Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3387 del 12/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3387 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2324-2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente contro

EUROPA CARRI s.r.1., in persona del legale rappresentante, Graziano
Salvatore, rappresentata e difesa, per procura a margine del controricorso,
dagli avv.ti Antonino Recca e Giovanna Fondacaro, ed elettivamente
domiciliata presso lo studio legale dell’avv. Sergio Tropea, sito in Roma,
alla via Casetta Mattei, n. 239;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 12/02/2018

avverso la sentenza n. 5262/17/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, SEZIONE STACCATA di
CATANIA, depositata il 18/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

RILEVATO che
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato
ad un motivo, cui replica l’intimata con controricorso, avverso la sentenza
in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Sicilia,
rilevato l’omesso deposito da parte dell’amministrazione finanziaria
appellante della ricevuta postale di spedizione dell’atto di appello,
dichiarava, ai sensi degli artt. 53, comma 2, e 22 d.lgs. n. 546 del 1992,
l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso la sentenza della
Commissione tributaria provinciale di Palermo, Sezione staccata di
Catania, che aveva annullato un avviso di accertamento di maggiori
imposte ai fini IVA, IRPEG ed IRAP con riferimento all’anno di imposta
2003.
2. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod.
proc. civ. (come modificato dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con
modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197) risulta regolarmente
costituito il contraddittorio.
3. Il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione
dell’ordinanza in forma semplificata.
CONSIDERATO che
1. Il motivo di ricorso, incentrato sulla violazione degli artt. 22,
comma 1, e 53 d.lgs. n. 546 del 1992, è fondato e va accolto.
2. Osserva il Collegio che nel caso di specie risulta dagli atti
processuali (cui la Corte ha accesso diretto trattandosi di error in procedendo
2

partecipata del 10/01/2018 dal Consigliere dott. Lucio LUCIOTTI.

— cfr., tra le più recenti, Cass. n. 19410 del 2015, n. 8069 del 2016 e, in
caso analogo a quello qui vagliato, Cass. n. 26799 del 2017 di questa
Sottosezione) che la sentenza della CTP di Catania venne pubblicata in
data 22/02/2011, che l’appello venne notificato in data 10/04/2012 e che
l’appellante provvide al tempestivo deposito (in data 20/04/2012) dell’atto

notifica dell’appello effettuata a mezzo del servizio postale (come attestato
dalla stessa CTR).
3. Ciò precisato in punto di fatto, deve osservarsi, in diritto, che la
statuizione impugnata, laddove la CTR sostiene che il mancato deposito
della ricevuta postale di spedizione dell’appello entro trenta giorni da tale
data costituisce ragione di inammissibilità dell’appello in quanto non
consentirebbe la verifica della tempestività della costituzione in giudizio
dell’appellante, non è conforme ai principi recentemente enunciati dal
Supremo consesso di questa Corte nelle sentenze n. 13452 e n. 13453 del
2017, che ha affermato, con riguardo alla notificazione dell’appello, nel
processo tributario, a mezzo del servizio postale (come nel caso di specie),
che: 1) «il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del
ricorrente o dell’appellante, che si avvalga per la per la notificazione del
servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta
del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal
giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che
la legge considera equipollente alla ricezione)»; 2) «non costituisce motivo
d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, che sia stato notificato
direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il
ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di
trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario,
depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione,
purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia
3

nella segreteria della CTR, corredato dall’avviso di ricevimento della

asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero
con proprio timbro datario, solo in tal caso, essendo l’avviso di
ricevimento idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la
legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non
idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica

fini della tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente
se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta
entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della
sentenza».
3.1. Tale ultima affermazione è espressione della c.d. “prova di
resistenza” evocata dalle Sezioni unite di questa Corte nelle citate
pronunce con riferimento al tema della decorrenza del termine di
costituzione dell’appellante che notifichi a mezzo del servizio postale, in
base alla quale l’inammissibilità non può essere dichiarata «se la data di
ricezione del ricorso, essendo asseverata dall’agente postale addetto al
recapito in giorno anteriore alla scadenza del termine per impugnare l’atto
o appellare la sentenza, dia obiettiva certezza pubblica della tempestiva
consegna del plico all’ufficio postale da parte del notificante per l’inoltro al
destinatario» (Cass. Sez. U., citate; conf. Cass. n. 25237, 25400 e n. 25495
del 2017).
3.2. Circostanza, questa, che oltre a risultare dalla copia dell’avviso di
ricevimento della raccomandata postale contenente l’atto di appello,
riprodotta per autosufficienza nel ricorso qui vagliato, è anche ricavabile
dalla statuizione di merito impugnata, che individua come ragione di
inammissibilità del gravame il mancato deposito della ricevuta di
spedizione della raccomandata postale e non la tardività dell’appello,
notificato, come sopra detto, in data 10/04/2012, ovvero l’ultimo giorno
del termine lungo di impugnazione di cui all’art. 327 cod. proc. civ. (nella
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della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai

versione ante riforma del 2009, trattandosi di giudizio introdotto prima del
4 luglio 2009), con conseguente esito positivo della “prova di resistenza”
di cui si è detto sopra.
4. Ritiene quindi il Collegio che le considerazioni sopra svolte
impongono raccoglimento del motivo di ricorso e, previa cassazione della

composizione, che provvederà a nuovo esame, all’uopo precisandosi che
l’eccezione, proposta dalla controricorrente, di difetto di interesse ad agire
in capo all’Agenzia delle entrate per intervenuta sentenza penale di
assoluzione del legale rappresentante della società contribuente dal reato
di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 — sentenza neppure prodotta agli
atti — è palesemente infondata alla stregua del consolidato insegnamento di
questa Corte secondo cui «In materia di contenzioso tributario, nessuna
automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale
irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati
fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano
l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo
tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall’art. 7, comma 4, del
d.lgs. n. 546 del 1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni
semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di
condanna. Ne consegue che l’imputato assolto in sede penale, anche con
formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non
sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l’atto
impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di
responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio
tributario» (Cass. n. 16262 del 2017; id est Cass. n. 19786 del 2011, n. 8129
del 2012).
5. La Commissione di appello in sede di rinvio provvederà anche a
regolamentare le spese del presente giudizio di legittimità.
5

sentenza impugnata, la causa va rinviata alla competente CTR, in diversa

P.Q.M.
accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria
regionale della Sicilia, in diversa composizione.

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Così deciso in Roma il 10/01/2018

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