Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3389 del 12/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3389 Anno 2018
Presidente: DOGLIOTTI MASSIMO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

ORDINANZA
SUI ricorso 16998-2016 proposto da:
LUTCARINI GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROM :\

,

VIA

PAOLO EMILIO n.7, presso lo studio degli avvocati FRANCESCO
;\IADEO e MARIO LUCI ANO

CREA, rappresentato e difeso

dall’avvocato (1 USI :,1 3 13 1, PI RI C •\

– ricorrente contro
CONSORZIO “1 ,1;,Vili i DI

in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROM \T\ D. CI-Il TINI n.5, presso lo
studio dell’avvocato FABIO VI RONI, rappresentato e difeso
dall’avvocato ALDO ROSSI :11’1;

e011tfOriCOrrente

Data pubblicazione: 12/02/2018

tyverso la sentenza n. 378/2016 della CORTE D’APPELLO di
RONIA depositata il 20/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 24/10/2017 dal Consigliere Dott. ROSA NIARIA DI

VIRGILIO.

Ric. 2016 n. 16998 sez. M1 – ud. 24-10-2017
-2-

R.G.n. 16988/2016
Ordinanza
Rilevato che:
Con sentenza depositata il 20/1/2016, la Corte d’appello di Roma ha respinto
l’appello di Lucarini Giovanni avverso la sentenza del Tribunale che, revocato il
decreto ingiuntivo emesso a favore del Consorzio Le Ville di Nemi per la somma
di euro 4668,98, per quote consortili relative al consuntivo 2002 ed al

la somma di euro 1781,48, oltre interessi, compensando le spese di lite.
La Corte del merito ha respinto l’appello, ritenendo che i consorzi di
urbanizzazione sono figure atipiche, che il singolo associato, onde beneficiare
dei vantaggi offertigli, assume una serie di obblighi qualificabili come
obbligazioni propter rem; che nel caso in cui si verteva della possibilità del
recesso prospettato quale ipotesi di cd.abbandono liberatorio, andavano
legittimamente applicate al consorzio le norme dettate in tema di condominio,
in ispecie l’art.1118 cod.civ., per cui, in difetto di diversa disciplina dell’atto
costitutivo o dello statuto, il consorziato non può, rinunciando ai beni in
comune, sottrarsi alle spese per la conservazione degli stessi, se non per
effetto di trasmissione a terzi del diritto di proprietà immobiliare.
Ricorre il Lucarini, sulla base di due motivi.
Si difende con controricorso il Consorzio.
Il ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ.
Il Collegio ha disposto la redazione della pronuncia nella forma della
motivazione semplificata.
Considerato che:
Col primo motivo, il ricorrente si duole del vizio di omessa pronuncia da parte
della Corte d’appello sul motivo inteso a far valere la non debenza dei
contributi consortili per non essere la parte servita in alcun modo dai servizi e
dalle strutture del Consorzio.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente postula la proposizione della «domanda», rectius, eccezione. di
non debenza degli oneri consortili richiesti dal Consorzio, per non usufruire il
suo lotto dei servizi forniti dal Consorzio o delle strutture di questo.

preventivo 2003, oltre interessi e spese, aveva condannato il Lucarini a pagare

Ora, come affermato nelle pronunce 6361/2007 e 15367/2014, affinché possa
utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi
dell’art. 112 cod. proc. civ., è necessario, da un lato, che al giudice del merito
siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili,
ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si
sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate
puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto

altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra
erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, “in primis”, la
ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni
prospettatevi; ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del
citato art. 112 cod. proc. civ., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di
“error in procedendo” per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del
“fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur
sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare
direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità,
all’adempimento da parte del ricorrente – per il principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio “per relationem”
agli atti della fase di merito – dell’onere di indicarli compiutamente, non
essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma
ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi.
Ciò posto, si deve rilevare che per quanto risulta dal primo capoverso dei
motivi della decisione della pronuncia impugnata, l’appellante Lucarini aveva
contestato l’applicazione dell’art. 1118 cod.civ., considerata dal Tribunale,

del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica,

sostenendo che si trattava nel caso di comunione di alcuni servizi, non
essenziali per il consorziato-appellante: si trattava pertanto di una difesa del
Lucarini, non idonea ad introdurre in giudizio una questione di fatto(che
sarebbe stata inammissibile ex art. 345 cod.proc.civ.).
Nel ricorso, il ricorrente si limita a sostenere di essersi doluto avanti alla Corte
d’appello del mancato esame della propria «domanda» di essere esentato dal
pagamento degli oneri consortili, non usufruendo il proprio lotto di alcuno dei
servizi del Consorzio, ma la parte non indica in alcun modo quando e come

LI

avesse fatto valere detta specifica doglianza in grado d’appello, da cui
l’inammissibilità del motivo.
Col secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione delle norme ex artt.
1117,1118,1104 cod. civ. e 24 cod. civ.; sostiene di essere al di fuori
dell’ambito di applicabilità della normativa sul condominio, e di avere operato il
recesso dal Consorzio, esercitando, ove occorrente, l’abbandono liberatorio ex
art.1104 cod.civ.; riporta anche gli esiti della CTU disposta nel parallelo giudizio

Il motivo è in parte inammissibile, rifacendosi a dati di fatto che non risultano,
alla stregua della pronuncia impugnata, ribadisce la non debenza di somme
prive di corrispettivostante la mancanza di nesso funzionale, da cui il rilievo di
inammissibilità svolto nel primo motivo, mentre, per quanto risulta dalla
sentenza, la non debenza degli oneri consortili è stata fatta valere dal Lucarini
in considerazione del recesso quale abbandono liberatorio, ed esclusa dal
Giudice del merito, stante l’applicazione dell’art.1118 cod.civ.
Nel resto, va richiamato l’orientamento espresso da questa Corte nella analoga
controversia promossa dal Lucarini contro il Consorzio Le Ville di Nemi sempre
in relazione al pagamento degli oneri consortili, nella pronuncia 20989/2014,
secondo cui in tema di consorzio di urbanizzazione, atteso il nesso funzionale
tra i beni di proprietà comune e i beni di proprietà esclusiva, il recesso del
consorziato diretto alla liberazione dall’obbligo contributivo, in assenza di
specifica previsione statutaria, non è disciplinato dall’art. 1104 cod. civ., che
consente l'”abbandono liberatorio” nella comunione, bensì dall’art. 1118 cod.
civ., che lo vieta nel condoninio.
E la più recente pronuncia V556-8/2017, richiamando le pronuncek7427/2012 e
18939/2016, ha ribadito che i consorzi di urbanizzazione – consistenti in
aggregazioni di persone fisiche o giuridiche, preordinate alla sistemazione o al
miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la
fornitura di opere e servizi – sono figure atipiche, nelle quali i connotati delle
associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realità, sicché
il giudice, nell’individuare la disciplina applicabile, deve avere riguardo, in primo
luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, solo ove questo non disponga,
alla normativa delle associazioni o della comunione; ne consegue che, qualora

sempre tra le stesse parti.

lo statuto preveda la cessazione dell’appartenenza al consorzio per
l’intervenuta alienazione del diritto reale ed il subingresso dell’acquirente nei
diritti e negli obblighi dell’alienante, il nuovo proprietario subentra nel debito
per le quote consortili, che è obbligazione “propter rem”, senza necessità della
dichiarazione di recesso o della delibera di esclusione prescritte dall’art. 24 c.c.
in materia di associazioni.
Né giova al ricorrente il richiamo alla pronuncia 11035/2015, che si è

questa assunte, senza argomentare specificamente; né, infine, è ammissibile il
richiamo a norme statutarie in sede di memoria ex art. 380 bis cod.prolpc.civ.,
che svolge solo funzione illustrativa di quanto già dedotto nel ricorso
Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese seguono la soccombenza.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in euro
3100,00, di cui euro 100,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di
legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 30/5/2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, in data 24 ottobre 2017

sostanzialmente riferita alla pronuncia 5888/2010, aderendo alle conclusioni da

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