Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33930 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 06/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33930

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 14445/2015 R.G. proposto da:

A.A.M., rappresentata e difesa dall’avv. LEONARDO

SASSO dall’avv. Angelo Convertini ed elettivamente domiciliata in

Roma, Via Satrico n. 16, presso lo studio dell’avv. Nicoletta

Bernardini;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MOLFETTA

– intimato –

avverso la sentenza n. 2386/03/14 della Commissione tributaria

Regionale di Bari, depositata il 24/11/2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6/11/2019 dal

Consigliere Stefano Pepe;

udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale della

Repubblica Dott. Giovanni Giacalone, che ha concluso per

l’inammissibilità e, in via subordinata per il rigetto del ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Leonardo Sasso per la

ricorrente.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Comune di Molfetta, il 24/11/2010, notificava alla ricorrente, proprietaria di diversi immobili e terreni, un avviso di accertamento ICI relativo all’anno d’imposta 2005.

2. La contribuente proponeva ricorso avverso tale avviso eccependo: l’avvenuta decadenza dei termini dell’accertamento dell’imposta, l’omessa notifica del provvedimento di modifica della rendita dei terreni oggetto di imposta e l’assente o, comunque, errata motivazione posta a fondamento dello stesso, nella parte in cui aveva determinato il valore di tali terreni in Euro 450.875,40 rispetto ai Euro 187.000,00 indicati dalla contribuente per come riportati anche da apposita perizia giurata.

3. La CTR con la sentenza n. 2386/03/14 confermava la sentenza di primo grado e, per l’effetto, rigettava il ricorso proposto dalla A..

4. Nei confronti della suddetta pronuncia la contribuente propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

5. Il Comune di Molfetta non si è costituito.

6. In prossimità dell’udienza la contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per omessa o, comunque, apparente motivazione, essendosi la CTR limitata, a fronte delle numerose censure proposte, a riportare le rispettive tesi difensive delle parti e, infine, a ritenere legittima l’applicazione da parte dell’ente territoriale delle sanzioni indicate nell’avviso di liquidazione in quanto conseguenti all’insufficiente versamento ICI.

2. Con il secondo motivo la A. censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la sentenza della CTR per violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 e, in particolare, per avere omesso qualsiasi motivazione sul perchè abbia ritenuto che nel caso di specie si fosse in presenza di una omessa dichiarazione con conseguente applicazione del termine quinquennale per l’emissione del relativo avviso di liquidazione prevista in tali ipotesi.

3. Con il terzo morivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, non avendo il Comune provveduto alla notifica dell’atto di modifica delle rendite catastali, precludendo in tal modo la sua eventuale impugnazione.

4. Con il quarto motivo la ricorrente ritiene la sentenza emessa dalla CTR affetta dal vizio di omessa pronuncia in ordine alla eventuale ritenuta non congruenza dei criteri di valutazione del terreno oggetto di controversia offerti e contenuti nella perizia giurata depositata.

5. Il primo motivo di ricorso è fondato.

Il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e espressamente sancito dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, (in materia di processo civile ordinario) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, omologo art. 36, comma 2, n. 4, (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione. L’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è principio affermato da questa Corte sin dalla sentenza delle Sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui si è precisato che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti” (ex plurimis e da ultimo, Cass. n. 13977 del 2019).

Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico e quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alle prime, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo, logico e consequenziale, a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi.

5.1 Deve, quindi, ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui “ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando essa, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture” (Cass. n. 13977 del 2019).

Va, altresì, ricordato che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U, n. 8053 del 2014).

6. La motivazione della sentenza impugnata rientra in quelle affette da gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti giurisprudenziali concretizzando un chiaro esempio di motivazione apparente e, quindi, ponendosi sicuramente al di sotto del minimo costituzionale.

6.1. La CTR, infatti, dopo aver riportato le divere tesi difensive prospettate dalle parti, senza indicare le ragioni che hanno portato a ritenere l’una o l’altra meritevole di accoglimento e conseguentemente a confutare le contrapposte ragioni, si è limitata a confermare la sentenza di primo grado.

7. In conclusione, deve essere accolto il primo motivo e dichiarati assorbiti gli altri con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale di Bari per il riesame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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