Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3388 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.A., in proprio e nella qualita’ di legale

rappresentante dell’omonima ditta, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato IACOBELLI GIANNI

EMILIO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della Societa’ di Cartolarizzazione dei crediti INPS, S.C.C.I.

S.p.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi

dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA, CALIULO LUIGI, MARITATO LELIO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3904/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/06/2007 R.G.N. 1612/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato MARITATO LELIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. R.A., titolare di azienda edile, proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiuntiva n. 3921 del 2000, emessa dall’INPS in data 19 settembre 2000, per l’importo di L. 781.600, relativa ad omissioni contributive, e sanzioni civili, calcolate sul “monte orario” di 40 ore settimanali previsto dalla contrattazione collettiva. Sosteneva l’opponente che l’obbligo della contribuzione era stato ritenuto dall’Istituto, in violazione del D.L. n. 244 del 1995, art. 29 convertito in L. n. 341 del 1995, anche per periodi di concordata sospensione del lavoro in relazione alla crisi economica dell’azienda. L’opposizione veniva respinta dal Tribunale di Benevento e tale decisone veniva confermata dalla Corte d’appello di Napoli con la sentenza qui impugnata. In particolare, la Corte di merito rilevava che l’esclusione della contribuzione era prevista dall’art. 29 cit. per eventi tassativamente indicati, nonche’ per altri eventi individuati dal Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministero del Tesoro, sentite le organizzazioni sindacali piu’ rappresentative, ai quali non poteva essere assimilata la sospensione della prestazione lavorativa, ancorche’ concordata fra le parti per fronteggiare la crisi dell’azienda, e tale previsione si sottraeva ad ogni dubbio di illegittimita’ costituzionale, in relazione agli art. 3, 23 e 53 Cost.; infine, era inammissibile, ai sensi dell’art. 437 c.p.c., la eccezione di inapplicabilita’ delle sanzioni ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 12, trattandosi di questione nuova, che la parte avrebbe potuto proporre nel primo grado di giudizio.

2. La cassazione di questa sentenza viene domandata dal R. con tre motivi di impugnazione, cui l’Istituto resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo si sostiene che l’art. 29 cit. non impone alcun obbligo contributivo in relazione a periodi di sospensione del lavoro, mancando la prestazione lavorativa e la stessa retribuzione.

2. Con il secondo motivo si lamenta che la decisione impugnata non abbia considerato le circostanze che avevano determinato la sospensione dell’attivita’ lavorativa, secondo le specifiche allegazioni dell’opponente.

3. Con il terzo motivo si lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto inammissibile la richiesta di applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116 senza considerare che la nuova disciplina era intervenuta in epoca successiva alla proposizione del giudizio di opposizione.

4. I primi due motivi, da esaminare congiuntamente, non sono fondati.

In tema di contribuzione dovuta dai datori di lavoro esercenti attivita’ edile, il D.L. n. 244 del 1995, art. 29 convertito nella L. n. 341 del 1995, nel determinare la misura dell’obbligo contributivo previdenziale ed assistenziale in riferimento ad una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario normale di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva, prevede l’esclusione dall’obbligo contributivo di una varieta’ di assenze, tra di loro accomunate dal fatto che vengono in considerazione situazioni in cui e’ la legge ad imporre al datore di lavoro di sospendere il rapporto. Ne consegue che, ove la sospensione del rapporto derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti, continua a permanere intatto l’obbligo retribuivo, dovendosi escludere, attesa l’assenza di una identita’ di ratio tra le situazioni considerate, la possibilita’ di una interpretazione estensiva o, comunque, analogica, e cio’ tanto piu’ che la disposizione ha natura eccezionale e regola espressamente la possibilita’ e le modalita’ di un ampliamento dei casi d’esonero da contribuzione, che puo’ essere effettuato esclusivamente mediante decreti interministeriali. La incostituzionalita’ della disciplina sulle esclusioni e’ manifestamente infondata, perche’ le situazioni regolate diversamente non sono uguali, ne’ assimilabili per i motivi che sono stati evidenziati sottolineando la peculiarita’ dell’intento della norma che prevede le esclusioni (cfr. Cass. n. 21700 del 2009; n. 16601 del 2010).

5. Non fondato e’ anche il terzo motivo.

La questione della debenza, o meno, delle sanzioni civili non era stata proposta in primo grado, secondo l’accertamento dei giudici di merito, e dunque non poteva essere proposta per la prima volta in appello, ne’ rilevata ex officio (cfr. Cass. n. 13728 del 2007); il profilo relativo alla applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 12, anch’esso peraltro proponibile in primo grado mediante l’integrazione della domanda ex art. 420 c.p.c., comma 1, rimane comunque irrilevante stante la inapplicabilita’ della norma in relazione a violazioni pregresse (Cass. n. 19334 del 2003; n. 8651 del 2010), essendo ininfluente, sul punto, che invece la Corte di merito abbia ritenuto, d’ufficio, l’applicabilita’ del regime sanzionatorio di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 18.

6. In conclusione il ricorso e’ respinto. Le spese di giudizio si compensano in ragione della difficolta’ delle principali questioni esaminate e del consolidarsi recente della giurisprudenza richiamata.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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