Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 339 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 339 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CECCHERINI ALDO

SENTENZA

sul ricorso 13906-2008 proposto da:
MODICA RICCARDO (c.f. MDCRCR51H20C351J), in proprio
e nella qualità di procuratore generale di MODICA
LUCIANO e MODICA MARIA CONCETTA, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI 13,
presso l’avvocato STRANO LUIGI, che lo rappresenta
2013
1989

e

difende

unitamente

all’avvocato

CIMELLARO

ANTONINO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 09/01/2014

COMUNE DI SCORDIA (P.I. 00547690875), in persona
del Commissario Straordinario pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 90,
presso l’avvocato GIUSEPPE VACCARO, rappresentato e
difeso dall’avvocato CITTADINO SALVATORE, giusta

– controricorrente

avverso la sentenza n.

295/2007 della CORTE

D’APPELLO di CATANIA, depositata il 30/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 12/12/2013 dal Consigliere
Dott. ALDO CECCHERINI;
uditi, per il ricorrente, gli Avvocati STRANO L. e
CIMELLARO A. che si riportano;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

procura a margine del controricorso;

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l La controversia ha per oggetto il risarcimento dan-

ni cagionati dal Comune di Scordia, con l’occupazione
d’urgenza protratta oltre il termine legale, e la radicale

cardo, Luciano e Maria Concetta Modica, per la realizzazione di un piano di edilizia economica e popolare approvato il 21 aprile 1988. L’occupazione aveva avuto inizio
in data 28 luglio 1988, e dopo il decorso di cinque anni,
non essendo stato emesso il decreto di occupazione ed essendo stati eseguiti lavori di trasformazione del fondo,
con citazione 21 giugno 1994 i proprietari citarono il Comune di Scordia, chiedendone la condanna al risarcimento
dei danni. Il comune, costituitosi, eccepì l’intervenuta
proroga biennale dell’occupazione in forza della legge n.
158 del 22 maggio 1991, e nel corso del giudizio di primo
grado allegò la sopravvenuta tempestiva emissione del
provvedimento sindacale di espropriazione, emesso il 21
luglio 1995 n. 37.
2. La domanda fu accolta dal tribunale, con sentenza
11 ottobre 2001 n. 530. Il tribunale condannò il Comune di
Scordia al risarcimento del danno, e al pagamento
dell’indennità di occupazione.
3.

La sentenza è stata riformata dalla Corte

d’appello di Catania che, con sentenza 30 marzo 2007, ha
3

trasformazione di un fondo di proprietà dei signori Ric-

accertato la proroga biennale del termine di occupazione e
la tempestività dell’emissione del decreto di espropriazione, e ha respinto la domanda. La corte ha dichiarato
inoltre l’incompetenza del Tribunale di Caltagirone a decidere sull’indennità di occupazione.
Per la cassazione di questa sentenza, non notifi-

cata, ricorrono i signori Modica per quattro motivi.
Il Comune di Scordia resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo si censura l’affermazione della

Corte d’appello, che la proroga biennale delle occupazioni
d’urgenza in corso disposta con l’art. 22 della legge 20
maggio 1991, n. 158 fosse applicabile nella fattispecie,
sebbene alla data della sua entrata in vigore l’opera fosse stata interamente realizzata. Si formula il quesito se
la norma citata norma potesse operare ed avere effetto solo se i lavori per i quali l’espropriazione era stata avviata non fossero ancora terminati alla data della sua entrata in vigore.
4.1. La tesi giuridica sostenuta dai ricorrenti è in-

fondata. Secondo il costante insegnamento di questa corte,
l’illegittima occupazione appropriativa del fondo, con il
suo correlativo acquisto originario a favore dell’ente

4

Il c
dr. Al

rel. est.
eccherini

3.

pubblico per accessione invertita, non si realizza prima
della scadenza del periodo di occupazione legittima,
all’interno del quale è sempre possibile il rituale compimento della procedura ablatoria, con la tempestiva emissione del decreto espropriativo (Cass. 25 marzo 2003 n.

5250/2000); donde la conseguenza che l’avvenuta esecuzione
delle opere prima del termine dell’occupazione legittima è
inidonea a precludere l’emissione del decreto di espropriazione.
Non è in contrasto con questa giurisprudenza la sentenza richiamata dalla parte ricorrente (Cass. 4 settembre
2001 n. 11391), la quale afferma che il regime delle proroghe legislative automatiche dell’occupazione d’urgenza
trova la sua ragion d’essere “nella continuità del periodo
di occupazione” e nella legittimità dell’opera di trasformazione delle proprietà private all’interno di esso, come
si desume dalla chiara espressione normativa “per le occupazioni d’urgenza in corso alla data di entrata in vigore
della legge”, per cui ove tale continuità (id est: di occupazione legittima) sia venuta a cessare, verrebbero meno
i presupposti per applicare il regime agevolativo per gli
enti promotori delle opere pubbliche, poiché “con la scadenza” (ancora: dell’occupazione legittima), “la trasformazione eventualmente realizzata (senza che sia stato emesso decreto di esproprio) assume definitivamente il ca5

4358; cfr. in precedenza nn. 14367/99; 1537/2000;

rattere dell’illiceità”. Ai fini della proroga legale automatica, dunque, quello che conta, nel caso in cui il decreto di espropriazione non sia stato ancora emesso, è che
l’occupazione sia ancora in corso, e posto che tale presupposto ricorra, non rileva che l’opera sia stata già e-

nel caso dei piani di edilizia economica e popolare coincide con quello di occupazione) non sia ancora scaduto, e
sempre che il termine di validità del piano (che nel caso
dei p.e.e.p. è assai più lungo di quello dell’occupazione
legittima) non sia ancora spirato (la questione è oggi posta in termini diversi – che non gioverebbero peraltro alla parte ricorrente – dall’art. 4 della legge 1 agosto
2002, n. 166, per il che è sufficiente rimandare alla sentenza delle sezioni unite della corte, 8 febbraio 2006 n.
2630).
La precisazione che precede nasce solo dalla necessità
di adempiere il compito nomofilattico assegnato alla corte, dovendosi peraltro registrare che il motivo è inammissibile, perché interamente basato su una circostanza di
fatto – il completamento dell’opera pubblica prima
dell’entrata in vigore della legge – che non risulta dalla
sentenza impugnata, e che non può essere accertata in questa sede.
Nella memoria depositata per l’udienza, tuttavia, i
prima volta, e in contrasto

ricorrenti sostengono, pe
6

Il cons.
dr. Aldo

st
fini

seguita, se il termine per il compimento delle opere (che

con quanto affermano nello stesso ricorso, una circostanza
del tutto nuova: che, cioè, il termine di efficacia della
dichiarazione di pubblica utilità (peraltro verosimilmente
confuso con quello di occupazione legittima e di esecuzione dei lavori) sarebbe scaduto prima della proroga

perché prospettata per la prima volta nel giudizio di cassazione, ma, al di là di ciò, infondata: i piani di edilizia economica e popolare hanno valore di piani particolareggiati, e ad essi la legge conferisce un termine di validità che inizialmente era di dieci anni (art. 38 1. 22
ottobre 1971 n. 865), termine poi portato a quindici anni
(articolo unico l. 27 giugno 1974 n. 247) e infine a diciotto (art. 51 l. 5 agosto 1978 n. 457). Nel caso in esame il piano era stato approvato il 21 aprile 1988, e sarebbe venuto a scadenza soltanto il 21 aprile 2006.
5.

Con il secondo motivo si censura la violazione

dell’art. 23 del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, per avere la
corte territoriale ritenuto efficace il decreto di espropriazione del Comune di Scordia dalla data della sua emissione, invece che da quella della notificazione.
5.1. Il motivo è infondato. Premesso che il t.u. per

le espropriazioni in forza di dichiarazione di pubblica
utilità anteriori alla legge è inapplicabile ai giudizi in
corso (cfr. Cass. 8 maggio 2008 n. 11840), deve trovare
qui applicazione il principio che lo svolgimento dell’e7

dell’occupazione. Si tratta di una tesi inammissibile,

spropriazione nei confronti del proprietario catastale e
la mancata notifica del decreto di esproprio al proprietario effettivo comportano soltanto che quest’ultimo non sia
soggetto al termine di decadenza per l’opposizione alla
stima (impedendone il decorso), ma non costituiscono, in

che legittimi il proprietario stesso ad invocare l’illiceità dell’occupazione del fondo al fine di ottenere il
risarcimento del danno corrispondente al valore del bene:
infatti l’effetto traslativo della proprietà alla mano
pubblica si verifica alla data della pronuncia del decreto
anzidetto (nei confronti del proprietario catastale) e indipendentemente dalla successiva notificazione del provvedimento, la quale, rispetto al decreto medesimo, avente
natura di atto non recettizio, non è né elemento integrativo, né requisito di validità, né condizione di efficacia
(Cass. 15 novembre 2004 n. 21622).
6. Con il terzo motivo si muove una censura al criterio di valutazione del danno risarcibile, che deve essere
commisurato al valore venale dell’immobile.
6.1.

Il motivo è inammissibile, non avendo alcuna ri-

spondenza con la sentenza impugnata.
7. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 19 della legge
865/1971 e dell’art. 54 d.P.R. n. 327/2001. Con il quesito
di diritto si chiede se la corte d’appello, accogliendo il
Ilcons 1. est.
8
dr. Aldo
cherini

particolare, motivo di carenza del potere espropriativo

gravame

dell’ente

espropriante

e

dichiarando

che

4

l’insussistenza del diritto al risarcimento del danno a

..

causa della legittimità dell’occupazione, non dovesse operare la conversione dell’azione di risarcimento del danno
in azione per la determinazione dell’indennità di espro-

essendo nelle more della decisione intervenuto il decreto
d’espropriazione, potendosi ritenere nell’azione di risarcimento compresa l’azione per la determinazione
dell’indennità di espropriazione.
7.1. Il motivo è fondato. Questa corte, infatti, ha

ripetutamente affermato il principio che nel caso di sopravvenienza nel corso del giudizio del

(id est: di un ri-

tuale e tempestivo) decreto di espropriazione, la domanda
risarcitoria del danno da occupazione illegittima (c/o
privativa) si converte automaticamente in quella di opposizione alla stima (Cass. 25 marzo 2003 n. 4358, in motivazione; cfr. nn. 5856, 5875, 6761/1981; 4789/1994:
1061/01; conf. 16 settembre 2011 n. 18975).
La Corte territoriale, pur essendo il decreto ablatorio intervenuto nel corso del giudizio di primo grado, s’è
limitata a dichiarare l’incompetenza del tribunale a provvedere sull’indennità di occupazione legittima, omettendo
di decidere nel merito, quale giudice di unico grado, sulla liquidazione delle indennità richieste, implicitamente
supponendo che la conversione non potesse operare, per a9

priazione, in quanto giudice competente per tale azione,

vere la parte stessa contestato i presupposti delle indennità, con la denuncia di illegittimità della procedura e
.4 quindi d’inefficacia del decreto in parola. In senso contrario, deve ritenersi che l’automatismo della conversione
(sostanzialmente applicativo della garanzia costituzionale

ficio ad opera della P.A. senza un ristoro per il titolare) coerentemente prescinde anche dalla necessità di un’espressa domanda (subordinata) di liquidazione della indennità, non formulata inizialmente per la prospettata illiceità dell’occupazione e della trasformazione del fondo,
non seguite da tempestiva espropriazione. Ribaltata (solo)
in appello la ricostruzione della fattispecie, con il riconoscimento della tempestività, invece, del decreto e.
spropriativo (in accoglimento delle ragioni del gravame
del comune) – il così mutato titolo, ablatorio e non più
“ex illicito”, della perdita del dominio da parte dell’attrice comportava, appunto, l’automatica conversione, nei
sensi indicati, della sua iniziale domanda risarcitoria in
domanda del giusto indennizzo espropriativo.
8.

Alla liquidazione delle indennità di occupazione e

di espropriazione, cui a torto s’è sottratta la Corte di
merito, dovrà, quindi, provvedere il giudice del rinvio,
che deciderà anche sul regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

10

Il co rel. est.
dr. AMo Leccherini

del diritto della proprietà, che non ne tollera il sacri-

P. q. m.

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il terzo; accoglie il quarto
motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legit-

zione.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della
prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il
giorno 12 dicembre 2013.

timità, alla corte d’appello di Catania, in altra composi-

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