Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3393 del 22/02/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3393 Anno 2016
Presidente: MATERA LINA
Relatore: PICARONI ELISA

SENTENZA

sul ricorso 14483-2011 proposto da:
EDILTECNICA SERVICE SRL IN LIQUIDAZIONE 06701000017,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO
FONTANE 15, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO
STERPI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LUCA GHEDINA;
– ricorrente contro

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SIMARMIX
domiciliato

SRL
in

IN

LIQUIDAZIONE,

elettivamente

ROMA, VIA G. AVEZZANA 51, presso lo

studio dell’avvocato LEOPOLDO APERIO BELLA, che lo

Data pubblicazione: 22/02/2016

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ENRICO
MAGGIORA, MARCO NOVARA;
– controricorrente-

avverso la sentenza n. 273/2011 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 23/02/2011;

udienza del 12/01/2016 dal Consigliere Dott. ELISA
PICARONI;
udito l’Avvocato MAGGIORA Enrico, difensore della
resistente che ha chiesto di riportarsi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUISA DE RENZIS che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Ritenuto in fatto
1. – à impugnata la sentenza della Corte d’appello di Torino, depositata il 23 febbraio 2011 e notificata il 5 aprile
2011, che ha riformato la sentenza del Tribunale di Torino,

Ediltecnica Service s.r.1., sia l’appello incidentale proposto
da Simarmix s.r.l. in liquidazione.
1.1. – Il Tribunale aveva revocato il decreto ingiuntivo
emesso a favore di Simarmix e ridotto l’importo alla stessa
dovuto da Ediltecnica a titolo di corrispettivo della cessione
di azienda, con detrazione dei costi necessari per rimediare
alle difformità dei macchinari aziendali e dei prodotti ceduti, come accertati a mezzo CTU, e ciò sul presupposto che le
rilevate difformità non fossero riconducibili nell’ambito della disciplina dei vizi e difetti della cosa venduta e
dell’aliud pro allo.
2. – La sentenza di primo grado, impugnata da entrambe le
parti, era parzialmente riformata.
2.1. – Per quanto ancora di rilievo in questa sede, la
Corte d’appello escludeva la dedotta nullità del contratto per
violazione di norme imperative, richiamando il principio giurisprudenziale secondo cui la nullità non sussiste quando
l’ordinamento appresta rimedi diversi, esterni al contratto,
per garantire l’osservanza di norme imperative, ed evidenziava

accogliendo parzialmente sia l’appello principale, proposto da

che nel caso di specie tutte le difformità potevano essere emendate, come rilevato dal CTU.
Era infondata anche la domanda di risoluzione del contratto di cessione d’azienda, proposta da Ediltecnica sul presup-

vendita di allud pro alio,

ovvero per i vizi o l’assenza di

qualità dei beni venduti. La Corte territoriale osservava in
proposito che nel contratto Ediltecnica aveva espressamente
accettato i beni aziendali nello stato di fatto, di consistenza e di manutenzione in cui si trovavano, e non aveva mosso
contestazioni neppure quattro mesi dopo la consegna
dell’azienda e l’immissione nel possesso, là dove le difformità denunciate ed accertate – riguardanti la conformazione esteriore dei macchinari ovvero la dotazione di requisiti esterni – erano di immediata rilevabilità. La società cessionaria era pertanto decaduta dalla garanzia per vizi, mentre non
era configurabile l’aliud pro alio.
2.2. – In accoglimento parziale del gravame incidentale,
la Corte d’appello rideterminava l’importo dovuto da Ediltecnica, con la detrazione soltanto di euro 7.084,50, pari al valore dei prodotti venduti dopo la chiusura dell’inventario e
prima della cessione.
3. – Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso Ediltecnica Service srl in liquidazione, sulla base di cinque motivi.

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posto del grave inadempimento di Simarmix, o in subordine, per

Resiste con controricorso Simarmix srl in liquidazione,
che ha depositato memoria in prossimità del’udienza.
Considerato in diritto
1. – Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di

del potere rappresentativo in capo al liquidatore della Ediltecnica s.r.1., che la controricorrente ha proposto con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di rappresentanza processuale, la persona fisica che riveste la qualità di organo della persona giuridica non ha l’onere di dimostrare tale veste, spettando invece alla parte che ne contesta
la sussistenza l’onere di formulare tempestiva eccezione e
fornire la relativa prova negativa

(ex paurimis,

Cass., sez.

2^. sentenza n. 22783 del 2006; Cass., sez. 1^, sentenza n.
23033 del 2011).
1.1. – Il ricorso è infondato.
1.2. – Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa
applicazione degli artt. 1418 e 1419 cod. civ., 6 del d.lgs.
n. 626 del 1994, 2 del d.P.R. n. 246 del 1993.
1.2.1. – La ricorrente ripropone l’eccezione di nullità
del contratto per violazione del divieto di vendita di macchine, attrezzature di lavoro e impianti non rispondenti alla
normativa vigente in materia di sicurezza sul lavoro, sancito
dall’art. 6 del d.lgs. n. 626 del 1994, nonché del divieto di

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inammissibilità del ricorso per mancanza di giustificazione

immissione sul mercato di prodotti non conformi, sancito
dall’art. 2 del d.P.R. n. 246 del 1993. La circostanza, accertata dal CTU e non contestata, dell’avvenuta cessione da parte
di Simarmix di macchinari e prodotti in violazione della nor-

dalla Corte d’appello, che aveva escluso la nullità del contratto, riconoscendo che la mancata osservanza delle norme in
materia di sicurezza sul lavoro e antinfortunistiche, «pur costituendo fonte di responsabilità per i soggetti destinatari
dell’obbligo di loro osservanza, non integrano tuttavia norme
inderogabili concernenti la validità del contratto (operando,
infatti, anziché su tale piano, su quello diverso delle regole
di condotta) e per le quali la legge assicura l’effettività
della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi».
L’affermazione era erronea.
La ricorrente richiama la sentenza n. 26724 del 1997 delle
Sezioni Unite di questa Corte, della quale la Corte d’appello
aveva recepito correttamente soltanto la distinzione tra norme
di comportamento dei contraenti e norme di validità del contratto, per poi sussumere erroneamente nella prima categoria
le norme che espressamente vietavano la vendita e l’immissione
sul mercato di macchinari, impianti e prodotti non rispondenti
ai requisiti di sicurezza.
1.2.2. – Aggiunge la ricorrente che, trattandosi di nullità che colpiva parte del contratto, la Corte d’appello avrebbe

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mativa vigente all’epoca della cessione, era stata considerata

dovuto valutare, ai sensi dell’art.

1419 cod. civ.,

l’effettiva volontà dei contraenti di concludere il contratto
anche in assenza dei macchinari, impianti e prodotti che non
potevano essere oggetto di cessione, in base alla richiamata

1.3. – La doglianza è infondata.
1.3.1. – La nullità del contratto di cessione di azienda,
per asserita non conformità di alcuni macchinari e prodotti a
norme imperative, è stata esclusa dalla Corte d’appello sul
rilievo centrale ed assorbente che fosse possibile
l’adeguamento dei beni aziendali indicati, secondo quanto accertato dal CTU nel primo grado di giudizio.
Si afferma nella sentenza impugnata che «tutte le difformità accertate ben possono essere adeguate, così come parimenti accertato dal CTU e non contestato dall’appellante, unicamente confutante l’entità dei costi necessari ad un tale adeguamento».
La valutazione così espressa dalla Corte d’appello, pure
se in riferimento a diverso percorso argomentativo, coglie il
proprium del rapporto tra nullità contrattuali e la particolare fattispecie rappresentata dal contratto di cessione di azienda, che ha ad oggetto non una pluralità distinta di beni,
ma un complesso unitario, finalizzato all’attività d’impresa
(da ultimo, ai fini dell’usucapione dell’azienda, Cass., Sez.
U, sentenza n. 5087 del 2014). L’invalidità del contratto di

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normativa di carattere imperativo.

cessione di azienda non può essere la conseguenza automatica
della non conformità a norme imperative di uno o più beni aziendali, dovendo risultare compromessa l’idoneità dell’intero
complesso unitario allo scopo d’impresa, cioè alla ragione per

zienda.
Nella specie, tale compromissione era smentita dalle risultanze della CTU, dalla quale era emersa l’emendabilità delle riscontrate difformità, come evidenziato dalla Corte
d’appello. A tale rilievo si può aggiungere che il costo stimato dal CTU per l’adeguamento delle accertate difformità per un totale di meno di 100 mila – era significativamente inferiore al valore complessivo del compendio aziendale, che le
parti avevano stimato nel contratto di cessione in oltre 750
mila euro.
1.3.2. – L’accertata possibilità di adeguamento dei beni
che, al momento della cessione dell’azienda, non rispondevano
ai requisiti prescritti dalle norme in materia di sicurezza
sul lavoro e antinfortunistiche è stata valorizzata dalla Corte d’appello nella prospettiva della insussistenza della nullità, richiamando il principio giurisprudenziale secondo cui,
ove non altrimenti stabilito dalla legge, «unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la
violazione di norme, anch’esse imperative, riguardanti il com-

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cui le parti avevano stipulato il contratto di cessione di a-

portamento dei contraenti, che può essere fonte di responsabilità, ma non determina la caducazione del contratto» (Cass.,
Sez. U, sentenza n. 26724 del 2007).
La ricorrente contesta la pertinenza del richiamato prin-

ché, come già detto, quando oggetto del contratto è la cessione di un’azienda, la nullità del contratto è predicabile se
colpisce runiversitas rerum,

rimanendo altrimenti esclusa.

Nella medesima prospettiva, non sussiste a fortiori

la de-

nunciata violazione dell’art. 1419 cod. civ., che peraltro introduce una questione nuova, non esaminata dalla Corte
d’appello e di cui non è censurato l’omesso esame.
2. – Con il secondo motivo è dedotta violazione dell’art.
112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria in riferimento al danno extracontrattuale.
Assume la ricorrente che se la pronuncia sulla domanda di
risarcimento del danno contrattuale poteva ritenersi assorbita, nel senso del rigetto, nella esclusione dell’inadempimento
di Simarmix, non altrettanto poteva dirsi per la richiesta di
risarcimento del danno extracontrattuale, tanto più che la
Corte d’appello aveva riconosciuto che la violazione delle
norme in materia antinfortunistica, da ritenersi norme di comportamento, costituiva fonte di responsabilità per i soggetti
destinatari dell’obbligo di osservanza.
2.1. – La doglianza è infondata.

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cipio al caso in esame, ma la questione non è dirimente poi-

Il presupposto del risarcimento del danno, sia contrattuale sia aquiliano, era costituito dall’inadempimento contrattuale della società cedente sicché, una volta escluso dalla Corte d’appello tale presupposto, veniva meno l’obbligo di pro-

che è rimasta interamente assorbita.
3. – Con il terzo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., nonché vizio di motivazione, per contestare l’interpretazione della clausola n. 3
del contratto di cessione di azienda e della obbligazione ivi
espressamente assunta da Simarmix, il cui inadempimento era
stato fatto valere da Ediltecnica in via principale.
Nella indicata clausola si leggeva che «Ediltecnica dichiara di aver esaminato tutti i beni, gli impianti e le attrezzature ricomprese nell’azienda e di accettarli nello stato
di fatto, di consistenza e di manutenzione in cui si trovano e
Simarmix garantisce, alla data odierna, la loro funzionalità e
la piena efficienza e la regolarità degli stessi ai fini delle
leggi di sicurezza».
A fronte del chiaro tenore della clausola, la Corte
d’appello aveva escluso la gravità dell’inadempimento di Simarmix senza neppure indicare le regole di ermeneutica in concreto applicate per superare il dato testuale, e comunque non
coincidente con quanto in proposito ritenuto dal giudice di

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nunciare esplicitamente il rigetto della domanda risarcitoria,

primo grado, che aveva al contrario affermato l’operatività
della garanzia prestata da Simarmix.
3.1. – La ricorrente denuncia inoltre vizio di motivazione
sull’accoglimento del primo motivo dell’appello incidentale

finito per escludere tout court l’inadempimento della predetta
società, pur avendo argomentato soltanto in ordine
all’esclusione della gravità dell’inadempimento.
3.2. – La doglianza è infondata.
3.2.1. – La ricorrente fa leva sulla dizione letterale
della clausola, prospettando una dicotomia tra la dichiarazione di accettazione del compendio aziendale nello stato di fatto in cui si trovavano i beni aziendali al momento della cessione, e la regolarità degli stessi beni, che costituiva oggetto della garanzia presta dalla società cedente, ma
l’interpretazione del contratto – che indubbiamente deve partire dal dato testuale – non può mai prescindere dalla valutazione delle circostanze concrete, giacché il significato delle
dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, il quale non può arrestarsi
alla ricognizione del tenore letterale delle parole, ma deve
estendersi alla considerazione di tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche
quando le espressioni appaiano di per sé chiare e non bisognose di approfondimenti interpretativi, dal momento che

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proposto da Simarmix, con il quale la Corte d’appello aveva

un’espressione prima facie

chiara può non apparire più tale,

se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo
delle parti

(ex plurimis,

Cass., sez. 3^, sentenza n. 12120

te d’appello ha quindi correttamente escluso che la garanzia
prestata dalla società cedente potesse sollevare la società
cessionaria dall’onere della verifica delle condizioni effettive dei beni aziendali, ai fini della utile contestazione di
eventuali vizi e difformità, ed ha inoltre evidenziato che
nella clausola contrattuale, l’espressa accettazione dei beni
da parte della società cessionaria era preceduta dalla precisazione che gli stessi erano stati esaminati. Ancora, la Corte
territoriale ha sottolineato che nessuna contestazione era
stata sollevata nei mesi successivi alla immissione della cessionaria nel possesso dell’azienda, neppure
nell’interlocuzione avvenuta dopo circa quattro mesi (lettera
29 luglio 2005 dell’amministratore di Ediltecnica), nella quale la società cessionaria aveva fatto riferimento al pagamento
del saldo prezzo, confermando che «il valore stabilito per avviamento, attrezzature, marchi e rimanenze di magazzino è stato da noi accettato anche in funzione del tipo di pagamento».
2.3.2. – Quanto all’immediata riconoscibilità delle difformità, che la Corte d’appello ha affermato sulla base di
precisi riferimenti alla CTU, è questione non ulteriormente

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del 2005; Cass., sez. 1^, sentenza n. 15150 del 2003). La Cor-

sindacabile in quanto costituisce un accertamento di fatto,
che non può essere ripetuto in questa sede, tanto più che la
CTU non è riportata nel ricorso e quindi non può costituire
oggetto di esame da parte di questa Corte..

la esclusione dell’inadempimento contrattuale tout

court.

La

Corte d’appello ha argomentato esaustivamente in ordine sia
alla inoperatività della garanzia prestata dalla cedente, sia
all’avvenuta decadenza della cessionaria dal termine previsto
dall’art. 1495 cod. civ., sia la configurabilità

dell’aliud

pro allo – quest’ultimo escluso dalla emendabilità delle accertate difformità dei beni -, con la conseguenza che non residuavano altri titoli sui quali potesse fondarsi la responsabilità per inadempimento contrattuale.
4. – Con il quarto motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1490 e 1497 cod. civ., nonché vizio di motivazione.
La ricorrente evidenzia che la Corte d’appello ha escluso
la configurabilità della vendita di a/lud pro allo senza indicare le ragioni in base alle quali l’azienda ceduta non potesse considerarsi inidonea all’uso cui era destinata, e senza
confutare gli elementi, di senso contrario, emersi
dall’istruttoria, vale a dire le gravissime irregolarità di
macchinari e impianti, anche penalmente sanzionate, che impo-

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2.3.3. – Non sussiste neppure il vizio di motivazione sul-

nevano costi di adeguamento superiori al prezzo della compravendita.
4.1. – La doglianza è infondata.
La Corte territoriale ha ritenuto, con argomentazione sin-

dell’allud pro alio,

evidenziando che i beni in contestazione

non potevano dirsi appartenenti ad un genere del tutto diverso
da quello considerato dai contraenti, né mancanti delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni
dell’acquirente ovvero inservibili all’uso cui erano destinati. L’affermazione è conforme ai principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità

(ex plurimis,

Cass.,

sez. 2^, sentenza n. 1092 del 2007), considerata l’accertata I
emendabilità delle difformità.
5. – Con il quinto motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1491 e 1495 cod. civ., nonché vizio di
motivazione sulla riconoscibilità dei vizi e sull’affidamento
della società acquirente.
La ricorrente assume la carenza di motivazione sulla esclusione della garanzia per i vizi, che la Corte d’appello
aveva affermato in base alla circostanza, peraltro erronea,
della conoscenza o comunque conoscibilità degli stessi, e della mancata denuncia nei termini di legge.
L’affermazione era smentita nei fatti, essendo state necessarie tre perizie da parte di ditte specializzate e una CTU

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tetica ma esaustiva, la non configurabilità nella specie

per accertare le irregolarità di macchinari e prodotti, ed inoltre la garanzia prestata da Simarmix sulla regolarità dei
beni aveva ragionevolmente indotto Ediltecnica a soprassedere
ad un più approfondito esame dei beni

nell’esame del terzo motivo di ricorso, al quale si può rinviare aggiungendo che i riferimenti agli accertamenti tecnici
non sono apprezzabili in questa sede.
6. – La novità delle questioni trattate in riferimento alla nullità del contratto di cessione di azienda giustifica la
compensazione integrale delle spese del giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese
del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 gennaio

5.1. – La doglianza è infondata per le ragioni già esposte

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