Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3390 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2010, (ud. 27/10/2009, dep. 12/02/2010), n.3390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in

persona del Direttore pro tempore rappresentati e difesi

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma,

Via dei Portoghesi, n. 12, sono domiciliati;

– ricorrenti –

contro

TUCCI S.R.L. UNIPERSONAL;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, Sezione distaccata di Pescara, n. 136/9/03, depositata

in data 9 dicembre 2003;

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienze del dal

consigliere Dott. Pietro Campanile;

Sentito l’Avv. Gen. Dello Stato, Paolo Gentili, il quale ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Federico Sorrentino, il quale ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

1.1 L’Ufficio IVA di Chieti emetteva avviso di rettifica nei confronti della Tucci S.r.l Unipersonal, con cui, veniva contestata per l’anno 1996 l’indebita detrazione di costi, sulla base della utilizzazione di fatture relative ad operazioni inesistenti.

1.2 La Commissione tributaria provinciale di Chieti, con decisione in data 11 giugno 2002, accoglieva il ricorso proposto dalla società, ritenendo che i rilievi non fossero sorretti da confortanti prove.

1.3 La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, con la decisione meglio indicata in epigrafe, pronunciando sull’appello proposto dall’Ufficio, in parziale riforma della decisione di primo grado, affermava la legittimità del recupero a tassazione dell’importo di L. 367.000 (per altro non contestato), rigettando, nel resto, l’impugnazione. Veniva, in particolare, affermato che l’avviso di rettifica, rinviando al contenuto del verbale della Guardia di Finanza, non poteva considerarsi valido, aggiungendosi che le dichiarazioni rese da terzi avevano una valenza indiziaria, a fronte della quale l’Ufficio non aveva fornito ulteriori elementi probatori al fine di dimostrare la fondatezza della pretesa.

1.4 Avverso tale decisione proponevano ricorso per cassazione il Ministero dell’Economìa e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico motivo. La parte intimata non svolgeva attività difensiva.

Diritto

2.1 – In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte del giudizio d’appello, instaurato nei confronti della sola Agenzia delle entrate, nella sua articolazione periferica, dopo la data del 1 gennaio 2001, con implicita estromissione dell’ufficio periferico del Ministero (Cass., Sez. Un., n. 3166 del 2006). Non si provvede in merito alle spese processuali, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

2.2. – Con unico e articolato motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 21, 51 e 54, nonchè degli artt. 2697 e 2727 c.c..

Viene richiamato, in primo luogo, l’orientamento secondo cui non produce invalidità la motivazione dell’avviso di rettifica effettuata mediante richiamo alle risultanze del verbale di constatazione.

Con la seconda doglianza si sostiene che la Commissione tributaria regionale avrebbe disatteso il principio, in materia di distribuzione dell’onere della prova, secondo cui, allorchè l’amministrazione finanziaria contesti l’indebita detrazione di fatture, perchè relative ad operazioni inesistenti, spetta al contribuente dimostrare la correttezza e la legittimità della detrazione stessa.

2.3 – La prima censura è fondata.

La Commissione tributaria regionale ha ritenuto insufficiente la motivazione dell’avviso di rettifica perchè motivato solo per relationem al processo verbale della Guardia di finanza.

Tale assunto contrasta con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui la motivazione degli atti di accertamento “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. n. 25146 del 2005; Cass. n. 10205 del 2003).

2.4 – Per quanto attiene al profilo inerente alla distribuzione dell’onere della prova, deve richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, la prova della legittimità e della correttezza delle detrazioni deve essere fornita dal contribuente mediante l’esibizione dei documenti contabili legittimanti (Cass. n. 1727/07). Ed infatti, se è vero che l’Amministrazione non può limitarsi ad una generale ed apodittica non accettazione della documentazione del contribuente, essendo suo onere quello di indicare specificamente gli elementi, anche indiziari, sui quali si fonda la contestazione, è altrettanto vero che resta onere del contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni (arg. da Cass. n. 21953/07).

Nel caso di specie, il riferimento, emergente dalla stessa sentenza impugnata, alle dichiarazioni rese da vari soggetti, con le specifiche indicazioni relative ai meccanismi effettivamente operati (pagamento della somma corrispondente alla sola IVA, costituiva un elemento di significativo rilievo per consentire all’ufficio di contestare la veridicità della documentazione.

3. Il ricorso, nei limiti sopra precisati, deve essere pertanto accolto; la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, che si atterrà nel decidere, ai principi di diritto sopra enunciati e provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero delle Finanze; accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 27 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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