Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3389 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 12/02/2020), n.3389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 22625/2012, proposto da:

Euroedilizia s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t. e

M.P., rappresentati e difesi dall’avv. Giuseppe Tinelli e dall’avv.

Maurizio De Lorenzi, elett.te domiciliati in Roma, Via delle Quattro

Fontane n. 15 presso lo studio dell’avv.to Tinelli.

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 18/01/2012 della Commissione tributaria

regionale dell’Umbria, depositata il 28/02/2012 e non notificata.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2019 dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella Rosita;

udito, per i ricorrenti l’Avvocato Maurizio de Lorenzo che ha

concluso riportandosi al ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.

De Matteis Stanislao, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di verifica fiscale, conclusasi con p.v.c. del 25 maggio 2008, riguardante la congruità dei ricavi derivanti dalla vendita di appartamenti, l’Agenzia delle entrate emetteva, per l’anno 2004, nei confronti della società Euroedilizia s.r.l. esercente attività di costruzioni e di lavori edili ed ai due soci M.P. e Luigina Dolce, avviso di accertamento, con il quale veniva accertato un maggior reddito di impresa di Euro 295.455,00, reddito che, avendo la società optato per la trasparenza, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (t.u.i.r.), art. 116, era attribuito ai due soci ai fini Irpef. Con lo stesso avviso di accertamento era determinato un maggior valore della produzione di pari importo ai fini Irap, nonchè maggiore imponibile ai fini Iva.

Le società ed i due soci impugnavano l’avviso con distinti ricorsi; la Commissione tributaria provinciale respingeva i ricorsi riuniti. Avverso tale pronuncia, i contribuenti proponevano appello chiedendo la riforma delle sentenze di giudici di prime cure e la declaratoria d’illegittimità dell’accertamento dell’Ufficio.

La Commissione tributaria regionale dell’Umbria respingeva l’appello, confermando la legittimità dell’accertamento. Dava atto, altresì, dell’avvenuto stralcio dell’appello proposto da uno dei due soci, D.L., essendosi la stessa avvalsa del condono D.L. 6 luglio 2011, n. 98, ex art. 39.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società ed il socio M.P., affidandosi ad undici motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono il vizio di radicale nullità della sentenza e del procedimento per non aver la Commissione tributaria regionale sospeso l’intero giudizio a seguito della presentazione dell’istanza da parte della socia D.L., per la definizione della lite fiscale D.L. 6 luglio 2011, n. 98, ex art. 39, comma 12, lett. d).

2. Il motivo non è fondato.

3. Benchè i giudizi della società e dei soci avverso i vari avvisi di accertamento erano stati formalmente riuniti già in primo grado, tanto che l’appello dei soci e della società è stato presentato avverso l’unica sentenza della CTP, la causa di sospensione riguardante uno dei ricorrenti dei giudizi riuniti non poteva avere effetto sospensivo degli altri ricorsi, attesa l’autonomia delle singole domande e delle decisioni riguardanti i giudizi riuniti (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Ordinanza n. 25083 del 08/10/2019, Rv. 65540701, secondo cui, nel contenzioso tributario, la riunione formale di più cause connesse, lasciando immutata la posizione delle parti in ciascuna di esse senza che le statuizioni riferite ad un processo si ripercuotano sull’altro, non altera l’autonomia delle relative domande e, quindi, delle relative decisioni, sicchè ciascuna di esse è soggetta al rispettivo regime riguardo alle forme ed ai termini di impugnazione. Detto principio di autonomia dei giudizi è suscettibile di temperamento solo al fine di evitare un inutile aggravio degli oneri processuali e purchè non ne risulti vulnerato il diritto di difesa). Del tutto correttamente, dunque, la CTR ha deciso i ricorsi riuniti proposti dalla società Euroedilizia e dal socio, M.P., stralciando (v. pag. 3, secondo capoverso, della sentenza) l’appello proposto dalla socia D.L..

4. Con i restanti dieci motivi, i ricorrenti censurano la sentenza gravata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 4.

4.1. Nonostante la ripetitività delle censure ne consentirebbe l’esame congiunto, per completezza espositiva nonchè al fine di evidenziarne l’infondatezza delle varie articolazioni, esse vengono esaminate singolarmente.

5. Va premesso che l’iter argomentativo dei giudici di secondo grado è fondato su risultanze documentali nonchè su una serie di elementi indiziari riscontrati in elementi documentali (v. sentenza par. 5: “l’avviso di accertamento si fonda su di una prova documentale (i compromessi di vendita) con cui convergono gli altri indizi, dotati dei necessari requisiti di gravità, precisione concordanza”). In particolare, quanto alle dichiarazioni degli acquirenti circa i pagamenti effettuati “in nero” al fine di aggirare il prezzo imposnibile (assegni bancari d’importo non superiore Euro 10.000, intestati “a me medesimo” e poi girati), la sentenza non manca di evidenziare che tali dichiarazioni, pur avendo valore meramente indiziario, sono riscontrate da una serie di documenti tra i quali, in primo luogo, le copie dei contratti preliminari di vendita stipulati dai dichiaranti, alcune controscritture riportanti l’effettivo prezzo di vendita e i contratti di mutuo bancario stipulati dagli acquirenti per importi superiori al prezzo indicato nel rogito notarile. Su tutti tali elementi probatori, la Commissione regionale evidenzia le incongruenze della tesi difensiva dei contribuenti, sia in relazione all’esistenza dei preliminari e delle controscritture (v. sentenza al par. 2: “sono state acquisite le copie dei preliminari di vendita stipulati dagli stessi dichiaranti con il M.P….. scritture sottoscritte in cui viene dichiarato l’effettivo prezzo convenuto tra le parti che corrisponde a quello dichiarato ai verbalizzanti non a quello del rogito notarile… con riferimento a detti documenti che hanno valore di piena prova il contribuente nulla deduce nè contesta”), sia per le erogazionì del mutuo (v. sentenza, par. 3: “l’appellante deduce delle banche sarebbero solite finanziare importi superiori…. l’argomentazione non può essere condivisa atteso che…gli istituti bancari provvedono…a finanziare circa la metà del valore dell’immobile”), sia in relazione alle somme in nero (v. sentenza, par. 4.:”Pappellante osserva come in molti casi detti assegni sono stati pagati successivamente alla stipula dell’atto notarile e che ciò renderebbe inattendibili le dichiarazioni degli acquirenti… la deduzione è priva di pregio in ogni caso il pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle dichiarate è stato provato e, comunque, è probabile che al M. siano stati consegnati al momento del rogito assegni post-datati”), nonchè in relazione all’irrilevanza della perizia di parte (v. par. 5: “… tale documento provenendo dalla stessa parte che intende avvalersene non costituisce una prova in grado di contrastare quanto dimostrato dall’agenzia delle entrate”).

6. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i ricorrenti si dolgono della mancata motivazione sulle difese degli appellanti in merito alla legittimità dell’utilizzo delle dichiarazioni degli acquirenti degli immobili oggetto di contestazione, quali prove nel processo tributario del presunto occultamento di materia imponibile da parte della società Euroedilizia s.r.l. e quindi dei suoi soci (v. ricorso pagg. 25 e ss.). Secondo l’assunto dei ricorrenti sin dal ricorso introduttivo era stata rilevata la contraddittorietà e l’inattendibilità di tali dichiarazioni in mancanza di riscontri documentali effettivi, ma che, il giudice di secondo grado, non avrebbe esaminato tali decisive contestazioni incorrendo nel vizio di motivazione.

6.1. L’inammissibilità del motivo è data dalla surrettizia richiesta di rivalutazione di elementi di fatto oggetto del giudizio di merito, non consentita in questa sede (cfr. Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017, Rv. 643690 – 01).

6.2. In ogni caso, benchè nel processo tributario non è ammessa la prova testimoniale, si evidenzia che la censura qui proposta si infrange con i principi affermati da questa Corte in tema di valutazione delle dichiarazioni testimoniali secondo cui se è vero che qualora le deposizioni testimoniali, ancorchè ritualmente portate all’esame del giudice di legittimità, affermino o neghino obiettivamente fatti costitutivi dei diritti controversi e non siano state esaminate dal giudice di merito, è configurabile il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ratione temporis applicabile alla fattispecie sub iudice), è pur vero che qualora, come nella specie, comportino comunque valutazioni ed apprezzamenti di fatto, ivi compresa la maggiore o minore attendibilità dei testi, suffragata da non illogici argomenti, ovvero presunzioni ex art. 2727 c.c., il motivo è inammissibile, soprattutto laddove si pretenda – come pretendono i ricorrenti – una valutazione atomistica delle singole deposizioni e non già il necessario esame complessivo delle stesse, non essendo consentito alla Suprema Corte di procedere ad un nuovo esame di merito attraverso una autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa (cfr., Sez. L, Sentenza n. 15205 del 03/07/2014, Rv. 631686-01).

7. Col terzo motivo, proposto anch’esso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i ricorrenti deducono il vizio della motivazione per aver la Commissione tributaria regionale tratto dai contratti preliminari la conferma del maggior prezzo pagato dagli acquirenti rispetto a quello indicato nei contratti definitivi, e ciò nonostante i contribuenti avessero sollevato specifiche contestazioni circa l’irrilevanza indiziaria di tali scritture, contestazioni che, peraltro, i giudici di secondo grado hanno negato essere state proposte.

7.1. Anche tal motivo è inammissibile in quanto involve la valutazione di elementi di fatto, insindacabili in questa sede. In ogni caso va evidenziato che la CTR ha preso in considerazione il prezzo maggiore indicato nei contratti preliminari quale uno degli elementi indiziari che, valutati insieme agli altri elementi indiziari (maggior prezzo risultante anche dalle dichiarazioni rese ai verbalizzanti e dai contratti di mutuo), hanno determinato la qualificazione degli indizi come gravi, precisi e concordanti (v. sentenza, par. 5: “in conclusione l’avviso di accertamento si fonda su di una prova documentale (compromesso di vendita) con cui convergono gli altri indizi dotati dei necessari requisiti di gravità, precisione concordanza”). Peraltro non pare revocabile in dubbio il principio univocamente affermato da questa Corte secondo cui “spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo” (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 8023 del 02/04/2009, Rv. 607382-01; Sez. 6-5, Ordinanza n. 101 del 08/01/2015, Rv. 634118-01).

8. Il quarto motivo, con il quale i ricorrenti censurano la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver erroneamente assunto la mancata contestazione da parte dei ricorrenti dei contratti preliminari, risulta infondato alla luce delle stesse ragioni poste a base del rigetto del terzo motivo.

9. Anche il quinto motivo, con il quale i ricorrenti deducono, aì sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contraddittorietà della motivazione della Commissione regionale (che avrebbe prima negato l’esistenza di contestazioni, da parte degli appellanti, sui preliminari, poi, affermato che “le contrarie argomentazioni dell’appellante non sono idonee a superare tale cospicuo impianto probatorio”) è infondato. Tale censura, che ripete le precedenti doglianze, è inammissibile per i motivi anzidetti. Si osserva, altresì, che la complessiva lettura della sentenza esclude qualsiasi contraddittorietà avendo la CTR ritenuto fondato l’accertamento dell’Ufficio sulla base di una valutazione indiziaria di tutti gli elementi scaturenti dalla verifica ed oggetto della contestazione dei contribuenti, valutazione che, nel suo insieme, è immune da vizi logici. Dalla motivazione della sentenza appare evidente come l’elemento fondamentale addotto a giustificazione della piena legittimità dell’accertamento dell’Ufficio sia relativo alla rilevata discordanza tra il valore del bene da trasferire indicato nel preliminare e quello inferiore del prezzo di vendita indicato in ciascuno degli atti definitivi di vendita, sicchè, confermatane, con il rigetto dei precedenti motivi, la piena utilizzabilità a fini di prova è chiaro che anche il dedotto omesso esame delle ulteriori circostanze fattuali, è privo del carattere della decisività ai fini della determinazione del diverso esito del giudizio nel senso invocato dalle parti ricorrenti (cfr., Sez. 5, Sentenza n. 7240 del 14/03/2019, Rv. 653045-01, paragrafo 17).

10. Il sesto motivo, proposto anch’esso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è parimenti infondato in quanto mirante a sminuire il valore indiziario dei contratti preliminari (rispetto alla dichiarazioni rese dagli acquirenti ai verbalizzanti) introducendo, nuovamente, inammissibili valutazioni di merito.

11. Per le stesse ragioni, anche il settimo e l’ottavo motivo, pur essi denuncianti il vizio motivazionale, vanno respinti avendo la Commissione tributaria regionale tratto, in via presuntiva, dai pagamenti in nero mera conferma del maggior prezzo pagato dagli acquirenti rispetto a quello indicato nei contratti definitivi, consolidando, con tale ulteriore indizio il quadro i probatorio emergente dall’accertamento.

12. Deve, pertanto, essere disatteso anche il nono motivo con il quale si censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omesso esame del fatto decisivo costituito dalla mancata prova di tutti i pagamenti “in nero”. In realtà, con tale motivo i ricorrenti riproducono le stesse censure di cui sopra, seppur sotto il diverso e più grave profilo della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato dimenticando che i giudici di secondo grado hanno valutato complessivamente il quadro indiziario per ritenere raggiunta la prova dei maggiori ricavi.

13. Va respinto anche il decimo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la Commissione regionale motivato correttamente e congruamente sulle risultanze della perizia di parte superate dal quadro probatorio offerto dall’Amministrazione.

14. L’undicesimo motivo investe nel suo complesso la valutazione operata dalla Commissione tributaria regionale degli elementi di prova sottoposti al suo giudizio; con esso si deduce il vizio motivazionale. Anche con tale doglianza, il ricorrente tenta una valutazione alternativa del materiale probatorio, in contrasto coi principi di diritto innanzi richiamati, secondo ii quali spetta al giudice del merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità.

15. Il ricorso va dunque integralmente rigettato.

16. Le spese seguono la soccombenza dei ricorrenti e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi Euro 7.300,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 dicembre 2018.

Depositato in cancelleria il 12 febbraio 2020

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