Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3392 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 12/02/2020), n.3392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12573/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

BOFFETTI IMPIANTI SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco

d’Ayala Valva e dall’avv. Pietro Biancato, con domicilio eletto

presso lo studio dell’avv. Francesco d’Ayala Valva, in Roma, viale

Parioli, n. 43.

– controricorrente, ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, sezione n. 5, n. 29/05/2011, pronunciata il 22/02/2011,

depositata il 30/03/2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 dicembre 2019

dal Consigliere Dott. Guida Riccardo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. De Matteis Stanislao che ha depositato requisitoria

scritta in forma di memoria, senza rilievi delle parti costituite, e

ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e per il

rigetto del ricorso incidentale;

udito l’avv. Barbara Tidore per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro Boffetti Impianti Srl, che resiste con controricorso, nel quale articola ricorso incidentale condizionato, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, menzionata in epigrafe, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione degli avvisi di accertamento che recuperavano a tassazione IRPEF, per i periodi d’imposta 2001, 2002, 2003, ritenute non operate e non versate per redditi di lavoro dipendente, sulla scorta di un verbale di costatazione della Guardia di Finanza, la quale, durante una verifica, aveva accertato la presenza di lavoratori irregolari, retribuiti con compensi “fuori-busta”, o totalmente “in nero” – è stata confermata la sentenza di primo grado, favorevole alla società.

2. La Commissione regionale ha affermato che nel PVC, costituente parte integrante degli atti impositivi, non risultavano elementi sufficienti a suffragare la pretesa erariale, anche a causa della mancanza di controlli approfonditi nei confronti delle società (Simtel Srl e Sogeni Italia Srl) che, nel tempo, avevano avuto rapporti con Boffetti Impianti Srl, e di controlli bancari a carico dei presunti evasori, quali elementi che, a giudizio della CTR, avrebbero potuto rafforzare l’impianto dell’attività accertatrice.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

a. Preliminarmente, occorre esaminare le diverse censure d’inammissibilità (e infondatezza) articolate nel controricorso della contribuente: (a) mancanza, nel ricorso per cassazione, dei requisiti essenziali dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 2, 3, 4; (b) omessa impugnazione, da parte dell’Agenzia, dell’autonoma ratio decidendi della sentenza d’appello concernente il contenuto dell’atto impositivo e del verbale di constatazione ad esso allegato; (c) inammissibilità dell’unico motivo di ricorso per cassazione perchè, con esso, si deducono errori di fatto di tipo revocatorio; (d) inammissibilità della medesima censura perchè priva dell’indicazione del fatto, decisivo e controverso, in relazione al quale la sentenza sarebbe viziata sul piano argomentativo; (e) difetto di autosufficienza del motivo di ricorso; (f) omessa indicazione e deposito, come allegati al ricorso, degli atti sui quali esso si fonda; (g) omessa considerazione del contenuto della motivazione in fatto della sentenza d’appello; (h) inammissibilità della medesima censura che si sostanzia nella mera richiesta, alla Corte di legittimità, di riesaminare la quaestio facti decisa nei gradi merito.

Sono infondate le censure: sub a) in quanto, come si evince dal testo del ricorso per cassazione, esso soddisfa i requisiti contenutistici indicati dall’art. 366 c.p.c.; sub b) in quanto quella dedotta dalla contribuente non costituisce autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata; sub c), d), e), g), h) in quanto, diversamente da ciò che afferma la contribuente, la censura rivolta dall’Agenzia alla sentenza impugnata si confronta con il ragionamento su cui poggia la decisione, soddisfa il requisito dell’autosufficienza, attiene allo sviluppo argomentativo della pronuncia, non evoca un errore di fatto revocatorio, non si limita a proporre una ricostruzione, in fatto, alternativa a quella prescelta dal giudice d’appello, ma si appunta, specificamente, contro lo sviluppo motivazione della sentenza (vedi infra); sub f) essendo, al riguardo, sufficiente ribadire il fondamentale insegnamento delle sezioni unite, secondo cui: “In tema di giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi.” (Cass. sez. un. 3/11/2011, n. 22726).

1. Con l’unico motivo del ricorso principale (1) Omessa ed erronea motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non essersi soffermata sui molteplici e significativi elementi oggettivi su cui poggiava la pretesa tributaria, ossia che: (a) dal PVC emergeva con chiarezza che l’unica attività materiale svolta dalle società (Simtel Srl e Sogeni Srl) che, secondo la prospettazione difensiva di Boffetti Impianti SrI, le fornivano in subappalto il personale lavorante, erano le movimentazioni bancarie compiute da tre soggetti ( I.D., S.F. e S.S.); (b) come accertato tramite le indagini bancarie, la documentazione e le dichiarazioni raccolte durante la verifica fiscale, i conti correnti sarebbero stati utilizzati per cambiare il denaro tracciato (bonifici e assegni), proveniente da Boffetti Impianti Srl, in contanti, per provvedere al pagamento del personale della società sottoposta a verifica; (c) in sostanza, Simtel Srl e Sogeni Srl erano soltanto squadre di operai gestite da S.F., su indicazione di B.E., contabile della società verificata, al fine di scaricare, in contabilità, mediante fatturazione intestata a due soggetti giuridici di fatto inesistenti, il costo della manovalanza “in nero”, nonchè l’IVA a credito generata dalle medesime fatture, intestate a Simtel Srl e Sogeni Srl, ma predisposte e redatte da B.; (d) diversamente da quanto ritenuto dalla CTR, la Guardia di Finanza aveva acquisito tutta la documentazione contabile delle tre società, l’aveva messa a confronto, rilevando che i lavoratori erano transitati, periodicamente, dal libro matricola di Boffetti Srl a quelli di Simtel Srl e Sogeni Srl, il che dimostrava l’impiego, da parte di Boffetti Srl, di manodopera irregolare, nelle annualità 2000-2004, e la percezione, da parte della manovalanza, di compensi “in nero”, e da parte degli impiegati regolari, di compensi “fuori-busta”.

1.1. Il motivo è fondato.

La sentenza della CTR è stata pubblicata il 30/03/2011, sicchè trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nella formulazione anteriore alla novella introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b) (convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11/09/2012) – secondo cui il vizio di motivazione consiste nella “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

Questa Corte, anche di recente (Cass. 3/10/2018, n. 24035), ha chiarito che: “il “fatto” ivi considerato è un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (Cass. n. 21152/2014). Il fatto in questione deve essere decisivo: per potersi configurare il vizio è necessario che la sua assenza avrebbe condotto a diversa decisione con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, in un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data (Cass. n. 28634/2013; Cass. n. 25608/2013; Cass. n. 24092/2013; Cass. n. 18368/2013; Cass. n. 3668/2013; Cass. n. 14973/2006).

Nella fattispecie concreta, l’Agenzia ha assolto all’onere di indicare, in modo puntuale ed esauriente, le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente apprezzate, ad una diversa decisione, sì da porre questa Corte nella condizione di controllare la decisività dei punti controversi.

In particolare, si tratta delle circostanze di fatto sopra riportate – punti (a), (b), (c), (d) – idonee a corroborare la tesi erariale, secondo cui la contribuente aveva omesso di operare le ritenute e i conseguenti versamenti IRPEF, sulle retribuzioni corrisposte a lavoratori “in nero” e sui compensi corrisposti “fuori-busta” ai lavoratori regolari.

La sentenza impugnata trascura affatto ciascuno di questi elementi oggettivi e perviene ad una soluzione della controversia, in senso sfavorevole all’Amministrazione finanziaria, lungo un percorso argomentativo frammentario e parziale, limitandosi a sollevare perplessità sul contenuto del PVC e a esprimere il dubbio che, forse, la verifica fiscale avrebbe dovuto essere compiuta in modo più approfondito, estendendo le indagini a Simtel Srl e a Sogeni Italia Srl.

Anche sotto questo aspetto, però, la decisione appare insufficiente, sul piano motivazionale, perchè omette di considerare che la Guardia di Finanza (come dedotto dall’Agenzia e come sopra ricordato) aveva acquisito tutta la documentazione contabile delle tre società, l’aveva messa a confronto, rilevando che i lavoratori erano transitati, periodicamente, dal libro matricola di Boffetti Sri a quelli di Simtel Srl e Sogeni Srl, dal che gli accertatori avevano evinto l’impiego, da parte di Boffetti Srl, di manodopera irregolare, nelle annualità in esame.

2. I tre motivi del ricorso incidentale condizionato della controricorrente (1. Violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e L. n. 212 del 2000, art. 7, – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. 2. Insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso qual è l’esistenza negli allegati (…) al processo verbale di constatazione (…) mai in alcun modo partecipati alla contribuente società, di elementi essenziali ai fini della motivazione degli atti impositivi, cui doveva conseguire, di necessità, la loro allegazione al processo verbale notificato o a ciascuno degli atti impositivi separatamente notificati, ovvero, almeno, la riproduzione negli atti impositivi del contenuto essenziale di detti essenziali allegati al processo verbale di constatazione – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. 3. Violazione o falsa applicazione della disciplina sostanziale e procedimentale – rispettivamente – dei presupposti, della quantificazione e delle modalità di accertamento di ritenute alla fonte IRPEF sul lavoro dipendente ed, in specie, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 13, 21, 23,40 e 42, e del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 1,6,10,11 e ss. e 49, anche in combinato disposto tra loro – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), sono inammissibili.

Non è contestato che, nel giudizio di secondo grado, la contribuente, vittoriosa dinanzi alla Commissione provinciale di Bergamo, non presentò controdeduzioni all’appello dell’ufficio (cfr. pag. 60 del controricorso), sicchè è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso incidentale condizionato che proponga questioni sulle quali il giudice d’appello non si è mai pronunciato e che neppure sono state ritenute assorbite, trattandosi di (ipotetiche) questioni estranee al thema decidendum del giudizio di secondo grado, perchè non prospettate dall’appellata nelle controdeduzioni.

3. In definitiva, accolto l’unico motivo del ricorso principale, inammissibile il ricorso incidentale condizionato, la sentenza è cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR della Lombardia, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza, limitatamente al ricorso principale, rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 12 febbraio 2020

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