Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33902 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 19/12/2019), n.33902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12935/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

T.V., rappresentato e difeso dall’avv. Spartico Capocefalo,

elettivamente domiciliato in Roma alla via R. Venuti n. 20 presso

l’avv. Francesco Orsomarso;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 562/01/2012 della Commissione Tributaria

Regionale della Campania, emessa in data 12/11/2012, depositata il

10/12/2012 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10/10/2019 dal

Consigliere Giudicepietro Andreina;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Sanlorenzo Rita, che ha concluso chiedendo l’accoglimento

del ricorso;

udito l’Avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri per l’Agenzia delle

Entrate e l’avv. Franco Agostinelli per delega dell’avv. Capocefalo

Spartico, per il controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre con un unico motivo contro T.V. per la cassazione della sentenza n. 562/01/2012 della Commissione Tributaria Regionale della Campania (di seguito C.T.R.), emessa in data 12/11/2012, depositata il 10/12/2012 e non notificata, che ha accolto l’appello del contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento e della conseguente cartella di pagamento, con cui l’Ufficio aveva recuperato a tassazione, per l’anno 2005, costi per Euro 50.000,00, relativi a tre fatture emesse in favore del ricorrente dalla New Tech Service s.r.l., della quale T.V. era socio unico.

2. Con la sentenza impugnata, la C.T.R. ha ritenuto che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di primo grado, era evidente che le fatture contestate si riferissero alle prestazioni di servizi tecnici rese dalla New Tech Service s.r.l. in favore di T.V. per lavori di progettazione; che le fatture erano state registrate dalla società e computate nel reddito d’impresa; che il pagamento in contanti delle stesse non costituisse un elemento decisivo per far ritenere la fittizietà delle operazioni sottostanti.

3. A seguito del ricorso, il contribuente resiste con controricorso, contenete ricorso incidentale sulle spese.

4. Il ricorso è stato fissato alla pubblica udienza del 10/10/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con l’unico motivo, l’Agenzia, ricorrente principale, denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, del D.P.R. n. n. 633 del 1972, artt. 21 e 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Secondo la ricorrente, con l’avviso di accertamento l’Ufficio aveva contestato l’effettivo sostenimento del costo nell’anno 2005.

Sul punto il contribuente non aveva fornito alcuna prova in ordine all’avvenuto pagamento delle fatture, adducendo di averle pagate in contanti in più soluzioni.

Tale spiegazione, anche alla luce dei precedenti giurisprudenziali di legittimità in tema di pagamenti in contanti per importi elevati in contrasto con la normativa antiriciclaggio, doveva ritenersi non plausibile, in considerazione dell’entità del pagamento e del fatto che, generalmente, nell’esercizio di attività professionali, si prediligevano modalità di pagamento tracciabili.

1.2. Il motivo è fondato e va accolto.

1.3. In particolare, il contribuente afferma che il pagamento delle fatture è avvenuto in contanti e che tale forma di pagamento era possibile, poichè all’epoca non vi era l’obbligo della tracciabilità dei pagamenti al di sotto dei 12.500,00 Euro.

L’Agenzia delle Entrate, di contro, evidenzia che, a fronte dei rilievi dell’Ufficio, il contribuente non era stato in grado di fornire prova dei pagamenti.

Secondo la ricorrente, la mancata prova del pagamento è ancor più significativa, considerando che il pagamento in contanti è di per sè poco plausibile, attesa la normale prassi commerciale della tracciabilità dei pagamenti e l’entità consistente degli importi (sebbene suddivisi in nove tranches).

Inoltre, come rilevato dall’Ufficio, la prova del pagamento sarebbe stata tanto più necessaria, atteso che il contribuente risultava essere socio unico della società che aveva emesso le fatture in suo favore, gli importi riportati nelle fatture costituivano la gran parte dei costi dedotti dal contribuente e la quasi totalità dei ricavi dichiarati dalla società, la descrizione delle prestazioni contenuta nelle fatture (elaborazione dati e supporto alla progettazione OO.PP.) era oltremodo generica, in violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21.

Il giudice di appello ha ritenuto che tali elementi, unitamente considerati, non fossero idonei provare la fittizietà delle operazioni di cui alle fatture contestate, ma, in tal modo, non ha considerato la necessità che il contribuente, ai fini della deducibilità dei costi, ne dimostrasse l’effettiva sussistenza e la certezza, oltre all’inerenza.

La sentenza impugnata, quindi, va cassata, con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità; il ricorso incidentale resta assorbito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principiale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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