valore di Euro 250.000,00 a fronte di quello indicato dall’ente territoriale di Euro 500.000,00 e di quello proposto dalla contribuente con perizia giurata di Euro 187.000,00.

3. Nei confronti della suddetta pronuncia la contribuente propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.

4. Il Comune di Molfetta non si è costituito.

5. In prossimità dell’udienza la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 e della L. n. 212 del 2000, art. 3, anche in relazione all’art. 7 della CEDU, non avendo la CTR rilevato l’intervenuta prescrizione o, comunque, decadenza biennale o triennale in cui è incorso il Comune di Molfetta al momento dell’emissione dell’avviso impugnato.

La contribuente, in particolare, ritiene che la CTR ha errato a ritenere applicabile, anche per i periodi di imposta pendenti alla data del 1 gennaio 2007 e, quindi, in via retroattiva, il termine quinquiennale introdotto dalla L. n. 296 del 2006.

2. Con il secondo motivo la A. censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la sentenza della CTR per avere violato il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 3 e, in particolare, il principio del contraddittorio preventivo sancito dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, non avendo il Comune comunicato l’atto di modifica delle rendite catastali, precludendo in tal modo la sua eventuale impugnazione.

4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 11, per avere la CTR ritenuto congruamente motivato l’avviso di accertamento per effetto del richiamo in esso contenuto, quanto al valore di stima assegnato agli immobili, ai criteri contenuti in atti del Comune facilmente reperibili dai contribuenti.

5. Con il quarto motivo la A. censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la sentenza emessa dalla CTR in quanto essa, in violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 12, non avrebbe rilevato l’omessa motivazione nell’avviso di accertamento circa le ragioni per le quali il Comune aveva ritenuto non congrua la valutazione degli immobili offerta dalla contribuente.

6. Con il quinto motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa pronuncia della CTR circa la non congruità della valutazione all’area oggetto di giudizio contenuta nella perizia giurata predisposta dalla stessa ricorrente.

7. Il primo motivo non è fondato.

Ed invero, la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, prevede che “gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonchè all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 16 e 17 e successive modificazioni”. Il successivo comma 171 stabilisce che “Le norme di cui ai commi da 161 a 170 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Nel caso di specie, per effetto delle norme indicate, l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2006, diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente, doveva essere notificato entro il termine di cinque anni; termine che risulta pienamente rispettato avendo la contribuente ricevuto la notifica il 31.10.2011.

8. Gli ulteriori motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, non sono fondati.

Con essi la A. lamenta, da un alto, la violazione del principio del contraddittorio preventivo e, dall’altro, l’omessa o, comunque, l’insufficiente motivazione dell’avviso di accertamento circa i criteri seguiti nella valutazione, ai fini ICI, dell’area edificabile di sua proprietà.

Con riferimento al primo aspetto della censura, le Sezioni unite (Cass. n. 24823 del 2015) hanno limitato l’ambito di applicabilità della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, ai soli casi di accessi, ispezioni o verifiche presso il locali del contribuente, e così chiarito che “in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. Ne consegue, ad ogni evidenza, che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di detto principio vertendosi in tema di accertamento riguardante l’ICI in relazione al quale va esclusa la sussistenza di un obbligo generalizzato di contraddittorio.

Con riferimento all’onere di motivazione in capo all’Amministrazione in caso di avvisi di liquidazione ICI, la CTR ha correttamente ritenuto assolto lo stesso in quanto la stima dell’area edificabile della contribuente era oggetto di una delibera comunale che, per la zona in questione, aveva recepito la valutazione di stima affidata ad un esperto. In ragione di quanto sopra nessun obbligo di allegazione all’avviso impugnato aveva l’ente territoriale, in quanto esso si fondava su atti comunali resi pubblici mediante la loro affissione all’Albo comunale e, dunque, conoscibili dalla contribuente.

Sul punto vale, infatti, il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale ” In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’obbligo di allegazione all’avviso di accertamento, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, degli atti cui si faccia riferimento nella motivazione riguarda necessariamente, come precisato dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 1, gli atti non conosciuti e non altrimenti conoscibili dal contribuente, ma non gli atti generali come le delibere del consiglio comunale (nella specie, delibera relativa ai criteri di stima dei terreni edificabili) che essendo soggette a pubblicità legale, si presumono conoscibili” (ex plurimis, Cass. n. 9601 del 2012).

La sentenza impugnata, poi, diversamente da quanto eccepito dalla ricorrente, con motivazione ampia ed esente da censure, nell’accogliere parzialmente l’appello proposto, dà conto dei criteri utilizzati per determinare il valore del terreno e, dunque, la base imponibile ai fini ICI dello stesso. In proposito i giudici di merito, seppure hanno qualificato l’area in questione come edificabile, hanno rilevato che su di essa vi erano degli impedimenti all’edificabilità non riconducibili al solo contribuente, circostanza questa che si rifletteva sulla valutazione di mercato del terreno e che ha portato il collegio a ritenere non congrua quella compiuta dall’ente comunale e posta a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato.

9. Nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in assenza di attività difensiva da parte della parte vittoriosa.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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