Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33906 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 19/12/2019), n.33906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12891-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.V., elettivamente domiciliata in ROMA VIA COSTANTINO

CORVISIERI 22, presso lo studio dell’avvocato RECUPITO GIUSEPPE,

rappresentata e difesa dall’avvocato SCHETTINO ANNIBALE giusta

delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 90/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 28/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/10/2019 dal Consigliere Dott. VENEGONI ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RITA SANLORENZO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato NERI URBANI che ha chiesto

l’accoglimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate, ufficio di Avellino, notificava avviso di accertamento n. RE101T400831 alla ditta D.V., esercente attività di ristorazione in Atripalda, con cui, per l’anno 2005, rettificava il reddito di impresa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 comma 1, tenuto conto della quantità di merce acquistata dalla ditta e delle rimanenze.

La contribuente impugnava l’avviso davanti alla CTP di Avellino che, in accoglimento del ricorso, annullava l’atto, ritenendo l’accertamento in violazione della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 9, che preclude l’attività accertativa nei confronti dei contribuenti che risultano congrui con lo studio di settore.

L’ufficio impugnava la sentenza davanti alla CTR della Campania e la contribuente si costituiva e proponeva appello incidentale, lamentando, oltre alla compensazione delle spese, che la CTP avrebbe dovuto dichiarare infondato l’accertamento per mancanza di prova sufficiente.

Il giudice di secondo grado rigettava l’appello dell’ufficio ed accoglieva l’appello incidentale della contribuente.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre a questa Corte l’ufficio sulla base di un motivo.

La contribuente si costituisce con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’ufficio deduce insufficienza della motivazione, in ordine a fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5

La CTR ha rigettato l’appello senza prendere in alcuna considerazioni gli elementi posti dall’ufficio a base dell’accertamento, quali il fatto che la contribuente non aveva prodotto le ricevute di vendita indicanti i prezzi praticati dal locale, le percentuali di sfrido della carne e del pesce riportate nell’avviso di accertamento, l’eccesso di materia prima acquistata in relazione ai ricavi ed al prezzo medio praticato, e l’impossibilità di paragonare l’accertamento in questione con quello praticato in merito ad altro ristorante della contribuente, sito in diversa città (Serino), come invece la contribuente aveva messo in luce, a proprio vantaggio. La CTR ha invece preso in considerazione solo le argomentazioni della contribuente.

La contribuente in controricorso eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso perchè tardivo. Lo stesso infatti sarebbe stato notificato oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c., in quanto spedito oltre tale termine.

Nella specie, la sentenza impugnata è stata depositata il 28.3.2012; il termine per l’impugnazione è quello di un anno, oltre alla sospensione feriale, trattandosi di causa iscritta in primo grado anteriormente al luglio 2009. Lo stesso scadeva, quindi, il 13.5.2013. La contribuente lamenta che, sebbene il plico sia stato consegnato dal contribuente al servizio postale il 13.5.2013, lo stesso è stato spedito da quest’ultimo il 14.5.2013, e per questo ritiene che la notifica sia tardiva.

L’eccezione è infondata.

La data rilevante ai fini della valutazione sulla tempestività della notifica è, infatti, quella di consegna del plico alle poste (sez. V, n. 7351 del 2011), e questa data è il 13.5.2013 che appare in calce al ricorso (ed è confermata dallo stesso controricorrente, che non contesta che la consegna sia avvenuta il 13.5, ma prende a riferimento la data di spedizione da parte del servizio postale, il giorno successivo). Il fatto che il plico, consegnato dal ricorrente al servizio postale tempestivamente per la notifica, sia stato poi spedito da quest’ultimo il giorno successivo, è fatto non imputabile al ricorrente.

Nel merito, il ricorso è fondato.

Va, innanzi tutto, premesso che il motivo è stato dedotto, e va esaminato, alla luce della formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5) nella versione anteriore alla riforma del 2012, perchè la sentenza è del marzo 2012.

La motivazione nel merito, che poi si riduce a poche righe rispetto a tutto il testo della sentenza, afferma in sostanza, dapprima in maniera molto generica, che nell’accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, è l’ufficio che deve provare il maggior reddito sulla base di presunzioni gravi precise e concordanti, e che l’accertamento deve essere ancorato a dati certi. Fino a questo punto, quindi, si tratta di una motivazione pressochè di stile, che riporta solo un principio generale.

La motivazione prosegue affermando che “la parte fa rilevare che l’Ufficio ha errato nel determinare i ricavi”, e che il contribuente ha evidenziato che il reddito dichiarato era conforme allo studio di settore, e dà rilievo a questo aspetto.

In quest’ultimo elemento, innanzi tutto, la motivazione non è corretta, perchè la giurisprudenza afferma che l’accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, è possibile anche se il contribuente è in una situazione conforme allo studio di settore.

Si veda, tra le altre, sez. V, n. 6951 del 2017:

il metodo di accertamento contemplato dal D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, convertito con L. n. 427 del 1993, è soltanto uno degli strumenti utilizzabili dall’amministrazione finanziaria per accertare in via presuntiva, al cospetto di una contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile, il reddito reale del contribuente. Quest’accertamento, infatti, ben può essere condotto anche sulla base del riscontro nella specie operato in base agli elementi presuntivi indicati in narrativa- di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. Sicchè, anche a prescindere dagli studi di settore, è ben possibile all’amministrazione far leva su tali incongruenze a fini accertativi, essendo le stesse di per sè idonee ad evidenziare che le condizioni economiche della società presentano caratteristiche di stranezza, o comunque di singolarità, tali da renderle immediatamente percepibili come inattendibili secondo la comune esperienza (tra varie, Cass. 24 settembre 2014, n. 20060).

Ora, va anche detto che la stessa sentenza, sul contenuto della motivazione afferma che

la scelta tra le varie risultanze probatorie di quelle più idonee a sorreggere la motivazione involge un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a confutare tutte le allegazioni difensive (tra varie, Cass. 2 agosto 2016, n. 16056).

Accoglie, in sostanza, il principio secondo cui il giudice non è tenuto ad esaminare tutti gli elementi di prova dedotti, ma può scegliere l’argomento più idoneo che supera gli altri rappresentati dalle parti, come nel caso di specie sembra essere, dalla lettura della sentenza, la congruità con lo studio di settore.

In questo caso, però, l’argomento che appare prevalente nella sentenza del giudice di secondo grado è, come visto sopra, basato su presupposto errato o almeno non completamente analizzato; gli altri due (non aver tenuto conto degli sfridi e l’utilizzo di parametri diversi per altro ristorante) sono espressi in maniera non sufficiente.

Sugli sfridi, in realtà l’accertamento si basa anche sulle percentuali di sfrido che risultano nell’allegato all’avviso, per cui non è sufficiente affermare che l’ufficio “non ha tenuto conto degli sfridi”, perchè di questi l’ufficio ha tenuto conto, ma la CTR doveva precisare perchè il modo in cui ne ha tenuto conto non era rilevante per fondare l’accertamento.

Sull’utilizzo di parametri diversi nell’accertamento relativo ad altro ristorante, gestito sempre dalla contribuente, se tale argomento è stato, come è stato, proposto come motivo per indebolire l’accertamento di cui si discute in questa sede, la CTR doveva allora approfondire questo aspetto e specificare in cosa consisteva questa diversità e perchè l’addotto utilizzo di metodi diversi avrebbe indebolito il presente accertamento.

Va tenuto presente che, in merito al vizio di insufficiente motivazione, questa Corte ha avuto modo di affermare che

Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste qualora il giudice di merito non abbia tenuto conto alcuno delle inferenze logiche che possono essere desunte dagli elementi dimostrativi addotti in giudizio ed indicati nel ricorso con autosufficiente ricostruzione, e si sia limitato ad addurre l’insussistenza della prova, senza compiere una analitica considerazione delle risultanze processuali (Sez. IV, n. 2963 del 2018).

In altri termini, come affermato ancora da questa Corte (sez. V, n. 1236 del 2006)

il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è solo il contenuto statico della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio.

Ciò è quanto non è avvenuto nel caso di specie, dove la CTR si è limitata a concludere nel senso che alcuni elementi di possibile prova erano insussistenti, ma non ha specificato con esattezza perchè e in che termini.

E’ mancato, quindi, quello che viene definito il “contenuto dinamico” della motivazione (nello stesso senso anche Sez. VI-5, n. 15964 del 2016 e sez. V, n. 32980 del 2018).

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, con rinvio della causa alla CTR della Campania, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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