Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33864 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, (ud. 11/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PERRICONE Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31030/2018 proposto da:

Y.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour

presso la cancelleria della prima sezione civile della Corte di

cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Righini per

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12 presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in

materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera

circolazione dei cittadini UE, n. 3212/2018 del 24/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/11/2019 dal Cons. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Y.M., originario del Pakistan, della regione del (OMISSIS), ricorre in cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria, avverso il decreto in epigrafe indicato con cui D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis il Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera circolazione dei cittadini UE, ha rigettato il ricorso dal primo proposto avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che respingeva le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

E’ stata depositata tardivamente nota con produzione documentale.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente, cittadino del Pakistan, della zona a nord est di (OMISSIS) – che nelle dichiarazioni rese aveva abbandonato il proprio Paese con l’aiuto del padre e lo zio nel timore di essere ucciso dagli insegnanti di una scuola coranica che egli aveva frequentato in (OMISSIS) dove veniva indottrinato contro la sua volontà alla (OMISSIS) e tanto dopo che i genitori, ai quali aveva dichiarato le effettive finalità della scuola, erano stati picchiati e minacciati dagli insegnanti in caso di mancato rientro a scuola del figlio – fa valere il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il Tribunale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per motivazione apparente su fatti, plurimi, decisivi ai fini della decisione.

La motivazione sarebbe stata tale da non consentire di comprendere le ragioni per le quali la domanda era stata rigettata.

La mancata produzione di documenti in ordine alla situazione familiare e personale dell’istante non sarebbe stata evidenza determinante ai fini del decidere e ove ritenuta tale, il giudice non aveva mai richiesto al richiedente se egli ne fosse stato in possesso.

Il ricorrente era in contatto solo con il fratello.

Sulla frequentazione della scuola coranica, o mandrassa, il richiedente aveva chiarito di essere stato costretto a frequentarla dal padre che non credeva che la stessa fosse in mano a gruppi terroristici. Le incoerenze geografiche presenti nelle versioni rese davanti alla Commissione territoriale e quindi dinanzi al giudice avrebbero avuto una loro giustificazione in ragione della distanza chilometrica delle due città indicate, (OMISSIS), pari a poco più di 40 km., rispettivamente indicate nelle dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione territoriale ed il Tribunale quali località in cui il ricorrente si sarebbe spostato con la sua famiglia ed avrebbe iniziato a frequentare la scuola.

Il motivo è inammissibile perchè, incapace di definire la dedotta mancanza di motivazione – intesa come insieme di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento senza che possa lasciarsi all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture – esso è destinato a risolversi in una lettura alternativa dei fatti non consentita nel giudizio di legittimità (sulla prima parte: vd. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; sulla esistenza di una critica, alle indicate condizioni, sconfinante nel merito: Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’onere di cooperazione istruttoria in cui sarebbero incorsi i giudici di merito (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 4 e 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3). Il Tribunale avrebbe sopravvalutato le diversità del racconto registrate nelle versioni rispettivamente rese in sede amministrativa e davanti ai giudici di merito, dando per contraddittorie circostanze complementari (percosse e minacce subite da uno o entrambi genitori; distanze geografiche tra le città in cui si era trasferito con la famiglia ed aveva frequentato la scuola).

Il giudizio di inattendibilità del racconto sarebbe stato reso in difetto di una completa attività istruttoria.

Il motivo è inammissibile.

In materia di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 21142 del 07/08/2019; Cass. n. 20580 del 31/07/2019).

Il Tribunale del narrato ha escluso la credibilità valorizzando, quanto alle riscontrate diversità, l’evidenza che in un caso entrambi i genitori erano stati picchiati, senza neppure riferire il dichiarante elementi di dettaglio in ordine alle lesioni subite, e nell’altro il solo padre minacciato per poi ancora riferire, richiesto di chiarimenti sulla circostanza, che l’aggressione, avvenuta in casa, avrebbe riguardato la sola madre.

La diversa collocazione geografica in cui il ricorrente si sarebbe trasferito con i suoi genitori mentre i fratelli avrebbero continuato a vivere a (OMISSIS), in (OMISSIS), ora indicata come (OMISSIS) ed ora come (OMISSIS), nell’area delle (OMISSIS), zona caratterizzata da maggiore violenza ed instabilità, nella pure segnalata omessa indicazione del nome della madrassa e del gruppo terroristico di riferimento insieme alla mancata menzione della prima nel corso del racconto reso alla Commissione territoriale, sostengono il giudizio di non credibilità, non censurato in ricorso se non per assertive e contrarie conclusioni.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Il Tribunale non avrebbe riconosciuto la protezione per le ipotesi di cui all’art. 14, lett. a) e b) D.Lgs. cit. a fronte di un racconto che avrebbe presentato talune incoerenze intrinseche.

I giudici di merito, consapevoli della debolezza dell’assunto, avrebbero poi egualmente esaminato le COI (Country of Origin Information) sul Paese di provenienza negando l’esistenza di un conflitto armato interno tale da porre in pericolo serio la vita o l’incolumità fisica della popolazione civile per il fatto solo di soggiornarvi e tanto là dove, invece, le medesime fonti esaminate avrebbero, di contro, sostenuto la situazione dai giudici negata.

Il fatto che il richiedente non avesse posto a fondamento della propria domanda anche il rischio di subire, in caso di rimpatrio, un grave danno per situazioni di violenza generalizzata sarebbe stato irrilevante.

Il motivo è inammissibile perchè non si raccorda con la motivazione impugnata là dove il Tribunale, in corretta applicazione di principio affermato da questa Corte di legittimità, esclude la necessità di valutare le ipotesi di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) nella inattendibilità del racconto reso dal richiedente (tra le altre: Cass. n. 16925 del 27/06/2018).

Solo con motivazione ad abundantiam, che come tale il ricorrente non ha neppure interesse a contrastare non sorreggendo essa la decisione impugnata (Cass. n. 8755 del 10/04/2018; Cass. n. 23635 del 22/11/2010), il Tribunale si trova poi a richiamare le fattispecie di cui all’art. 14 cit., lett. a) e b) per escluderne la configurabilità non avendo la parte allegato, nella descritta situazione di pericolo, di aver richiesto aiuto allo Stato di provenienza senza riceverlo, in tal modo egli denunciando l’incapacità o non volontà del sistema.

Resta poi valutata nell’impugnata motivazione il cd. rischio Paese per la distinta ipotesi di cui alla successiva art. 14 cit., lett. b che viene esclusa nella scrutinata insussistenza, sui territori di rientro del richiedente protezione, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno tale da porre in serio pericolo la vita o l’incolumità fisica della popolazione civile per il solo fatto di soggiornarvi.

La dedotta, in ricorso, mancata denuncia che il giudice di merito avrebbe colto nella impugnazione di una situazione di violenza indiscriminata dovendo quel giudice, secondo principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, ufficiosamente indagare sull’indicata situazione, non coglie la ragione delle affermazioni di legittimità.

L’onere di allegazione della parte resta invero fermo anche rispetto alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) che chiama il giudice del merito ad attivarsi ufficiosamente in punto di collaborazione istruttoria, una volta che resti soddisfatto l’onere di allegazione (Cass. n. 3016 del 31/01/2019; Cass. n. 11312 del 26/04/2019; Cass. n. 13403 del 17/05/2019).

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19; nonostante l’inattendibilità del racconto in ogni caso la provenienza del ricorrente avrebbe dovuto sostenere il riconoscimento della protezione umanitaria considerato anche il suo percorso di inserimento in Italia.

Il motivo è inammissibile perchè reitera censura motivatamente disattesa dal Tribunale anche per richiamo al principio per il quale ai fini della protezione umanitaria vale l’imprescindibilità della situazione di personale vulnerabilità del richiedente (tra le altre: Cass. n. 4455 del 23/02/2018; n. 17072 del 28/06/2018).

Resta fermo, inveo, sul punto il principio per il quale, in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

5. Il ricorso èivia conclusiva inammissibile.

Nulla sulle spese non avendo l’amministrazione intimata articolato difese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA