Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33912 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 19/12/2019), n.33912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MAIORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6528-2013 proposto da:

PREMER SRL, in persona dell’Amministratore Unico, elettivamente

domiciliata in ROMA VIA ALESSANDRIA 208, presso lo studio

dell’avvocato CARDARELLI MASSIMILIANO, rappresentata e difesa

dall’avvocato DI MAJO GIORGIO, giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

PLURISERVIZI SRL, in persona del Presidente del C.d.A., elettivamente

domiciliata in ROMA VIA TUSCOLANA N. 16, presso lo atudio

dell’avvocato STUDIO LEGALE CARAVELLA rappresentata e difesa

dall’avvocato CENTORE PAOLO, giusta procura a margine;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI PASTORANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 209/2012 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 24/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/10/2019 dal Consigliere Dott. MARTORELLI RAFFAELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO che ha concluso per l’inammissibilità del primo

motivo, il rigetto del secondo, l’inammissibilità ed in subordine

il rigetto del quarto motivo, il rigetto del quinto e

l’inammissibilità del sesto e settimo motivo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso proposto alla CTP di Caserta, la srl Pre.Mer si opponeva all’avviso di accertamento del 21/12/2009 emesso dalla D.A.R.T.I. S.r.l., concessionaria per il Comune di Pastorano (CE), (società di poi conferita nella Publiservizi srl.) relativo all’omessa dichiarazione – a fini TARSU – di superficie utile ai fini della tassazione, segnatamente all’anno 2004, per un importo complessivo di Euro 20.727,00. L’adita Commissione con sentenza n. 291/8/11, in parziale accoglimento del ricorso, annullava l’accertamento e determinava le aree tassabili in mq. 1.588,60, con riduzione proporzionale di sanzioni ed interessi, e rigettava nel resto.

Con l’atto di appello, la ricorrente ribadiva di non essere soggetta a tassazione, in quanto impresa industriale operante nel campo dell’edilizia prefabbricata con obbligo di provvedere autonomamente allo smaltimento dei rifiuti prodotti nell’ambito del complesso industriale. La CTR rigettava l’appello. Secondo i giudici del gravame il DLgs n. 507 del 1993, art. 62, comma 2, nell’escludere dall’assoggettamento al tributo i locali e le aree che non potevano produrre rifiuti, per il particolare uso cui erano destinati, esigeva che fosse fornita prova, non solo della stabile destinazione dell’area ad un determinato uso, ma anche della circostanza che tale uso non comportasse produzione di rifiuti. La norma in esame, che non prevedeva una esenzione, ma solo la possibilità che, nel conteggiare le superfici dei locali e delle aree servite, non si tenesse conto di quella parte nella quale si producevano rifiuti speciali, si poneva come eccezione ad una regola e, quindi, come norma di stretta interpretazione, i cui presupposti di applicabilità dovevano essere provati da chi della norma intendesse avvalersi, perchè la produzione di rifiuti speciali costituiva il fatto costitutivo della pretesa di non pagare un tributo che, altrimenti, doveva essere pagato. Con riferimento ai rifiuti speciali tossici e nocivi, la loro produzione non era considerata causa di esclusione dall’imposta, in quanto il comma 3 dell’art. 62 poneva solo la regola di non conteggiare nella determinazione della superficie tassabile le aeree nelle quali, di noma, si producevano rifiuti di tal tipo. Precisava che, secondo la giurisprudenza, l’onere della prova circa l’esistenza e la delimitazione delle superfici per i quali il tributo non era dovuto, gravava su chi riteneva di aver diritto all’esenzione e che, nel caso di specie, la società aveva delineato (in particolare a mezzo della perizia giurata redatta dall’Ing. R. del 15.3.2010) la dimensione dell’area del sito della ricorrente destinataria dell’invocata esenzione, quantificando la stessa in 800 mq.

Avverso la su indicata sentenza la soc. PREMER srl. proponeva ricorso contro la Publiservizi s.r.l. ed il Comune di Pastorano eccependo:

1- nullità per contraddittorietà ed insufficienza valutazione;

2- violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2;

3- onere della prova circa la tassabilità di aree produttive di rifiuti speciali;

4- omesso esame della quantificazione dell’area di stoccaggio;

5- omessa pronuncia sulla mancata istituzione, attivazione e svolgimento del servizio di ritiro e smaltimento dei rifiuti speciali;

6- omessa pronuncia circa la sanzione per assenza di dichiarazione;

7- violazione della disposizione in materia di statuto dei diritti del contribuente ex lege n. 212/2000.

L’intimata Publiservizi s.r.l. si costituiva con controricorso. La Pre.Mer depositava memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente eccepiva, in via preliminare, la nullità del provvedimento impugnato, in quanto i primi Giudici avevano omesso di esaminare obbiettivamente le argomentazioni di diritto e di fatto loro prospettate ed erano pervenuti alla decisione con metodo sommario che non consentiva di comprendere se le stesse fossero state compiutamente esaminate. Il motivo è inammissibile. La formulazione dello stesso è generica e non consente di individuare nello specifico le censure mosse.

Con il secondo motivo, veniva eccepita, in relazione alla normativa la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2, in quanto la richiesta di esenzione della Pre.Mer srl non si basava sul fatto che le aree non fossero produttive di rifiuti, bensì sulla circostanza che i rifiuti prodotti su dette aree fossero rifiuti speciali (non assimilabili a quelli urbani), non tassabili ai sensi del comma 3 della norma citata.

Il motivo è infondato. Sul punto, con riferimento alla normativa di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2), si rileva che la motivazione della CTR fa chiaro riferimento all’applicazione del citato D.Lgs., art. 62, comma 3 non avendo tenuto conto nella determinazione della superficie tassabile di quella parte in cui venivano prodotti rifiuti speciali, tossici o nocivi (con ciò escludendo con chiarezza l’ipotesi del comma 2 che fa riferimento ad aree improduttive di rifiuti).

Con il terzo motivo, relativo all’onere della prova, la ricorrente, richiamando quanto disposto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, lett. E, e D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 7, comma 3, lett. c), affermava che per rifiuti speciali dovevano intendersi quei rifiuti generati nelle aree di produzione industriale quali l’officina e l’area di stoccaggio. Inoltre, la PRE.MER richiamava quanto indicato nella Circolare del Ministero delle Finanze n. 119/E del 1998, che definiva rifiuti speciali quelli prodotti nei locali adibiti a servizi, mensa ed uffici. Si riportava, altresì, alla perizia giurata che aveva comprovato che i rifiuti prodotti nell’officina, nell’area di stoccaggio erano rifiuti speciali. Faceva presente di aver allegato il contratto stipulato con ditta autorizzata al trasporto di tali rifiuti. Erroneamente si era ritenuto che solo su 800 mq. potesse trovare applicazione la citata esenzione, sottoponendo a tassazione le aree produttive di rifiuti speciali, quali servizi, mensa, uffici, officina ed area di stoccaggio. La sentenza impugnata era da ritenersi, quindi, contrastante con l’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Richiamava, infine, la decisione della CTP di Caserta n. 418/12/09, resa nel processo tra le medesime parti ed il medesimo tributo, relativamente all’annualità 2007.

Con il quarto motivo, censurava la sentenza nella parte in cui aveva ritenuto che solo su 800 mq. venissero prodotti rifiuti speciali. La superficie dell’area in esame era pari a mq. 48.400 e, nello specifico, mq. 800 erano adibiti ad area di stoccaggio; mq. 2250 erano adibiti ad area di produzione coperta e mq. 4750 ad area di produzione scoperta per un totale di mq. 7.800. Tale superficie risultava indissolubilmente legata all’attività produttiva, in quanto per la particolare destinazione delle superfici era inidonea a produrre rifiuti solidi urbani ma generava rifiuti industriali speciali (residui di calcestruzzo, polistirolo, ferro e legno, scorie originate dalla lavorazione industriale ivi esercitata), per cui non poteva essere soggetta a tassazione. Come statuito, nell’altro procedimento dalla CTP di Caserta (sent. 291/08/11), l’area di stoccaggio era da ritenersi del tutto equiparata ad area di produzione industriale produttiva anche di rifiuti speciali e di conseguenza intassabile. Richiamava la giurisprudenza secondo cui per l’esclusione dalla superficie tassabile a mente del citato D.Lgs. art. 62, comma 3, era richiesto che nelle aree indicate si formassero rifiuti speciali e che al loro smaltimento provvedesse il produttore a proprie spese.

Il terzo e quarto motivo, possono essere trattati congiuntamente. Il ricorrente evidenzia che non solo per gli 800 mq. individuati dalle sentenze di merito potesse trovare applicazione la citata esenzione, in quanto la stessa andava estesa ad altre aree produttive di rifiuti speciali (quali servizi, mensa, uffici, officina ed area di stoccaggio). Sul punto si rileva che la S.C. ha avuto modi di precisare che, “grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, commi 2 e 3, per alcune aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione (e cioè che le stesse siano inidonee alla produzione di rifiuti o che vi si formino rifiuti speciali al cui smaltimento provveda il produttore a proprie spese), atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale” (Cass. 1711 del 2017; Cass. SU 17703 del 2004; Cass. n. 13086 del 2006, Cass. n. 775 del 2011, Cass. n. 17622 del 2016). Nella medesima sentenza (Cass. n. 10634/2019) la S.C. ha anche precisato che non è sufficiente allegare a tal fine la peculiare destinazione funzionale dell’immobile, in quanto nella la fonte normativa primaria, fanno eccezione le sole “aree scoperte pertinenziali od accessorie di civili abitazioni”, salva la specifica dimostrazione di cui si è detto a riguardo dei “locali e delle aree” di diversa natura, ciò che suppone inevitabilmente un accertamento preventivo ed individualizzato” (Cass. n. 1711 del 2017; Cass. n. 17622 del 2016; Cass. n. 17623 del 2016).

Nè può soccorrere il giudicato esterno invocato dalla ricorrente per l’anno di imposta 2007, in quanto “La sentenza del giudice tributario che definitivamente accerti il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato periodo d’imposta fa stato, quanto ai tributi dello stesso tipo da questi dovuti per gli anni successivi, solo per gli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile rispetto alla disciplina della fattispecie esaminata, sicchè, laddove risolva una situazione fattuale riferita ad uno specifico periodo d’imposta, essa non può estendere i suoi effetti automaticamente ad un’altra annualità, ancorchè, siano coinvolti tratti storici comuni”. Cass. 1837/2014. Nel caso di specie non appare possibile ritenere l’estensione del giudicato come proposto dal ricorrente, in quanto gli elementi offerti non consentono di ritenere estensibile la decisione, peraltro riferita ad anno di imposta ampiamente successivo, ritenuta più favorevole al ricorrente. I motivi vanno respinti.

Con il quinto motivo, si eccepiva che la Pre.Mer srl. aveva assolto all’onere probatorio dimostrando che il Comune di Pastorano non aveva mai istituito, attivato e/o reso il servizio di raccolta di rifiuti speciali (in tal senso vi era una comunicazione dello stesso ente, in data 15.11.2006, che aveva ingiunto alla soc. ricorrente di non sversare i rifiuti speciali nei contenitori N. U.). Secondo la ricorrente il presupposto essenziale del tributo risiedeva nel fatto che il contribuente avesse la possibilità di utilizzare il servizio, con la conseguenza che il “cittadino residente” doveva “avere la possibilità” di utilizzare il servizio, cosa che nel caso in esame non era avvenuto.

Il dato fornito dalla contribuente circa la insussistenza del servizio di rimozione rifiuti non può desumersi da quanto ingiunto alla contribuente (che riguarderebbe i contenitori NU). In ogni caso si richiama la giurisprudenza (Cass. nn. 11451/2018 e 1963/18) secondo cui la tassa è dovuta indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio, purchè il servizio sia istituito e sussista la possibilità della utilizzazione, ma ciò non significa che, per ogni esercizio di imposizione annuale, la tassa è dovuta solo se il servizio sia stato esercitato dall’ente impositore in modo regolare, così da consentire al singolo utente di usufruirne pienamente. Il motivo va rigettato

Con il sesto motivo, si lamentava l’omessa pronuncia circa la sanzione di omessa dichiarazione in quanto tale dichiarazione non andava resa per le aree industriali che non concorrevano a determinare la base la base imponibile.

Con il settimo motivo, la ricorrente evidenziava che aveva formulato istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate di Caserta, per un parere sul tema delle superfici non tassabili. Il Comune di Pastorano, a cui era stata trasmessa l’istanza dall’Agenzia delle Entrate, nulla aveva risposto. Pertanto non avendo espresso alcun parere, nel termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 11, comma 1 il Comune implicitamente aveva concordato con l’interpretazione fornita dall’istante.

I motivi sono inammissibili per difetto di specificità: il sesto presenta una questione nuova (non si dice dove sia stata proposta). In ogni caso, il ricorrente assume che nel suo stabilimento esistevano solo aree in cui si producevano rifiuti speciali (circostanza questa che, nel caso in esame è risultata smentita) per cui, poi, ammette che effettivamente non risultava presentata alcune dichiarazione.

Il difetto di specificità riguarda anche il settimo motivo, in quanto non solo non viene riportata l’istanza di interpello, ma il resistente assume che la risposta è stata fornita e che è stata ritenuta inammissibile per errata identificazione dell’Ente impositore (nella specie la competenza era del Comune di Pastorano e non della D.R.E. Campania) e per carenza di efficacia alla produzione degli effetti di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 11.

Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese, come liquidato in dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1.400,00 oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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